Solchi, parliamo de “La fretta e la pazienza” di Olden

Il fascino del vinile, tra scoperte e riscoperte musicali: parliamo di “La fretta e la pazienza” di Olden. A cura di Marco Baroni
In un’era digitale, dove tutto è a portata di clic, il vinile resiste come un simbolo di autenticità, passione per la musica e rimane un oggetto prezioso, capace di raccontare storie attraverso i suoi solchi incisi.
In questa rubrica, Marco Baroni ci guiderà in un viaggio attraverso i solchi di vinili che hanno fatto la storia, esplorando non solo i classici intramontabili, ma anche le gemme nascoste ec he meritano un posto d’onore nelle collezioni degli appassionati.
Ogni settimana, esploreremo insieme dischi leggendari che hanno segnato la musica italiana, tra rarità dimenticate e indiscussi capolavori, riscoprendo il piacere di un ascolto autentico e senza tempo. “Solchi” è il luogo dove la musica torna a vibrare in tutta la sua purezza.
Il nostro viaggio prosegue con “La fretta e la pazienza” di Olden, pubblicato da VREC nel 2024.
Solchi, parliamo de “La fretta e la pazienza” di Olden
Ci sono dischi impigliati nel sottobosco cantautorale, che brillano di luce propria. E’ il caso di Olden che in questo “La fretta e la pazienza” parla di vita e sentimenti e lo fa con il piglio urgente delle cose che devono uscire dalla bocca. “Fidati di me” è una dolce parabola d’amore e dedizione, …sei tu l’infinito che non mi aspettavo… Olden gioca con frasi poetiche e metafore splendide.
Tra archi e chitarre “Libellule” sogna un risveglio liberi da ogni sovrastruttura umana, dove la bellezza rimane l’unico vero vestito che si possa indossare. Tra passi testuali di alta caratura, assieme al compianto Paolo Benvegnù il titolo del disco è una canzone che spicca per malinconico candore, le voci si sovrappongono e cantano un percorso di vita fatto di rinunce e abbandoni d’intenti.
Spazio al tributo emozionante in “Ho sognato Jannacci” dove l’apparizione in sogno dell’istrione milanese che in una sola frase… e tu con quella faccia lì di chi piange a crepapelle… ci restituisce un’immagine di un’arte insuperata, marmorea.
Il viaggio prevede un’altra sosta obbligata, nella canzone che chiude il disco “La natura leggera delle cose”, un gioco di se, che porta a prendere la vita come viene, un insieme di immagini forti, la pioggia caduta asciugata dal sole… o …la bellezza breve delle rose… tutto in un lirico e roboante finale …e anche se il tempo ci volta la schiena dopotutto io dico che ne è valsa la pena…. Grazie Olden.