Sanremo, Rai e Comune: la questione del triangolo che nessuno aveva considerato

Sanremo Rai

I più ottimisti (come noi) continuano a chiamarlo Festival di Sanremo, quelli più scettici preferiscono Festival di chissà dove sarà. La verità è che nulla di ufficiale trapela dagli incontri tra il Comune e la Rai di queste ultime settimane. Quale destino ci attende?

C’era una vecchia canzone di Claudio Villa, presentata al Festival nel 1982, che si intitolava “Facciamo la pace” e diceva: “Di chi è stata la colpa che importa, l’amore non perde e non vince mai”. Ecco, la storica unione tra la Rai e il Comune di Sanremo, dopo 75 anni, sembra arrivata al capolinea. Non un addio urlato, ma uno strappo silenzioso che rischia di trasformarsi in una lunga convivenza forzata. Come una coppia separata che condivide ancora lo stesso tetto “per i figli”.  In questa storia, per fortuna, non ci sono in mezzo bambini, ma degli interessi economici giganteschi sì.

Per cui, è possibile che a breve termine si trovi una soluzione, ma l’amore tra Sanremo e la Rai, duole dirlo, sembra essere finito. Non saprei come spiegarla diversamente. Perché per 75 anni il tutto si è sorretto su degli equilibri delicatissimi che nessuno è mai andato a toccare. Questa unione non era stata mai messa in discussione. Ma è come se uno dei due coniugi si fosse svegliato una mattina dicendo: “Sai che c’è? Voglio guardarmi intorno, vedere cosa c’è in giro”. Al di là di un giudizio morale, sarebbe lecito e anche in questo caso, tecnicamente il Comune può farlo. E lo ha fatto. Il TAR gli e lo ha imposto e il Consiglio di Stato lo ha confermato: il marchio “Festival di Sanremo” e il marchio “Festival della canzone italiana” sono di proprietà pubblica, ragion per cui devono essere assegnati con una gara pubblica. Per fare un esempio banale, un po’ come accade o dovrebbe accadere, per la concessione delle spiagge.  

Una decisione formalmente ineccepibile, ma che ha fatto saltare un equilibrio invisibile ma consolidato da decenni, basato sulla fiducia, sulle strette di mano e sulla consuetudine. La Rai, che ha organizzato 74 edizioni su 75 (tranne quella del 1975, gestita dal Comune e passata alla storia per essere stata la meno seguita), e ha investito tanto nel Festival, a volte guadagnandoci, a volte coprendo appena i costi.

Il Comune di Sanremo, da parte sua, ha lanciato il bando, ma nessun altro si è presentato. Se l’accordo con la l’azienda di Viale Mazzini dovesse saltare, quindi si troverebbe in mano un marchio prestigioso, ma senza un partner che possa organizzarlo. In tal caso, si potrebbe ricorrere in extremis a un nuovo bando.

Il destino di Sanremo e il nodo delle Nuove Proposte

Su tutta questa faccenda, bisognerebbe ragionare parallelamente in due modi: nel breve e nel lungo termine. Nel breve c’è un’edizione, la 76esima, che chiuderebbe un cerchio, quello di Carlo Conti, che è già al lavoro sugli ascolti delle canzoni e pare abbia già scritto il regolamento per i giovani, che sarebbe fermo da settimane. Il punto più urgente, infatti, riguarda la categoria Nuove Proposte. La questione si è impantanata anche per l’incertezza su Area Sanremo, che dovrebbe garantire un certo numero di artisti selezionati alla gara. Ma senza un accordo chiaro, tutto è fermo.

La Rai avrebbe posto un ultimatum: se entro questa settimana non si raggiunge un’intesa, si andrà avanti comunque, ma con soluzioni alternative. Il tempo stringe: i ragazzi devono sapere come, quando e dove iscriversi, e la finalissima di Sanremo Giovani (o Festival Giovani che dir si voglia) è prevista per il mese dicembre. Per quanto riguarda l’età dei partecipanti, probabilmente si andrà sulla conferma dell’età minima di 16 e della massima di 27 anni, come avvenuto lo scorso, ma tutto questo deve essere verbalizzato da un regolamento. Siamo in attesa, ma siamo agli sgoccioli. 

Rai e Comune, incontri privati e trattative in stallo

Negli ultimi giorni si sono susseguiti incontri a porte chiuse, tra cui uno recente a Roma tra il sindaco Alessandro Mager e alcuni rappresentanti Rai. Ma tutto è avvolto nel silenzio. Alcune fonti parlano di strappo insanabile, altre riporterebbero le parti più serene. Quindi, non si capisce una mazza. E sebbene il “coltello dalla parte del manico” sembri oggi in mano alla Rai, la trattativa è ancora in corso.

Nel frattempo, la città di Sanremo trattiene il fiato. Il Festival non è solo spettacolo, è anche economia, turismo, prestigio internazionale. D’estate c’è il mare, d’inverno c’è la musica. Ma perdere la kermesse sarebbe un duro colpo per l’intero indotto.

Va detto che, leggendo alcune richieste contenute nel bando, emerge una visione un po’ provinciale. L’emittente che dovrebbe trasmettere il Festival, ad esempio, sarebbe obbligata a mandare in onda anche la parata di Sanremo in Fiore, una manifestazione sicuramente cara alla città, ma poco appetibile per il palinsesto nazionale.

La televisione pubblica già copre eventi storici come il Palio di Siena, ma lo fa perché c’è una richiesta e non certo per obbligo. Per non parlare del Premio Tenco, che si svolge sempre all’Ariston, ma viene trasmesso in differita e in tarda serata.

E poi, naturalmente, in mezzo ci sono i soldi. E pure tanti. Il bando del Comune punta a una percentuale sulla raccolta pubblicitaria, punto che ha fatto storcere il naso a più di un dirigente Rai.

Il futuro di Sanremo? Incerto, ma non ancora scritto

Tutto è esploso poche settimane dopo l’ultima edizione targata Carlo Conti, quando Comune e Rai si erano scambiati complimenti e strette di mano per gli ottimi risultati raggiunti. Poi, improvvisamente, è cambiato tutto. Gli equilibri sono saltati, e rimetterli in piedi non sarà un gioco da ragazzi.

Eppure, nessuno sa organizzare Sanremo come la Rai, e questo va riconosciuto. Non a caso ogni anno vengono inviati delegati di emittenti straniere (dalla britannica BBC alla spagnola TVE) per studiare il modello italiano. L’auspicio è che, almeno nel breve termine, si trovi un’intesa. Magari entro questa settimana. Nel lungo periodo, invece, è probabile che anche la Rai cominci a guardarsi intorno, proprio come ha fatto il Comune.

Alla fine, come dicevamo all’inizio, pare davvero una storia d’amore al capolinea, dove ormai l’affetto lascia spazio alla convenienza. E quando si rompe una fiducia durata 75 anni, basata su equilibri delicatissimi, diventa difficile ricucire davvero uno strappo. Ma una tregua, almeno per salvare l’edizione 2026, appare possibile oltre che probabile. E auspicabile. Per tutti. Del resto, come in ogni triangolo che si rispetti, serve la presenza di un terzo in comodo. Che per il momento non esiste.

Scritto da Nico Donvito
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