Tempo di nuova musica per il duo toscano che ha rilasciato un nuovo album, disponibile in tutti gli store a partire dallo scorso venerdì 27 aprile
Riappropriarci di ogni momento della nostra vita e tornare a riassaporare tutti gli attimi che abbiamo a nostra disposizione, questo il messaggio lanciato dai Secondamarea nel loro ultimo progetto discografico intitolato “Slow”. Il tempo inteso come preziosa moneta di scambio che, forse, non abbiamo ancora imparato ad utilizzare al meglio.
Ciao ragazzi, benvenuti su RecensiamoMusica. Chi sono i Secondamarea?
«Un saluto a voi, amici di RecensiamoMusica! Secondamarea sono Ilaria e Andrea, coppia nella vita e nella musica. Nascono circa 15 anni fa, da un incontro speciale, in un luogo speciale (l’Isola del Giglio). Una splendida voce (Ilaria) e un abile songwriter (Andrea) decidono di vivere insieme e di scrivere canzoni insieme. E si battezzano SECONDAMAREA».
Avete da poco rilasciato l’album “Slow”, cosa rappresenta per voi questo vostro nuovo tassello discografico?
«Lo diciamo senza mezzi termini: è il nostro lavoro più intenso, prezioso, poetico. E, musicalmente parlando, il più variegato, colorato. “SLOW” è un grande inno alla vitalità della lentezza, del gustare, dell’osservare, del fare secondo natura. Dodici canzoni per raccontare il nostro modo di stare al mondo, forse».
Un progetto che coinvolge musicisti di spicco del panorama italiano, com’è stato collaborare con loro?
«Un piacere e un onore suonare al fianco di Leziero Rescigno (La Crus, Amour Fou…), di Lucio Enrico Fasino, di Raffaele Kohler… Merito del nostro produttore, Paolo Iafelice (De Andrè, Pagani, Pacifico…), che voleva per le nostre canzoni i musicisti “giusti”, musicisti veri, “organici”, per mantenere intatto lo spirito acustico delle canzoni».
Tra i tanti temi affrontati, spicca il costante richiamo alla natura. Da quali punti siete partiti e a quali conclusioni siete arrivati?
«Le canzoni esplorano i temi della natura, del clima, dell’acqua, dei boschi, dei cambiamenti climatici, della tecnologia e degli effetti che questi hanno sull’uomo e sulla sua capacità di osservare il mondo. Diaciamo dunque che siamo partiti dalla Natura per arrivare all’Uomo».
Vivete nell’incontaminata Isola del Giglio, pregi e difetti di questa realtà?
«Sintetizzando all’osso. I pregi: la Natura. I difetti: l’uomo. Ma crediamo che valga per qualsiasi luogo del mondo!».
Facciamo un salto indietro nel tempo, quando è nata la vostra passione per la musica e come vi siete conosciuti?
«Suoniamo, cantiamo, scriviamo canzoni da quando eravamo bambini, praticamente da sempre. Poi ci siamo incontrati e abbiamo capito subito che le nostre passioni comuni potevano generare, insieme, qualcosa di nuovo. Questo è accaduto all’Isola del Giglio, circa 15 anni fa…».
Quali ascolti hanno ispirato e accompagnato la vostra crescita?
«Tanti e variegati: rock, hard-rock, Heavy Metal (Andrea ha un passato da metallaro!), folk (Joni Mitchell, Glen hansard, Jonathan Wilson, Josh Tillman…), cantautorale (e qui tutto il cantautorato italiano: Battiato, De André, De Gregori, Guccini, Piero Ciampi, Paolo Conte, ma anche quello inglese, americano e francese: su tutti, Leo Ferré e Serge Gainsbourg), pop (nelle sue forme più alte: Beatles sopra tutti, e una passione particolare per John Lennon)».
Come valutate l’attuale scenario discografico?
«Beh, la scena indipendente sta letteralmente scalzando quella delle major, ed è un bene. Notiamo molte realtà interessanti profilarsi all’orizzonte. Ma bisogna saper scegliere, perché la proposta è fin troppo esuberante. In America e in Irlanda stanno venendo fuori dei gran gruppi. L’Italia è sempre poco coraggiosa, invece».
Qual è la lezione più importante che avete appreso dalla musica in questi anni di attività?
«La musica ci ha insegnato tecnica, disciplina e umiltà. E continua ad insegnarci molto. Soprattutto, la musica è una grande storia d’amore, senza fine».
Quali sono i vostri obiettivi futuri e/o sogni nel cassetto?
«I sogni nel cassetto sono tanti. I nostri cassetti traboccano, per fortuna! Tanti nuovi dischi, tanti concerti, forse un seguito di “Slow” che stiamo già scrivendo da un po’… Ma soprattutto – e ciò riguarda il futuro prossimo, imminente – dedicarci ai concerti di presentazione di questo nuovo disco. Siamo felici di aver dato vita all’AGRITOUR, un concetto innovativo per riportare la musica alla terra, trasformando spazi non propriamente “da concerto”, in luoghi musicali. Un programma di date consecutive in Agriturismi, Cascine, Fattorie in cui far ascoltare il nuovo disco “SLOW” in veste totalmente acustica, puntando sull’essenzialità e sulla convivialità. Un progetto di musica a Chilometro Zero per un percorso sensoriale tout court, dove le note sono molteplici: sonore, olfattive, gustative, visive. Il tour inizierà a metà giugno».
Alla luce di tutto quello che ci siamo detti, per concludere, quale messaggio vorreste trasmettere al pubblico, oggi, attraverso la vostra musica?
«Che la musica è la forma d’arte migliore per intrattenere e alla stesso tempo per fare cultura. Per divertire e allo stesso tempo per veicolare messaggi. Per distrarsi e allo stesso tempo concentrarsi. Per ridere e allo stesso tempo per piangere. E che il tempo è tutto ciò che abbiamo, l’unica moneta di scambio. Impariamo a gestirlo bene».
Nico Donvito
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