A tu per tu con Sofia Sole, per parlare del singolo “Carillon”. La nostra intervista alla cantautrice
Esce venerdì 15 novembre “Carillon” (Warner Music Italy/ADA), il nuovo singolo della talentuosa ed eclettica cantautrice Sofia Sole. Un brano intimo e autoriale, che esplora la delusione nelle amicizie mostrando come il dare troppo agli altri possa portare a uno sfruttamento emotivo e riflettendo su quanto sia importante proteggersi.
Sofia Sole racconta, attraverso una potente metafora, la sensazione di essere privata di tutto ciò che è prezioso e autentico, proprio come un carillon a cui sono stati sottratti i gioielli più belli. La ballerina all’interno, simbolo della cantante, rimane sola e spogliata tra pareti di velluto, racchiusa in un mondo in cui ogni gesto di generosità è stato sfruttato.
“Carillon” costituisce un prezioso tassello del puzzle musicale che Sofia Sole sta costruendo e di cui il disegno finale verrà a poco a poco svelato nei prossimi mesi. Ecco cosa ci ha raccontato.
Carillon” è il tuo nuovo singolo, ci racconti com’è nato?
«Il brano è nato da una melodia che avevo in testa da settimane, ma non riuscivo a scriverci sopra nulla. Poi una sera, a cena, è passato il mio amico Victor Sane e mi ha detto: “Sofi, questa sembra proprio la melodia di un carillon.” Da lì siamo partiti scrivendo un ritornello per gioco. Poi io ho finito le strofe da sola e da lì è nato tutto il resto».
Nel testo esplori il tema della generosità emotiva e dello sfruttamento da parte degli altri. Quali riflessioni nello specifico hai sentito di voler condividere?
«Per me il messaggio più importante è che non si deve per forza dare tutto ciò che si ha per tenere una persona al nostro fianco, annegare per far galleggiare gli altri. A volte basta essere noi stessi, basta solo l’amicizia, e io l’ho capito solo dopo questa».
A livello musicale, che tipo di lavoro c’è stato dietro alla ricerca del sound insieme al producer Blame?
«La creazione di questa produzione è durata tantissimo. Ho fatto un sacco di cambiamenti perché ci tenevo tantissimo e non mi andava bene niente. A volte era troppo piatta, a volte troppo pop. Blame ha capito esattamente il tipo di lavoro che volevo fare: qualcosa di più cinematografico, con tantissimi cori, e lui ci è riuscito benissimo».
Come descriveresti il tuo stile musicale e come si è evoluto nel corso del tempo?
«Ora ascolto tantissimo jazz e lo studio molto, però non sono ancora arrivata al livello di poter scrivere i miei pezzi in questa direzione. Al momento sono immersa nel cantautorato, mi piace dire ciò che penso senza filtri. Sto scoprendo tanti lati di me: quelli più sensibili, quelli più sensuali, e via dicendo».
Cosa ti ha lasciato di concreto l’esperienza di The Voice?
«Di concreto, solo la certezza di voler fare questo mestiere per il resto della mia vita. Ero troppo piccola per riuscire a prendere altro, ma mi è bastato prendere consapevolezza di me stessa, almeno un po’».
Quali sono i nomi di artisti che stimi e con cui ti piacerebbe lavorare in futuro?
«Il mio sogno è collaborare con artisti internazionali come RAYE o Pierre de Maire, mentre in Italia mi piacerebbe tantissimo lavorare con Nayt o Gemitaiz».
Per concludere, qual è la lezione più importante che senti di aver appreso dalla musica fino ad oggi?
«Di prendermene cura come lei si prende cura di me. Di crescere insieme per scoprirci meglio».
Nico Donvito
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