mercoledì, Aprile 24, 2024

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Subsonica: “Il passato definisce sempre chi sei” – INTERVISTA

A tu per tu con la band torinese, in uscita con il nuovo ed interessante lavoro “Microchip temporale

E’ disponibile nei negozi tradizionali e negli store digitali a partire dal 22 novembre il nuovo progetto discografico dei Subsonica, intitolato “Microchip temporale”, una rielaborazione del loro secondo album in studio “Microchip emozionale”, a vent’anni di distanza dalla sua prima pubblicazione. Tredici le tracce rivisitate in compagnia di alcuni dei più popolari artisti dell’attuale scena musicale italiana, questa la tracklist: “Sonde” (Willie Peyote), “Colpo di pistola” (Nitro), “Aurora sogna” (Coma_Cose & Mamakass), “Lasciati” (Elisa), “Tutti i miei sbagli” (Motta), “Liberi tutti” (Lo Stato Sociale), “Strade” (Coez), “Disco labirinto” (Cosmo), “Il mio DJ” (Achille Lauro), “Il cielo su Torino” (Ensi), “Albe meccaniche” (Fast Animals And Slow Kids), “Depre” (Miss Keta) e “Perfezione” (Gemitaiz). Dopo aver ascoltato le voci dei cinque membri della band in conferenza, dal frontman e cantante Samuel, passando per il tastierista Boosta, il batterista Ninja e il bassista Vicio, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il chitarrista Max Casacci.

Ciao Max, partiamo dal titolo di questo progetto, a cosa si deve la scelta di lasciare la parola microchip e di trasformare il secondo termine da “emozionale” a “temporale”?

«Volevamo un’assonanza, che in qualche modo il titolo rivelasse e chiarisse subito l’intento di questa rivisitazione. Abbiamo fatto un po’ di esperimenti, poi Samuel ha proposto questo “Microchip temporale” e, per alzata di mano, l’abbiamo scelto perché rappresentava una buona sintesi. Non si tratta di un tribute album, non volevamo metterci in vetrina e far rielaborare ad altri senza essere parte attiva del progetto, volevamo confrontarci e lavorare con quelli che sono i protagonisti della scena attuale da noi coinvolti».

Infatti, questa non è per niente un’operazione nostalgia, oltre a risuonare i pezzi, i testi sono stati rielaborati, avete cercato di attualizzare il disco, non semplicemente di riproporlo. Come descriveresti il vostro rapporto con il passato?

«Il passato definisce sempre chi sei, in questo riconoscerti trovi anche la forza di affrontare lo smarrimento necessario per intraprendere una nuova esperienza. Questo per ogni artista, senza smarrimento non c’è esperienza, senza il coraggio di fare un passo verso un territorio ignoto non c’è neanche un risultato significativo».

A parte Elisa che ha iniziato praticamente con voi, il resto delle collaborazioni sono con artisti che, anagraficamente parlando, vent’anni fà si stavano formando, per cui sia “Microchip emozionale” che il vostro discorso musicale possono averli sicuramente influenzati. Quali sono state le dimostrazioni di stima che vi hanno più colpito da parte sia di questi ospiti che di altri vostri colleghi?

«Le dimostrazioni di stima sono state diverse, le abbiamo collezionate nell’arco degli anni, ci hanno sempre molto inorgogliti. A partire da quello che voleva fare il cantautore, poi è venuto al nostro concerto al Palalottomatica e quando è tornato a casa ha cominciato a fare annunci in giro scrivendo “cerco band”. Più in generale, in diversi avevano cominciato a comporre musica in un certo modo e, attraverso il nostro esempio, hanno capito che la si poteva tentare alle proprie condizioni. Per tanti le canzoni di “Microchip emozionale” sono state degli inni della propria adolescenza, per cui le dimostrazioni di affetto sono state svariate e molto significative. Dopo più di vent’anni di carriera, molte sono le soddisfazioni che continuiamo a vivere, numerosi i traguardi che abbiamo collezionato, l’aver lasciato qualcosa a musicisti più giovani di noi dà ancora un senso in più a tutto quello che abbiamo fatto».

Considerando soprattutto le reazioni dei primi due brani giù divulgati, ossia “Aurora sogna” e “Il mio DJ”, come pensate verrà recepito questo lavoro dal vostro pubblico?

«L’album piacerà al nostro pubblico perché, al di là dei brani estrapolati, questo lavoro ha un percorso, alcuni pezzi sono semplicemente una rilettura live più energica rispetto alle versioni nate in studio in origine, altre canzoni sono delle rielaborazioni vere e proprie, ad esempio “Discolabirinto” con Cosmo o “Strade” con Coez. Tutti i brani aprono dei varchi per gli interventi creativi di ciascun ospite, abbiamo chiesto loro di scrivere e di aggiungere, sostituire delle parole che magari vent’anni fa, per quanto profetiche, potevano sembrare troppo storicizzate a quel momento, per cui sono state riaggiornate ad ora, per scoprire che quel determinato argomento è valido ancora oggi, per esempio la traccia di apertura “Sonde”. Sono sicuro che, alla fine, questo lavoro verrà compreso da tutti per la sua interezza».

C’è un brano in particolare che, dopo averlo ascoltato, vi ha fatto esclamare: “cavolo, è quasi venuto meglio dell’originale”?

«Mah, ce ne sono diversi, penso che un brano come “Perfezione” riserverà sicuramente delle sorprese alle persone che ci seguono, perché dopo vent’anni di ossigeno respirato sui palchi ha acquistato un sacco di energia, in più il contributo di Gemitaiz è particolarmente puntuale, al tempo stesso la cornice sonora che abbiamo creato attorno al suo intervento è una nostra risposta ad alcuni input della contemporaneità, interpretata con lo stesso spirito che avevamo utilizzato nel ’99».

Per concludere, dopo aver parlato del passato e del presente, in che direzione si dirigerà la vostra musica in futuro?

«In questo progetto ci siamo permessi di prendere un brano come “Il mio DJ” ed assimilarlo a quelli che sono alcuni canoni del groove attuale che ci stanno abbastanza incuriosendo, metabolizzandolo e restituendolo in maniera per noi inedita. Una chiave che può contrassegnare i Subsonica del futuro, anche perché il groove è uno dei nostri ingredienti di base».

© foto di Chiara Mirelli

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Nico Donvito

Appassionato di scrittura, consumatore seriale di musica italiana e spettatore interessato di qualsiasi forma di intrattenimento. Innamorato della vita e della propria città (Milano), ma al tempo stesso viaggiatore incallito e fantasista per vocazione.
Nico Donvito
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