Solchi, parliamo del disco “De Andrè canta De Andrè” di Cristiano De Andrè

De Andrè canta De Andrà

Il fascino del vinile, tra scoperte e riscoperte musicali: parliamo di “De Andrè canta De Andrè” di Cristiano De Andrè. A cura di Marco Baroni

In un’era digitale, dove tutto è a portata di clic, il vinile resiste come un simbolo di autenticità, passione per la musica e rimane un oggetto prezioso, capace di raccontare storie attraverso i suoi solchi incisi.

In questa rubrica, Marco Baroni ci guiderà in un viaggio attraverso i solchi di vinili che hanno fatto la storia, esplorando non solo i classici intramontabili, ma anche le gemme nascoste ec he meritano un posto d’onore nelle collezioni degli appassionati.

Ogni settimana, esploreremo insieme dischi leggendari che hanno segnato la musica italiana, tra rarità dimenticate e indiscussi capolavori, riscoprendo il piacere di un ascolto autentico e senza tempo.“Solchi” è il luogo dove la musica torna a vibrare in tutta la sua purezza.

Il nostro viaggio prosegue con “De Andrè canta De Andrè” di Cristiano De Andrè, pubblicato da Universal Music nel 2009.

Solchi, parliamo del disco “De Andrè canta De Andrè” di Cristiano De Andrè

Tornato di recente dal suo concerto, ho riascoltato con piacere questo capitolo 1 di 3 dischi pubblicati in onore di Fabrizio De Andrè. Premesso che non penso possa esistere uno più bravo di Cristiano nel proporre questo infinito materiale, per bravura nel suonare, cantare e interpretare, questo album non riporta alla luce, ma “espone” le canzoni rivestite di alcuni arrangiamenti diversi dagli originali, sempre con grande rispetto, datati.

Esempi come “Se ti tagliassero a pezzetti” e “A cimma” rendono corali canzoni che originariamente avevano una forma molto più solitaria e intimista, la straordinaria bellezza etnica di “Megu Megun” si fonde in un rock energico sfumato dal suono preciso e tagliente del mandolino, “La canzone di Marinella” è una piccola favola che potremmo sentire in un film della pixar con questo arrangiamento basato prevalentemente sulle chitarre acustiche.

Amico fragile” e “Ho visto Nina volare” sono delle versioni 2.0 semplicemente lucidate da qualche effetto evocativo tra tastiere e suoni elettronici quasi impercettibili, che però tendono l’immortalità dei capolavori ancora più eterna. “Smisurata preghiera” offre lo sguardo più autentico sugli emarginati, missione di De Andrè padre, forse purtroppo ancora incompiuta nonostante quella “goccia di splendore”.

Chiude il sipario sulla festa, “Il pescatore” dove tra violini e lalala il pubblico viene congedato e rimandato al prossimo appuntamento con la poesia. A questo disco ne seguono altri 2. Partire da qui è necessario, soprattutto per i neofiti.

Scritto da Marco Baroni
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