Gli Shared sono un gruppo nato quasi per caso grazie alla comune passione per la musica che un giorno li ha fatti cantare e suonare insieme. Da allora tracciano un percorso comune unendo i loro diversi lati artistici e ottenendo buoni consensi sul web con i loro primi due singoli. Sono in quattro e ciascuno di loro porta il proprio sé per creare quel grande collage che costituisce la loro strana e nuova anima musicale: Dani White e Enscho sono il lato rap del gruppo ma sono figure diametralmente opposte, l’uno grintoso e con profilo da leader, l’altro introverso e riflessivo nella vita come nella musica; Mattia Pirrotta è il rock allo stato puro che trasmette grazie alla sua immancabile chitarra e, infine, Mirko Adinolfi che si rifà al pop più tradizionale unendolo a nuove sfumature contemporanee. Ecco la nostra intervista!
Il nome della vostra band significa “condivisione” e voi singolarmente venite da generi diversi che si uniscono nel vostro progetto collettivo. Come riuscite a mettere insieme tutte queste diverse sfumature?
Siamo riusciti a far combaciare i diversi generi senza troppi problemi. Ci siamo conosciuti ad un evento musicale a cui partecipavamo singolarmente tutti e quattro e mentre io e Mirko stavamo suonicchiando la chitarra i due rapper si sono avvicinati per cantarci sopra qualche barra. Da lì ci siamo messi sotto e abbiamo creato le nostre canzoni.
Siete quattro ragazzi giovani e nel vostro primo singolo, “come away with me”, date un messaggio importante per i vostri coetanei. Sostanzialmente l’idea che sta sotto a questo pezzo è quello di lottare per restare in Italia nonostante sempre più si tenda ad andare all’estero per far musica ma anche per qualsiasi altro lavoro. Siete convinti dunque che la vostra dimensione discografica possa e debba essere l’Italia?
Noi siamo molto convinti di poter farci ascoltare e poter crescere artisticamente non solo in Italia ma soprattutto. L’Italia sta vivendo un periodo di crisi molto profondo però il nostro messaggio è quello che non c’è niente d’impossibile se ci si mette la voglia ed il sacrificio. Noi siamo molto convinti di questo perché ci teniamo moltissimo al nostro Paese che per noi è uno dei più belli del mondo.
A questa speranza diffusa che emerge dal primo singolO sembra quasi volersi contrapporsi una specie di negatività nel secondo brano “non c’è più luce”. E’ cambiata la vostra visione delle cose?
Non parla di una mancanza di speranza ma vuole raccontare una condizione d’amore in cui a volte ci si trova. Abbiamo provato a mettere insieme quattro visioni differenti di come ciascuno di noi ha vissuto un momento in cui finisce una storia d’amore. Non è una contrapposizione al primo brano ma piuttosto una descrizione di come noi abbiamo vissuto una determinata situazione.
Come nasce un vostro pezzo?
Noi veniamo da paesi diversi (Verona, Varese e Monza) ma la lontananza riusciamo a gestirla abbastanza bene. L’idea di un brano nasce da qualcuno di noi e da lì ce la passiamo grazie alla tecnologia e una volta che siamo abbastanza sicuri dell’idea ci riuniamo tutti insieme a Rimini dal nostro manager, Luca Red, ed elaboriamo il tutto.
Dopo aver proposto questi primi due brani state già pensando a qualcosa di nuovo per il futuro come un nuovo singolo o un disco?
Adesso stiamo pensando ad un disco ma è ancora tutto campato in aria. Per ora stiamo lavorando a diversi brani perché vogliamo avere più brani possibili per farci ascoltare al meglio quindi per ora restiamo in studio a lavorare.
Avete mai pensato all’esperienza di un talent show?
Noi abbiamo già partecipato quest’anno ad Area Sanremo dove nell’ottobre 2015 abbiamo avuto modo di conoscere Mauro Pagani, Ivano Fossati, Nina Zilli ed Emis Killa. E’ stata una bellissima esperienza anche se non siamo riusciti ad entrare nei 40 posti disponibili ma ci siamo andati anche per capire come funziona quel mondo. Secondo noi il talent show può funzionare, ci sono tantissimi artisti che sono riusciti a farsi ascoltare grazie a questa realtà, però pensiamo non sia l’unica via per arrivare al cosiddetto successo.
Cosa ne pensate della musica italiana di oggi?
(Parte ridendo). Ci sono moltissimi artisti che riteniamo molto importanti e che hanno costruito una bellissima carriera. Ciò che penalizza è il fatto che ci sono troppe persone che si sopravvalutano o si sottovalutano non riuscendo ad esprimere al meglio le proprie canzoni. Quello che notiamo è che contro la musica italiana si spendono davvero tantissime critiche a partire dai social network o dal web che per ora è la nostra realtà principale.
Quali sono i vostri punti di riferimento artistici italiani ed internazionali?
Venendo da gusti musicali diversi ognuno ha i propri gusti ma tra quelli che ci accomunano ci sono i Coldplay, Marco Mengoni, Ed Sheeran, J-Ax, Neffa e i Foo fighters.
I ragazzi della vostra età che vogliono fare musica sognano palchi e collaborazioni importanti: quali sono i vostri sogni proibiti?
Collaborazioni e palchi che vorremmo raggiungere ce ne sarebbero tantissimi anche perché abbiamo molto rispetto degli artisti affermati. I palchi che vorremmo calcare ce ne sono tantissimi da Roma a Milano fino al Wembley Stadim. Per quanto riguarda le collaborazioni a me piacerebbe molto collaborare con qualcuno degli artisti che più ci piacciono, speriamo…
Nel modo di far musica di oggi i social e l’aspetto fisico diventano elementi essenziali. Qual è il vostro rapporto con questa realtà?
Abbiamo dei buoni rapporti con tutti e due i mondi per ora. Grazie ai social e all’aspetto fisico vero e proprio siamo riusciti a superare le 92 mila visualizzazioni del nostro primo singolo. Abbiamo ricevuto anche delle critiche riguardo a quello che facciamo ma cerchiamo sempre di distinguere quelli che possono essere costruttivi e quelli che non hanno nessuna finalità. Non avevamo nessuna aspettativa quando abbiamo iniziato ma grazie anche a queste nuove realtà siamo arrivati fino a qui vedendo crescere le visualizzazioni di giorno in giorno.
Nel testo del vostro secondo brano dite “ma quanto costa la libertà”. Oggi nella discografia si ha sempre più l’impressione di dover rientrare in alcuni schemi definiti per piacere: vi sentite davvero liberi artisticamente?
Per ora ci sentiamo abbastanza liberi di esprimerci, scrivere certe parole o vivere alcune situazioni ma cerchiamo anche di essere ragionevoli riguardo ai compromessi che si possono incontrare nel proprio percorso. Non è nemmeno detto però che ciascun compromesso sia una perdita o una limitazione, può essere anche un’opportunità di crescere e migliorarsi a livello artisti e umano. Per ora noi ci sentiamo liberi di fare e dire quello che ci piace.
Che dire di più: un gruppo di quattro giovani ragazzi che guardano in alto senza voler strafare ma unendo talento e semplicità oltre alle diversissime realtà stilistiche da cui ciascuno di loro viene. Un progetto che può andare lontano incontrando il favore del pubblico main stream che in loro può trovare qualcosa di nuovo che risulta sempre orecchiabile ma anche profondo nei temi. In bocca al lupo ragazzi!
Qui potete ascoltare i primi loro due singoli:
Ilario Luisetto
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