martedì, Aprile 16, 2024

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Senza riserve né mezze misure, cantando sul filo dei compromessi

I testi delle canzoni raccontano un tema

‘O bianco, o nero!’ …  ‘non sono per le mezze misure!’ … ‘per te, il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto?’. In questo articolo, non si tratterà di scegliere, ma di capire se le canzoni sanno ‘stare nel mezzo’ e se ci sanno parlare di compromessi.

Da Levante, impariamo che il primo vero accomodamento è quello con noi stessi, tutte le volte che “resto spesso al tuo cospetto a chiedermi Il prezzo da pagare per difendermi Dalle opposizioni delle mie metà” e poter “stare in equilibrio dentro la realtà”. Stabilire un accordo fra le diverse parti di me, e/o con un’altra persona e/o con un gruppo, anche se comporta reciproche rinunce, non presuppone, necessariamente, una controversia né un vero e proprio contrasto, ma la volontà congiunta di realizzare un fine comune, superando le differenze di pensiero e di posizione ideologica.

Detto così, il compromesso assume una declinazione positiva; in grado, cioè, di costruire ponti dove c’è un alto rischio di insanabile separazione. Ma, quante canzoni lo usano con quest’accezione? Poche, anzi pochissime. Un efficacissimo Francesco Gabbani ci racconta di come siamo “semplici eppure complessi Libri aperti in equilibrio tra segreti e compromessi Facili occasioni per difficili concetti Anime purissime in sporchissimi difetti Fragili combinazioni tra ragione ed emozioni Solitudini e condivisioni (…) Basterebbe solamente dire Senza starci troppo a ragionare Che sei tu che mi fai stare bene quando io sto male e viceversa“.

Anche Eugenio Bennato, quando si chiede, “e adesso sono solo qui a piangere con me stesso. Come farò Come farò adesso? (…) No, no, no, no, no, aspettare più non posso. Eh, eh, e va bene sì, se proprio vuoi, facciamo un compromesso”, sembra fare una proposta estrema, un’ultima spiaggia per riparare una condizione irreversibile. Diversamente, molte canzoni categorizzano il compromesso come esito di una corruzione emotiva, uno scendere a patti con i propri valori, o, addirittura, una degenerazione da evitare come la peste.

Così, Vasco Rossi feat Marracash, “ho già capito che la vita, sì, è solo tua Ho già capito, niente compromessi e ipocrisia Perché hai deciso di azzerare tutto La password del tuo cuore I sogni che non so perché non hai mai fatto E gli errori” . Una storia al palo, se le posizioni restano inflessibili; un fermo che lascia aperte e irrisolte le domande fondamentali, “dove si va? E come si fa? Che non si arriva e non si parte”, innescando sentimenti faticosi da disciplinare, che vengono descritti nel testo attraverso la similitudine, “come la pioggia alla domenica Come un Natale che non nevica E neanche la TV”.

Senza l’ipotesi di un compromesso, ci potremmo allineare al racconto di Alessandra Amoroso, “guardaci, guardaci adesso Non c’è più un gesto, non c’è compromesso E lo capisco dal tono diverso di voce Con cui mi dici: <Stasera ho da fare, non mi aspettare>”, ammettendo di essere “due estranei a partire da ieri”; oppure, d’accordo con Nesli, dire che “non accettare compromessi… è il compromesso più grande”, ma “essere liberi sempre è come essere soli”.

Su questo, troveremmo il disaccordo di Emma, quando canta contro le critiche che le rivolgono i ‘leoni da tastiera’, “qualsiasi scelta ad un tratto sembra un compromesso Eppure non mi pesa scegliere per me il meglio Persone e luoghi in armonia con il mio respiro Tu continua ad affannarti dietro quello schermo Scrivi male Non mi offendo Perché sono sotto effetto dell’amore vero”. A giusta ragione, i Neri per caso l’avrebbero fatta rientrare fra “le ragazze che sfidano le opinioni della gente hanno gli occhi limpidi di chi dice la verità senza compromessi ne’ mezze misure Sono piu’ sincere le ragazze della nostra età”.

Potremmo, infine, considerare il compromesso come un aspetto che contribuisce al racconto storico e sociale di un popolo e del suo Paese? Probabilmente si! Ce lo dicono, di nuovo, le canzoni. Per esempio, Rino Gaetano con la sua “Aida, come sei bella Aida, le tue battaglie I compromessi La povertà I salari bassi, la fame bussa Il terrore russo Cristo e Stalin”, ci presenta la protagonista dell’opera di Verdi come personificazione dell’Italia del secondo dopoguerra, alle prese con la ricostruzione e divisa tra le sue mitiche origini e il sogno americano; tra la povertà del presente e l’illusione di un capitalismo, appena promesso dalla novella democrazia. Gemitaiz, dal canto suo, propone un spaccato amaro della società di oggi, dove “l‘unico compromesso è dieci canne al giorno con una birra fresca” perché “sono stanco di stare in mezzo ai fantocci che fanno gara Con gli orologi sprecano il tempo che è oro oggi Il mio tempo è oro e non perché c’ho un rolex ma perché c’ho fame”. Fame d’artista e di uomo, disposto ad accettare come “unico compromesso” “la vodka nel bicchiere quando sto sul palco”, e che, ci confida, “sta tutto nello scegliere di essere onesto Dire la verità anche se non te l’hanno chiesto Felice o depresso ma sempre me stesso Questo è l’unico compromesso”.

Tristemente sincero, infine, il testo degli Eugenio in Via di Gioia sulle dinamiche attuali nel mondo del lavoro: “una firma qui, ecco il tuo contratto Da domani puoi stare soddisfatto Accetta, chiudi e vai, naviga contento E dopo tutto questo mi dici: <Ci penso> Ah-ah-ah, che ridere, che ridere che ci fai fare Non scendi a compromessi”. Irriverente con le filosofie più diffuse oggigiorno, “cosa ci vuoi dimostrare Fai pure l’hippie, pure il Gandhi, pure l’eremita”, ci spiaccica la cruda verità “ma fai qualcosa, produci, consuma e falla finita”. Potremmo considerare un possibile compromesso quel “forza, sostiene la quarta rivoluzione industriale (…) prima pensare ai soldi, poi a cambiare il mondo”? Ai posteri, l’ardua risposta!

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Francesco Penta

Appassionato della parola in tutte le sue forme; prediligo, in particolar modo, la poesia a schema metrico libero. Strizzo l'occhio all'ironico, all'onirico e al bizzarro. Insieme alla musica sia la parola. Dopo la musica si ascolti il silenzio; da questo "vuoto sonoro" nasca un nuovo concerto.
Francesco Penta
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Appassionato della parola in tutte le sue forme; prediligo, in particolar modo, la poesia a schema metrico libero. Strizzo l'occhio all'ironico, all'onirico e al bizzarro. Insieme alla musica sia la parola. Dopo la musica si ascolti il silenzio; da questo "vuoto sonoro" nasca un nuovo concerto.