domenica 24 Novembre 2024

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Sanremo Giovani, conosciamo meglio Thomas – INTERVISTA

A tu per tu con il giovane artista vicentino, in gara a Sanremo Giovani 2019 con il brano “Ne 80”

Carica, entusiasmo ed energia, così potremmo definire lo spirito con cui Thomas Bocchimpani sta vivendo questa nuova avventura di Sanremo Giovani, spin-off del Festival della canzone italiana che darà la possibilità a cinque giovani artisti di calcare il palco dell’Ariston nel corso della settantesima edizione, in programma dal 4 all’8 febbraio. Si intitola “Ne 80” il brano in concorso, scritto assieme a Danti e prodotto da Federico Nardelli e Giordano Colombo. In attesa della finalissima in programma in prima serata su Rai Uno il 19 dicembre, abbiamo incontrato per voi il giovane cantautore.

Ciao Thomas, bentrovato. Partiamo da “Ne 80”, brano con cui partecipi alla finalissima di Sanremo Giovani 2019, cosa racconta?

«“Ne 80” è un pezzo che ho scritto insieme a Danti, l’esigenza era quella di raccontare il mio punto di vista su diversi aspetti della nostra vita e della nostra quotidianità, in maniera molto ironica e funkeggiante, con richiami al sound e al mondo degli anni ’80, l’epoca musicale che prediligo e che più mi ha ispirato nel percorso di crescita artistica. Parlo dell’imperialismo mediatico, di come influenzi la nostra percezione della realtà e anche dei rapporti con le altre persone, racconto questo ma anche altre dinamiche legate alle odierne relazioni tra gli essere umani».

Un modo per distaccarsi dalla frenesia social che caratterizza l’attuale epoca e avvicinarsi ad uno spirito diciamo d’altri tempi. Secondo te, cosa manca oggi degli anni ’80?

«In realtà gli anni ’80 li richiamo più per un discorso legato al sound, perché la musica che viene realizzata e prodotta oggi è sicuramente stata influenzata  da quel periodo così rivoluzionario. La cosa che a me personalmente manca degli anni ’80 è il non averli vissuti (sorride, ndr), essendo nato qualche anno dopo non ho potuto vivere sulla mia pelle questo momento così incredibile per l’evoluzione musicale, perché c’è stato un vero e proprio cambiamento epocale. Da Michael Jackson a Stevie Wonder, passando per i Queen e Prince, sono tanti gli artisti che adoro e che hanno vissuto il loro massimo splendore creativo proprio in quegli anni. La cosa positiva è che continuano ad influenzare le produzioni di tanti giovani, comprese quelle del sottoscritto».

Cosa ti affascina così tanto del funk? Di questo stile di vita prima ancora che un genere musicale…

«Diciamo che mi affascina la black music in generale, più che altro è il genere musicale che più si avvicina al mio modo di esprimermi artisticamente, anche se tendo sempre ad ascoltare di tutto, mi piace la new wave, l’hard rock, la musica leggera italiana, sono cresciuto ascoltando i Pooh. Insomma, mi piace spaziare a livello di ascolti, mentre il funky, l’R’n’B e il soul sono gli stili musicali che rendono meglio la mia espressione artistica, mi sento a mio agio giocando con il groove e le parole, è probabilmente la forma che meglio mi rispecchia».

Un brano che si impreziosisce della scrittura di Danti e della produzione di Federico Nardelli e Giordano Colombo. Cosa hanno aggiunto a questo pezzo?

«In sintesi hanno contribuito a rendere questo pezzo veramente figo (ride, ndr). Essendo una persona molto introspettiva, il contribuito di Danti è stato fondamentale perché ha donato quel tocco di “cazzimma” che mi serviva, per certi versi mi ha sbloccato, ha dato voce al mio punto di vista, perché parliamo di tematiche importanti soprattutto se dette da un ragazzo giovane, la cosa bella era cercare di non prendermi troppo sul serio, dire quelle determinate cose in maniera anche ironica. Non volevamo lanciare un messaggio “pesante”, l’obiettivo è che la gente si diverta ascoltando le mie canzoni, magari riflettendo su quello che dico, ma credo che la musica debba portarti fuori dalla realtà, grazie anche al contributo di Federico Nardelli e Giordano Colombo questo è stato possibile».

C’è una frase che meglio rappresenta questa vostra canzone?

«Beh, ce ne sono parecchie in realtà, le mie due preferite sono: “è che io non so restarmene zitto” perché è vero (ride, ndr) la musica mi permette di raccontarmi e di lasciarmi andare completamente; poi l’altra frase è: “ma era solo un sogno, no” che penso si spieghi da sola, perché descrive tutto quello che sto vivendo, il fatto di avere la possibilità di fare quello che mi piace nella vita, per me è sempre stata la mia unica ambizione, la musica è il fulcro di tutto, per cui sto vivendo letteralmente un sogno».

Facciamo un salto indietro nel tempo, quando hai capito che tu e la musica eravate fatti l’uno per l’altra?

«Penso sia stato il tempo in realtà, non credo ci sia stato un momento preciso. Ho iniziato da bambino prestissimo, avevo sette anni, per un’esigenza mia, avevo le idee ben chiare sin da piccolissimo, volevo cantare e ballare. L’ho sempre vissuta come una pura e incosciente passione, col tempo ho cercato di mantenere questa incoscienza che secondo me è l’aspetto essenziale. Diciamo che è stato qualcosa che ho metabolizzato crescendo, piano piano mi sono reso conto di non poter prescindere dalla musica».

Prossimi progetti in cantiere? Cosa dobbiamo aspettarci per il 2020?

«Sto lavorando ad un nuovo progetto, sono veramente molto felice del risultato, ormai è quasi arrivato, ci siamo e non vedo l’ora di proporlo al mio pubblico. Nel 2020 ci sarà sicuramente tanta musica, tanto show e tante cose belle».

Come stai vivendo queste ultime ore di attesa per la finalissima di Sanremo Giovani?

«In modo abbastanza tranquillo. Siamo all’ultimo step, sono felice di come mi sono approcciato a questa bellissima e unica esperienza, anche grazie al supporto del mio pubblico che mi è sempre stato molto vicino. Sai, mi sono preso un anno sabbatico di riflessione e di ricerca musicale, mi sono presentato poco attraverso i social, nonostante questo i miei fan sono rimasti costantemente in attesa dei miei nuovi progetti, mi hanno sempre manifestato affetto e amore. Sono onorato di tutto questo sostegno, per me è importantissimo proprio perché è dettato dalla musica, in assoluto la soddisfazione più grande».

Al di là della vittoria e della conseguente possibilità di calcare il palco dell’Ariston, quale sarebbe il riconoscimento più importante che potresti trarre da questa esperienza?

«Innanzitutto esserci. Sono felice di questa esperienza, orgoglioso del brano che ho presentato perché è stato apprezzato sia dal pubblico che dalla giuria selezionatrice. Comunque vada io sono super positivo, nel senso che sono consapevole di aver fatto qualcosa di bello, ho in testa tanta nuova musica, progetti, idee e non vedo l’ora di poterli condividere con le persone che mi seguono. Darò sicuramente il massimo, ma ci tengo ad augurare buona fortuna anche agli altri miei compagni di avventura, che la musica possa vincere… sempre!».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.