Dopo l’esperienza estiva del Deejay On Stage di Riccione, prosegue la rivoluzione musicale della band fiorentina sempre più incentrata sull’attività live
Suonare dal vivo in tutti i modi, in tutti i luoghi e in tutti i laghi, è la vera mission degli Street Clerks, al secolo: Valerio Fanciano, Francesco Giommi, Alexander Woodbury e Cosimo Ravenni. Dopo averli incontrati lo scorso maggio in occasione della pubblicazione del loro ultimo disco “Come è andata la rivoluzione?” (qui la nostra intervista), li abbiamo raggiunti telefonicamente per scoprire quelli che sono stati i loro ultimi impegni e quali progetti hanno in cantiere nei prossimi mesi.
Ciao ragazzi, comincio col chiedervi: come avete trascorso l’estate e com’è stata l’esperienza del Deejay On Stage a Riccione?
«Il Deejay On Stage è stata una bella opportunità per suonare il nostro album dal vivo, dandoci la possibilità di farci conoscere ad un pubblico ancora più grande. E’ andata bene, la consideriamo una bella avventura e speriamo sia solo la prima di una lunga serie di appuntamenti dal vivo, perché siamo molto legati alla dimensione live. L’estate, in generale, l’abbiamo trascorsa bene, siamo riusciti a ritagliarci un po’ di relax, diciamo che l’esperienza di Riccione tutto sommato ci ha ulteriormente agevolati, di sera suonavamo e di giorno riuscivamo a goderci appieno la location, fortunatamente l’abbiamo vissuta come una bella vacanza-lavoro».
Qualche giorno fa siete stati assoluti protagonisti della colonna sonora del matrimonio di Fedez e Chiara Ferragni. Raccontatemi com’è andata e se avevate già suonato in questo tipo di contesto…
Al di là delle audaci definizioni di “matrimonio dell’anno” o “royal wedding italiano”, si è trattato indiscutibilmente di un evento che ha catalizzato l’attenzione di tantissime persone e che vi ha dato la possibilità, ancora una volta, di dare sfoggio del vostro talento sul palco. L’avete vissuto come un comune live o l’atmosfera che si respirava era diversa?
«Rispetto ad altri eventi è stato piacevole perché ci siamo anche divertiti prima e dopo l’esibizione, poi la cerimonia ha rappresentato la celebrazione del sentimento vero tra due persone che si amano, è stato bello contribuire con la musica a questa bella unione. Vivendolo dall’interno, ti possiamo assicurare che si è trattato di un matrimonio semplice, nonostante la grandissima attenzione che ha suscitato, perché gli invitati erano tutti veri amici e colleghi stretti della coppia, non c’erano star hollywoodiane e l’atmosfera era molto intima, se non si calcolano gli oltre tre milioni di persone che hanno seguito sui social l’evento».
Tralasciando dettagli folcloristici come il volo Alitalia, il putto contenente vodka e gli avatar umani degli sposi, mi interessa chiedervi: come è stato selezionato il repertorio e quali pezzi avete suonato?
Ok ragazzi, ci ho provato a fare l’intellettuale, ma non resisto. Com’era la festa? Il buffet? Il Luna Park? Raccontatemi qualsivoglia tipo di aneddoto o retroscena. L’Italia vuole sapere…
«Che dire (ridono, ndr), c’era molto divertimento, è stato un matrimonio per certi versi informale, giovane e i dolci erano buonissimi, d’altronde in Sicilia non poteva essere altrimenti. Non era superpomposo come magari ci si poteva aspettare, alla fine il bello è stato proprio questo. La parte più “ignorante” della festa è stata la sfida al pungiball al Luna Park, ecco ci teniamo a sottolineare che il nostro Alexander ha totalizzato il punteggio più alto, battendo tutti gli amici di Fedez messi insieme. Queste sì che sono soddisfazioni!».
L’ultima volta che ci siamo visti mi avete raccontato di essere le persone con meno attitudine social al mondo, che effetto vi ha fatto suonare per le nozze di mister Facebook e Lady Instagram?
«In realtà, l’abbiamo vissuta come un’occasione per imparare qualcosa di nuovo, un modo per approfondire un argomento che non conosciamo benissimo. Non avendo una mentalità social, non ci siamo realmente resi conto dell’esposizione dataci da un evento del genere e, forse, ce la siamo goduta fino in fondo proprio per questo. Certo, cerchiamo di stare al passo coi tempi, non ci sentiamo completamente estranei a questo mondo, anzi, dopo un’esperienza del genere abbiamo cominciato a buttare un occhio al numero dei nostri follower che, per fortuna, continuano ad aumentare. Questo non significa che ci siamo convertiti al “socialesimo”, nelle nostre vene scorre sangue analogico!».
E’ appena ricominciato X Factor, talent show al quale avete partecipato cinque anni fa. In questo periodo vi siete più volte reinventati e avete dimostrato in svariate occasioni la vostra versatilità. Quale consiglio vi sentite di dare ai ragazzi che prenderanno parte a questa dodicesima edizione?
«E’ un’esperienza che abbiamo vissuto con tanto divertimento, legando rapporti con altre persone e confrontandoci con numerosi artisti. A livello professionale, invece, bisogna stare molto attenti e chiarire dall’inizio la propria identità musicale, dimostrando le proprie attitudini e far capire quale direzione si vuol prendere, altrimenti si rischia di perdersi per strada. Il consiglio che ci sentiamo di dare è avere bene in testa chi sei e cosa vuoi fare, lavorare sodo e sfruttare contatti che potranno servirti in futuro. La nostra avventura nel talent si è conclusa circa a metà percorso, la fortuna è stata quella di suonare al party di fine produzione, in quell’occasione abbiamo mostrato chi sono davvero gli Street Clerks».
A breve riprenderete l’avventura televisiva con “E poi c’è Cattelan a teatro”, che trasloca dagli studi di Sky di Rogoredo al Franco Parenti di Milano. Cosa dobbiamo aspettarci di diverso rispetto alle passate edizioni?
«L’essenza rimarrà quella, il teatro richiama una certa formalità, ma sia noi che Alessandro Cattelan siamo notoriamente antinconvenzionali. Dal punto di vista acustico, ci sentiremo sicuramente a nostro agio rispetto ad uno studio televisivo. Quello che possiamo anticipare è che le puntate saranno molto più lunghe e con un sacco di ospiti importanti. Sarà un’edizione speciale, ma con lo stesso mood delle precedenti».
Passando al vostro disco pubblicato lo scorso maggio, come sta andando la vostra rivoluzione?
Vi aspetta una stagione lavorativamente parlando intensa, quali sono i vostri prossimi progetti e, magari, qualche sogno nel cassetto?
«I nostri cassetti sono pieni, perché non bisogna mai smettere di sognare. Non abbiamo un desiderio predominante, un po’ come accade nel calcio, tendiamo a concentrarci partita dopo partita per poter perseguire l’obiettivo migliore. L’augurio è quello di suonare dal vivo il più possibile per portare in giro la nostra musica e, perché no, ci piacerebbe provare a partecipare al Festival di Sanremo, il palco dell’Ariston è l’unica grande vetrina rimasta nel nostro Paese in grado di farti svoltare, discograficamente parlando. Ogni occasione è per noi un canale per arrivare al pubblico e proporre il nostro stile, da “E poi c’è Cattelan” al matrimonio dei Ferragnez, lo scopo è quello di poterci esibire il più possibile dal vivo, la dimensione dove riusciamo ad esprimerci al meglio».
Nico Donvito
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