Solchi, parliamo di “Ma che film la vita” dei Nomadi

Il fascino del vinile, tra scoperte e riscoperte musicali: parliamo di “Ma che film la vita” dei Nomadi. A cura di Marco Baroni
In un’era digitale, dove tutto è a portata di clic, il vinile resiste come un simbolo di autenticità, passione per la musica e rimane un oggetto prezioso, capace di raccontare storie attraverso i suoi solchi incisi.
In questa rubrica, Marco Baroni ci guiderà in un viaggio attraverso i solchi di vinili che hanno fatto la storia, esplorando non solo i classici intramontabili, ma anche le gemme nascoste ec he meritano un posto d’onore nelle collezioni degli appassionati.
Ogni settimana, esploreremo insieme dischi leggendari che hanno segnato la musica italiana, tra rarità dimenticate e indiscussi capolavori, riscoprendo il piacere di un ascolto autentico e senza tempo. “Solchi” è il luogo dove la musica torna a vibrare in tutta la sua purezza.
Il nostro viaggio prosegue con “Ma che film la vita” dei Nomadi, pubblicato da CGD nel 1992.
Solchi, parliamo di “Ma che film la vita” dei Nomadi
Da buon emiliano posso affermare certamente che i Nomadi sono loro stessi un solco mai sbiadito nel tempo e fondamentale per la nostra nazione. Questo doppio live, uscì poco dopo la morte di Augusto Daolio e del bassista Dante Pergreffi, il primo leader carismatico e dalla figura ormai mitologica, pittore e artista a tutto tondo oltre che voce indelebile e (con buona pace dei suoi altrettanti bravi successori) insostituibile. Il secondo, giovane e talentuoso bassista scomparso in un tragico incidente stradale. Ma da quel lontano 1992 la strada ha virato per sempre.
Qui abbiamo la testimonianza sonora di quello che era un concerto dei Nomadi. Voglia di stare insieme e di cantare, canzoni imponenti come i classici “Un giorno insieme” e la leggendaria “Io vagabondo” a cui viene affidata una chiusura da brivido alla voce dí Augusto che si congeda dalla vita e dal palco, che poi erano la stessa cosa.
“Ma che film la vita”, “Il paese delle favole”, le meravigliose “C’è un re” e “Gli aironi neri” (dallo splendido “Gente come noi” dell’anno precedente) fanno di questo disco live, la miglior testimonianza di una band che da oltre 50 anni continua la sua strada, reclutando fans in pellegrinaggio da sempre. “Auschwitz” e “Dio e’ morto” impreziosiscono il lavoro con quel tocco di immortalità che hanno certe canzoni che viaggiano nel vento, oppure senza tempo.
Patrimonio culturale della musica italiana, i Nomadi sono un esempio di longevità e di coerenza musicale, nato in anni dove la passione vera poteva condurre a successi concreti e con un po’ di fortuna, il passpartout per entrare nella storia. Sola andata. Grazie ai Nomadi e al gigantesco e puro Augusto Daolio.