L’amore ci sovrasta e anche nella musica piovono featuring a non finire
Chi lo ha detto che viviamo in un mondo in cui sempre di più regna l’egoismo, la diffidenza, la ricerca del successo individuale e l’egocentrismo? A guardar bene quello che sta accadendo nella musica, soprattutto italiana ma non solo, la tendenza appare nettamente contrapposta e controcorrente.
Basta fare un rapido giro nell’elenco delle nuove uscite radiofoniche che di settimana in settimana popolano le pagine di Earone o guardare con attenzione le classifiche di vendita dei singoli più popolari del momento nel nostro Paese. Sempre più coppie, sempre più duetti, sempre più collaborazioni, puntualmente rivendicate, con il produttore o il DJ del momento. Quasi come se avere dalla propria le voci o gli arrangiamenti di Tizio e Caio fosse diventato un valore aggiunto irrinunciabile per i cantanti italiani di nuova (e vecchia) generazione.
In realtà, tale tendenza è figlia dell’ondata rap che nella prima metà degli anni ’10 ha iniziato seriamente a coinvolgere in maniera massiccia il nostro scenario discografico, l’offerta radiofonica dei principali network radiofonici e televisivi e, soprattutto, il gusto del pubblico medio. Come rendere fruibile alla grande massa dei musica-dipendenti un genere pieno zeppo di parole e, almeno originalmente, scarsamente orecchiabile? La risposta è semplice: con l’intersezione del linguaggio rap con quello pop, il più pop possibile, il poiù pop(olare) del momento. Ed ecco che, da allora, il giovane rapper del momento è salito alla ribalta grazie soprattutto ai ritornelli orecchiabili cantati con leggiadria (e padronanza vocale) dai nomi pop del momento: Fedez con Francesca Michielin, J-Ax con Il Cile e avanti di questo passo.
E se qualcosa funziona una volta perchè non ripeterlo una seconda? E perchè no una terza? D’altronde il pop negli ultimi anni si è andato via via “rappizzando” mettendo in un angolo la melodia, costringendo i testi a contenere quante più parole possibili in forma parlata e condannando all’ergastolo gli ariosi arrangiamenti all’italiana che facevano leva sulla crescita a partire dal pianoforte e dagli archi per poi sviluppare la parte ritmica in un secondo momento.
Quest’estate, diciamolo pure, è la chiara rappresentazione che quella che inizialmente era un escamotage dei rapper per raggiungere velocemente il largo pubblico oggi è diventata una moda irrinunciabile soprattutto per i big, o presunti tali, della canzone pop italiana. Eh si, perchè una volta che i rapper sono diventati popolari ed hanno conquistato le classifiche di vendita rendendo fruibile e comprensibile il loro linguaggio musicale del vecchio povero cantante pop di turno non gliene importa sostanzialmente nulla. Ed ecco che la situazione si è via via ribaltata: oggi è il cantante pop che ha bisogno del duetto con il rapper (o con un altro cantante pop) per raggiungere il grande pubblico ormai abituato a quel tipo di linguaggio per cui la vecchia musica italiana arrangiata in modo arioso e cantata con i giusti respiri e tempi è parecchio superata.
Provate a farci caso, Elisa duetta con Carl Brave, Elodie sigla il quarto duetto di fila approdando a Marracash, Alessandra Amoroso si prende i Boomdabash, Chiara Galiazzo opta per J-Ax, Giusy Ferreri ormai è cosanguigna di Takagi e Ketra, Lorenzo Fragola sceglie Federica Abbate, Fabrizio Moro ha bisogno di Anastasio per tornare sulle scene e nemmeno Arisa sa fare a meno de Lo Stato Sociale e Myss Keta. Insomma tutti insieme allegramente… pure Laura Pausini e Biagio Antonacci si sono messi insieme (musicalmente parlando) e l’hanno fatta più grossa di tutti perchè non si sono fermati a due singoli insieme ma hanno messo su pure un tour negli stadi italiani: un’idea che, strano caso del destino, gli è venuta proprio quest’anno dopo 25 anni di amicizia. D’altronde l’hanno fatto pure Max Pezzali, Nek e Francesco Renga o Umberto Tozzi e Raf o Gianni Morandi e Claudio Baglioni… Per non parlare dei dischi di duetti, spuntano come funghi…
Ma che sia reale desiderio di condivisione artistica o che a muovere le fila dell’intero gioco ci sia un mero interesse “economico” o, per meglio dire, una convenienza per la sopravvivenza nelle classifiche sempre più dominate dallo Sfera Ebbasta di turno? In ogni caso mi sento di dare un suggerimento: se il pop vuole riprendersi il suo posto che tornasse a fare davvero il pop piuttosto di scimmiottare esperimenti già testati e comprovati dai rapper/trapper/indie per salire alla ribalta. Loro, a differenza dei “popper”, non sono così stupidi da farsi usare per poi essere messi da parte.
Ilario Luisetto
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