Solchi, parliamo de “Anime salve” di Fabrizio De Andrè

Solchi - Anime salve Fabrizio De Andrè

Il fascino del vinile, tra scoperte e riscoperte musicali: parliamo di “Anime salve” di Fabrizio De Andrè. A cura di Marco Baroni

In un’era digitale, dove tutto è a portata di clic, il vinile resiste come un simbolo di autenticità, passione per la musica e rimane un oggetto prezioso, capace di raccontare storie attraverso i suoi solchi incisi.

In questa rubrica, Marco Baroni ci guiderà in un viaggio attraverso i solchi di vinili che hanno fatto la storia, esplorando non solo i classici intramontabili, ma anche le gemme nascoste ec he meritano un posto d’onore nelle collezioni degli appassionati.

Ogni settimana, esploreremo insieme dischi leggendari che hanno segnato la musica italiana, tra rarità dimenticate e indiscussi capolavori, riscoprendo il piacere di un ascolto autentico e senza tempo.“Solchi” è il luogo dove la musica torna a vibrare in tutta la sua purezza.

Il nostro viaggio prosegue con “Anime salve” di Fabrizio De Andrè, pubblicato da BMG nel 1996.

Solchi, parliamo de “Anime salve” di Fabrizio De Andrè

Entriamo lentamente nel capolavoro-testamento rimasto a mio avviso tra gli insuperati nella storia della musica italiana. Nato come un progetto condiviso, scritto e composto a quattro mani con Ivano Fossati, il disco arriva nei negozi nel 1996 a nome del solo De Andrè, dell’amico Ivano rimarranno qualche voce e tutte le firme sulle canzoni.

Sarà l’ultimo capitolo della discografia di Faber prima della sua scomparsa. L’album è stratificato da una quantità di bellezza che parte dai rumori stradali di “Princesa”, snodandosi nel racconto di un’identità sessuale che sgomita nel mondo, per espandersi nelle liriche malinconiche di “Khorakhane”, lente di ingrandimento sul popolo rom, tra usi, costumi e appostamenti d’elemosina. La meraviglia continua con il titolo del disco, “Anime salve” è il trattato più autentico in canzone per osannare la solitudine, sono state giornate furibonde, senza atti d’amore, senza calma di vento, solo passaggi e passaggi, passaggi di tempo.

Arriviamo alla potenza devastatrice nella follia prosaica di “Dolcenera”, il resoconto si avvicina mentre la puntina solca ancora una volta questo lp e mi commuovo, tra i conflitti sanguinari di “Disamistade” nel constatare poeticamente il disastro, avanti che il tempo stringe ma non abbastanza per scappare dalla dialettica di “A’ cumba”, dove la voce di Fossati si alterna a quella di Faber, verso la sontuosità del finale con “Ho visto Nina volare”, “Le acciughe fanno il pallone” e il sipario di “Smisurata preghiera”. 

Un insieme di musicisti d’eccezione, un arrangiatore che diventa pazzo per trovare la quadra, Piero Milesi, per un disco che entra a piedi pari nei grandi capolavori della nostra Italia. Immortale.

Scritto da Marco Baroni
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