A tu per tu con l’artista toscano, protagonista del nuovo show del venerdì sera “Ora o mai più”
Serenità è il leitmotiv che caratterizza le parole di Stefano Sani, attualmente impegnato nell’avventura televisiva di “Ora o mai più“, talent show di Rai Uno condotto da Amadeus. Nato artisticamente nel 1981 grazie al Festival di Castrocaro, raggiunge la consacrazione l’anno seguente sul palco dell’Ariston di Sanremo con “Lisa”, canzone che lo catapulta nell’olimpo delle hit parade dell’epoca. Conosciamo meglio la sua storia e ripercorriamo insieme le tappe fondamentali della sua carriera.
Ciao Stefano, benvenuto su RecensiamoMusica. Come descriveresti questa nuova avventura di “Ora o mai più”?
«Intrigante ed emotivamente importante, mi è capitato negli anni di essere invitato in alcune trasmissioni per alcune ospitate fini a se stesse, mentre in questo contesto ci viene ridata la giusta attenzione. Innanzitutto è un format nuovo, di invenzione completamente italiana, non lo abbiamo importato dall’estero e questo mi piace sottolinearlo. Vivo questa esperienza con grande serenità e canto per cercare di trasmettere la stessa positività che sto respirando in questo nuovo viaggio».
Cosa ti ha spinto ad accettare di prendere parte a questa avventura?
«Ho accettato dopo un po’ di titubanze, semplicemente perché sono diversi anni che non faccio televisioni importanti, quando il mio manager mi ha spiegato esattamente di cosa si trattava, ho capito subito che era il momento giusto per tornare a rimettersi in gioco. Ovviamente ho fatto un provino, fortunatamente mi hanno preso e adesso siamo qua, con la stessa determinazione d’un tempo. Oltre che cantare, se te la sai giocare bene, c’è la grande possibilità di farti conoscere anche come persona. Questo è molto bello, perché spesso rimaniamo relegati ad un nostro pezzo. In questa occasione, invece, possiamo far conoscere anche altro, raccontare la nostra storia, parlare dei momenti di grande successo e quelli di caduta, insomma, vediamo considerati come delle persone, non soltanto come cantanti».
E dell’abbinamento con Marcella Bella cosa mi racconti?
«E’ una delle più brave cantanti che abbiamo, un’interprete eccezionale, oltre che un’icona della musica leggera italiana. Per me è molto stimolante duettare con lei, reputo formativo potersi confrontare con una vocalità come la sua, potente ma al tempo stesso impeccabile. Poi, si è instaurato anche un bellissimo rapporto, così come con tutti gli altri colleghi. Una grande energia che mi dà la giusta spinta per ridare benzina al motore e tentare di tornare a fare un mestiere che, personalmente, considero fondamentale per la mia vita».
Come riassumeresti in breve la tua storia?
«Indipendentemente da tutto, mi reputo una persona molto fortunata perché ho potuto realizzare il sogno di diventare cantante, anche se poi ci sono state vicissitudini molto dolorose. Mi sento doppiamente fortunato perché mi si dà la possibilità di ripresentarmi, con un programma importante in cui posso veramente cantare, per dimostrare quello che sono. Poi sarà il pubblico a giudicare se sono ancora in grado di trasmettere qualcosa o meno, cercherò di giocarmi al meglio questa chance».
Tornando indietro, c’è qualcosa che faresti diversamente?
«No, come potrei dirlo adesso? Sarebbe troppo facile col senno di poi. Secondo me, tutte le cose sono giuste nel momento in cui accadono, non si può tornare indietro, ma anche le esperienze negative ti insegnano qualcosa. Sono contento di ciò che mi è successo e, soprattutto, soddisfatto di quello che sono riuscito a fare fino ad ora, perché ho sempre dato il massimo e continuerò a farlo sempre. Dopo il grande successo commerciale di “Lisa”, ho voluto dare un taglio netto al mio repertorio, realizzando canzoni come “Delicatamente due” a cui sono molto legato ma che non hanno riscosso lo stesso tipo di consensi. Credo che la cosa importante è fare sempre quello in cui si crede, anche se non suscita l’attenzione dei media. A tal proposito ci tengo a citare il mio ultimo disco “Lo zucchero e il sale”, pubblicato nel 2013, nel quale mi sono messo in gioco in veste di autore, un lavoro autoprodotto per me molto importante, che non sono riuscito con le mie forze a promuovere nella maniera giusta. Con questa mia partecipazione a “Ora o mai più”, spero che il pubblico vada a riscoprire con curiosità alcune nostre produzioni, parlo anche a nome degli altri colleghi, che esulano dai brani più celebri dei nostri rispettivi repertori e che non hanno avuto la giusta visibilità e la stessa fortuna dei cavalli di battaglia».
Il tuo rapporto con i social network?
«Ho un buon rapporto con i social network, in particolare con Facebook, ho una pagina personale che curo direttamente io. So che mi seguono in moltissimi, tutti i post che pubblico ottengono parecchi like, commenti e condivisioni, sappiamo quanto oggi sia importante questo tipo di riscontro che poi può sfociare in qualcosa di diverso. A tal proposito, ti racconto una cosa bella che mi è successa in questi giorni: ho condiviso alcuni post in cui scrivevo di trovarmi alla Dear di Roma a far le prove della trasmissione, mi sono ritrovato una cinquantina di persone fuori gli studi tutti i giorni, con i miei dischi a chiedermi autografi e foto. Personalmente mi ha riempito il cuore di gioia, è un certo tipo d’affetto che non ricordavo e che mi ha riportato indietro nel tempo, mi ha un po’ destabilizzato perché non c’ero più abituato. I social, in questo caso, hanno fatto da traino, li reputo molto utili per metterti in contatto con chi ti segue, ovviamente vanno saputi usare bene».
Coma valuti l’attuale scenario discografico?
«Non è che lo segua moltissimo, per anni mi sono occupato di altro, con la mia famiglia sono titolare di un’azienda di piante leader nel settore a livello nazionale, quindi, mi sono un po’ allontanato da questo mondo. Da fruitore, invece, ascolto la radio, navigo nel web, guardo la televisione e cerco di tenermi aggiornato. Sinceramente, mi sembra ci siano delle cose interessanti, non so se comprerei mai dei dischi e non so nemmeno se si comprano ancora a livello generale (ride, ndr), però ascolto alcune cose con piacere, come Ghali e Sfera Ebbasta, anche se potrà sembrare strano per uno della mia età. Guardo con attenzione il Festival di Sanremo, quest’anno mi è piaciuto molto Diodato, e cerco di tenermi aggiornato per arricchirmi culturalmente, perché ogni epoca ha le sue cose interessanti. Ascolto tutto quello che c’è da ascoltare e poi, ovviamente, giudico secondo i miei parametri».
Per concludere Stefano, alla luce di tutto quello che mi hai raccontato, quale messaggio vorresti trasmettere al pubblico, oggi, attraverso la tua musica?
«Che ogni età della vita ha una sua colonna sonora. Sai, quando ascolto le canzoni di quando ero bambino, la mente immediatamente ritorna a quei momenti, avverto una sorta di nostalgia perché la nostra memoria si riaccende. E’ un po’ come quando organizzi le cene con i tuoi ex compagni del liceo, finisci sempre a parlare delle cavolate che combinavi in classe. Quello che vorrei è fare in modo che quelle sensazioni e quel tipo di musica non smettano di esistere, perché è vero che hanno fatto parte dei momenti piacevoli del passato, ma reputo possano risultare ancora oggi piacevoli. Tra vent’anni vorrei potessimo tutti emozionarci riascoltando le canzoni di oggi, utopia? No, solo il desiderio di un sognatore che vive di musica».
Nico Donvito
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