A tu per tu con noto cantautore e pianista calabrese, in uscita con il nuovo brano intitolato “Con te sarò“
A circa dodici mesi di distanza dalla nostra ultima intervista, ritroviamo con estremo piacere Sergio Cammariere in occasione della pubblicazione della versione in vinile del suo ultimo album “La fine di tutti i guai”, il decimo della sua longeva e ispirata carriera. Ad accompagnare l’uscita è “Con te sarò”, nuovo estratto impreziosito dal videoclip diretto da Fabio Teriaca, già premiato come Best Animated Video al Music Video Underground Festival di Parigi. Tanti i progetti in cantiere per il cantautore e pianista calabrese, da un disco di inediti a un album di solo piano, passando per un dvd live con le immagini del suo memorabile concerto al Teatro Sistina di Roma del 2003 e la sua prima autobiografia, in uscita in autunno, intitolata “Sono sempre stato libero”.
Ciao Sergio, bentrovato. Partiamo da “La fine di tutti i guai”, disponibile in vinile dallo scorso 29 maggio. Vuoi anche per il titolo, ma pensi che questo lavoro sia uscito nel momento più giusto?
«Io penso di sì, anche se in realtà il vinile era pronto già a gennaio, abbiamo dovuto aspettare il periodo più consono per farlo uscire. In questo momento storico abbiamo una percezione diversa e il cuore aperto per capire, per sentire. Certo, tutti noi vorremmo una vita senza guai, speriamo di poterne uscire presto. Sia il titolo dell’album che il videoclip di “Con te sarò” rappresentano una finestra su un nuovo mondo, un mondo pieno di speranza, con più accettazione verso il prossimo, dove non ci sono più diversità. Il razzismo è una piaga terribile, la musica ce lo insegna, il bianco e il nero si mischiano da sempre, l’Africa ci dona ispirazione in continuazione, per il loro ritmo e il loro modo di vivere rappresentano un insegnamento per noi occidentali».
A proposito di “Con te sarò”, non è la prima volta che ricorri all’animazione per veicolare i messaggi delle tue canzoni. A livello di narrazione, cosa aggiungono le immagini di questo videoclip?
«Insieme a Cosimo Damiano Damato stiamo scrivendo il libro sulla mia vita, la mia autobiografia che si intitola “Sono sempre stato libero”. Con lui è iniziato un rapporto anche per quanto riguarda i video in animazione, in un suo film dedicato a Don Gallo ha scelto come titoli di coda una clip animata che mi vede nei panni di Noè, sull’arca, intento a salvare tutta la musica italiana. Successivamente, per il mio ultimo progetto, ho voluto coinvolgerlo nel videoclip de “La fine di tutti i guai”, uscito lo scorso anno, dove mi vede in questa Roma deserta, di notte, a trasportare sul mio taxi personaggi incredibili della nostra cultura. Il video di “Con te sarò”, invece, è stato curato da Fabio Teriaca, con il quale avevo collaborato a “Dodici minuti di pioggia”, un cortometraggio che ha fatto il giro del mondo, vincendo premi ovunque, in maniera del tutto inaspettata».
https://www.google.com/url?q=https://www.youtube.com/watch?v%3DK1DOwEVkriw&source=gmail&ust=1591860548777000&usg=AFQjCNFbs480ZJ_dI9wal4Ka-i5DXlJfiA
Fai musica dall’età di otto anni, eri praticamente un bambino quando hai iniziato. L’arte ti ha dato tanto, ma pensi ti abbia anche tolto qualcosa?
«No, mi ha sempre solo dato. Tutti gli incontri che ho avuto con i grandi maestri mi hanno insegnato non solo l’armonia, ma mi hanno trasmesso il valore profondo della vita. Cito volentieri: Umberto Bindi, Bruno Lauzi, Sergio Endrigo, Enzo Jannacci, Sergio Bardotti, Giorgio Calabrese fino ad arrivare a Gino Paoli, uno dei miei più grandi miti che ho avuto l’onore di ospitare nel mio penultimo disco nel brano “Cyrano”. Successivamente abbiamo fatto insieme più di una decina di concerti, quindi, il sogno si è avverato ancora di più».
Hai citato nomi di artisti grandissimi, ne aggiungo uno: Ezio Bosso, che ha rappresentato un esempio di coraggio e passione…
«Abbiamo perso una grande anima, perché Ezio aveva un cuore enorme e insegnava più di quanto non si faccia nelle scuole o nei luoghi adibiti. Nel nostro Paese non c’è più educazione musicale, bisogna ritornare a Bach e a Beethoven, a questi grandi archetipi. Ezio Bosso faceva esattamente questo, portava in televisione la nostra storia e la nostra cultura, spiegava la musica. Abbiamo bisogno nel nostro Paese che qualcuno prenda le redini della situazione, a partire dalla tv di Stato, non si può dare spazio unicamente alla musica mainstream dettata dalle major discografiche, bisogna uscire da quegli schemi e ritornare a riappropriarsi del nostro senso musicale».
Rispetto anche solo a vent’anni fa noto un’importante involuzione a livello di qualità, penso ad esempio a Pippo Baudo che ha lasciato sempre dei posti alla canzone d’autore nei suoi Festival, tu ne rappresenti un esempio in due sue edizioni di Sanremo. Col tempo gli spazi per un certo tipo di musica sono diminuiti, cosa pensi sia accaduto negli ultimi decenni?
«E’ cambiata la fruizione, siamo diventati digitali e la tv ha proposto talent, dove spesso i giudici erano persone che avevano fatto magari un singolo di successo, ricoprendo un ruolo che non meritavano. L’Italia è fatta così, molte persone che stanno al potere non possiedono i titoli per stare lì. Cosa è accaduto? C’è stata una trasformazione, chiamiamola pure involuzione, a tutti i livelli. Riguardo al Festival, Sanremo è sempre Sanremo, io ci sono stato quattro volte, due come protagonista e due come ospite, nel 2007 con Simone Cristicchi, che poi ha vinto con la bellissima “Ti regalerò una rosa”, e con Nina Zilli nel 2018. In futuro non escludo di ritornarci, magari capiterà che la commissione scelga anche una mia canzone, chissà. Io scrivo e compongo sempre, qualcosa prima o poi accadrà».
A livello discografico, sono stati fatti un sacco di appelli nei confronti dell’intera categoria. Qual è il tuo pensiero a riguardo?
«Sia il turismo che il mondo dello spettacolo ci hanno rimesso le penne in questa operazione Covid, la situazione è leggermente offuscata, quotidianamente sento il mio manager per avere notizie, per capire se si riesce a sbloccare qualcosa per quanto concerne i live. Siamo in sospeso, non abbiamo certezze».
Per concludere, che ruolo può avere la musica in questa complicata situazione?
«E’ fondamentale, bisogna soprattutto riportarla nelle scuole. Io stesso sono partito così, entrando a far parte di un coro di voci bianche all’età di otto anni. Se la musica non ritorna ad avere il suo ruolo pedagogico non si può parlare di cultura, l’insegnamento e l’apprendimento della nostra grande musica sono fondamentali. Negli ultimi anni c’è stato un distanziamento dalla melodia, si sono inseguite le tendenze e le mode, dal rap alla trap, tutto gira su un accordo solo, in totale assenza di armonia, parlando con rime che a volte magari funzionano, ma non è musica… è un intrattenimento».
Nico Donvito
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