Solchi, parliamo di “Storia di un minuto” della PFM

Il fascino del vinile, tra scoperte e riscoperte musicali: parliamo di “Storia di un minuto” della PFM. A cura di Marco Baroni

In un’era digitale, dove tutto è a portata di clic, il vinile resiste come un simbolo di autenticità, passione per la musica e rimane un oggetto prezioso, capace di raccontare storie attraverso i suoi solchi incisi.

In questa rubrica, Marco Baroni ci guiderà in un viaggio attraverso i solchi di vinili che hanno fatto la storia, esplorando non solo i classici intramontabili, ma anche le gemme nascoste ec he meritano un posto d’onore nelle collezioni degli appassionati.

Ogni settimana, esploreremo insieme dischi leggendari che hanno segnato la musica italiana, tra rarità dimenticate e indiscussi capolavori, riscoprendo il piacere di un ascolto autentico e senza tempo.“Solchi” è il luogo dove la musica torna a vibrare in tutta la sua purezza.

Il nostro viaggio prosegue con “Storia di un minuto” della PFM, pubblicato dalla Numero Uno nel 1972.

Solchi, parliamo di “Storia di un minuto” della PFM

La PFM è sicuramente uno degli esempi più straordinari di rock band italiana, popolare nel mondo. Questo disco, impreziosito dalla loro emblematica “Impressioni di settembre” è un concentrato di rock progressivo che fonde le proprie radici a piene mani negli anni ’70, considerati da sempre e per sempre il decennio di massima espansione di questo genere.

Sull’intro breve di “Impressioni di settembre” che non penso abbia bisogno di una parola in più di …mastodontica,  arriviamo alla bellezza unica di “È festa” nel suo tecnicismo splendido, tra furie di progressioni e momenti di respiro sul breve cantato per riprendere la corsa sul finale.

Da qui parte l’esperimento di “Dove… quando…” suddivisa in due parti, la prima su un incedere acustico tra flauti e violini, la seconda ad aprire il lato b, con un intro di pianoforte magistrale che prosegue su contrappunti di percussioni prima della quiete che di nuovo sugli archi ci porta questa volta ad un acid jazz ante tempo, splendido, che apre sul brano “La carrozza di Hans”.

Le chitarre di Franco Mussida sono semplicemente scuola pura. Franz Di Cioccio e Mauro Pagani ve li raccomando solo per nome e cognome, assieme a Flavio Premoli e Giorgio Piazza.

Grazie davvero” su un velo di malinconia chiude questo capolavoro richiamando il tema d’apertura per regalarci l’ultima session da studio. Capolavoro che tutti dovrebbero ascoltare. 

Scritto da Marco Baroni
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