venerdì 22 Novembre 2024

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Sanremo Giovani, conosciamo meglio Matteo Romano – INTERVISTA

A tu per tu con il giovane cantautore piemontese, protagonista del prossimo Festival di Sanremo 2022

A sei mesi di distanza dalla nostra precedente chiacchierata, ritroviamo con piacere Matteo Romano, in occasione della sua partecipazione a Sanremo Giovani 2021 con il brano “Testa e croce”, che segue il successo dei precedenti “Concedimi” e “Casa di specchi”. In attesa di vederlo calcare il palco dell’Ariston dll’1 al 5 febbraio, lo abbiamo incontrato alla vigilia del suo debutto televisivo.

Ciao Matteo, bentrovato. Partiamo da “Testa e croce“, brano con cui hai partecipato a Sanremo Giovani e che ti ha permesso di strappare un biglietto per il prossimo Festival. Parla di una rottura, del momento in cui ci si rende conto che una relazione è giunta al capolinea. Quali stati d’animo ti hanno ispirato questa riflessione?

«Sicuramente la nostalgia, la malinconia e anche un po’ di rabbia, come si evince da alcune frasi del testo, tipo “se me lo chiedi non vengo più a bere” oppure “non c’è più nessun film da vedere, niente che ci lega insieme. C’è un po’ di sano risentimento nella canzone, l’elemento che aiuta ad arrivare all’amara conclusione che insieme non si funziona più. Se una relazione non va più avanti bisogna accettarlo, senza troppi fronzoli».

Come ti sei trovato a lavorare e scrivere a quattro mani con Federica Abbate?

«Molto bene in realtà, è stato un processo estremamente naturale, lei si è mostrata parecchio disponibile nel comprendere il mio mondo. Quella con Federica è stata la mia prima sessione di scrittura e lei è stata da subito comprensiva, prendendosi a cuore il mio progetto, mi ha preso per mano con gentilezza e mi ha accolto in questo mondo della musica».

A livello musicale, che tipo di lavoro c’è stato in studio insieme al producer Katoo?

«Con Katoo ho avuto modo di lavorare anche per diversi altri brani che non sono ancora usciti e che ascolterete. Devo dire che è un grandissimo professionista, sono veramente felice che abbia prodotto lui “Testa e croce” perchè penso che abbia portato quella freschezza in più, quella leggerezza racchiusa in un brano del genere».

Testa o croce” racchiude al suo interno anche un senso di rivoluzione, cosa aggiunge al tuo percorso questo pezzo?

«Beh, sicuramente mostra un lato nuovo di me, rispetto a “Concedimi” e “Casa di specchi”. Considero questo nuovo brano una sorta di evoluzione rispetto al Matteo Romano di un anno fa, per quanto il filone sia sempre quello e per quanto io cerchi di mantenere sempre una mia linea melodica e di scrittura, penso che si possa notare la crescita avvenuta in questi ultimi dodici mesi. In questo pezzo c’è una produzione decisamente più ricca e più corale, che secondo me è anche più giusta in un contesto del genere».

Per concludere, in attesa di rivederti sul palco dell’Ariston a febbraio, come descriveresti il tuo rapporto con il Festival di Sanremo? Quali ricordi e quali canzoni ti legano a questa manifestazione?

«Guardo Sanremo da quando sono piccolo, di conseguenza mi ricorda la mia infanzia e la mia famiglia. Il Festival è un po’ un’istituzione, lo intendo come un punto cardine dell’essere italiano. Essendo abbastanza giovane, dei brani che più mi ricordo ho impresso “L’essenziale” di Marco Mengoni, un pezzo che cantavo sempre al karaoke quando ho iniziato muovere i miei primi passi nella musica. Poi, mi ricordo anche Emma con “Non è l’inferno”, fino ad arrivare all’anno scorso con i Maneskin, quella del 2021 è stata una super edizione. Insomma, non vedo l’ora che arrivi febbraio!».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.