sabato 12 Ottobre 2024

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Sulle tracce delle dive: Mia Martini – La cattiveria, il ritiro ed il ritorno

Il primo atto della carriera di una delle dive della canzone italiana più amate del nostro Paese

Ci sono opere e canzoni che sono destinate a durare nel tempo senza veder scalfita la propria forza originaria, ci sono artisti così avanti per la propria epoca da non riuscire a trovare una giusta collocazione, gemme rare che attraversano il tempo senza invecchiare mai, in una parola: immortali. Ci sono dive della voce, del look, della canzone che rimarranno per sempre tali.

E’ il 1982 e Mia Martini prende parte per la prima volta nella sua ormai quasi ventennale carriera al Festival di Sanremo con il brano E non finisce mica il cielo firmatole appositamente da Ivano Fossati. Sono passati dieci anni dal grande successo di ‘Padre davvero’, ‘Piccolo uomo’ e ‘Minuetto’ (qui la seconda parte della sua storia) e Mimì ha consolidato il proprio successo non solo in Italia ma anche in Europa e in tutto il mondo conquistando l’apprezzamento lusinghiero di un artista internazionale come Charles Aznavour che la volle al suo fianco in tour. Mia Martini è diventata un’artista di classe ed eleganza, spesso impegnata in progetti elevati e sperimentali che faticano a conquistare la scena nazionalpopolare anche a casa di un sempre crescente ostracismo da parte delle etichette discografiche, delle televisioni e delle radio nazionali che marchiano a fuoco il nome dell’interprete calabrese con l’apostrofo di “porta jella”.

L’approdo sul palco dell’Ariston è l’ultimo disperato tentativo di far tacere una volta per tutte le malelingue e di tornare con prepotenza ad incontrare il gusto del largo pubblico grazie ad una canzone capace di raccontare un amore commosso e commovente, un amore che malgrado si trovi sull’orlo di un precipizio nel quale è destinato a cadere ha comunque la forza di guardare avanti e alla propria vita:

E non finisce mica il cielo
anche se manchi tu
sarà dolore o è sempre cielo fin dove vedo

Gli sforzi, però, non sono sufficienti e malgrado il Festival di Sanremo crei appositamente per lei il Premio della critica, che in seguito alla sua scomparsa le sarà intitolato, e le vendite del brano siano degne di nota le maldicenze non accennano a fermarsi e, anzi, aumentano insieme al più ferreo degli ostracismi verso Mia Martini e la sua musica. Mimì dichiarò in seguito: “La mia vita era diventata impossibile. Qualsiasi cosa facessi era destinata a non avere alcun riscontro e tutte le porte mi si chiudevano in faccia. C’era gente che aveva paura di me, che per esempio rifiutava di partecipare a manifestazioni nelle quali avrei dovuto esserci anch’io”.

Sono anni di solitudine, di dolore e di totale lontananza dalle scene musicali. Anni in cui Mia paga non solo lo scotto di non poter più fare il proprio lavoro ma anche la difficile conclusione del più grande amore della sua vita (con Ivano Fossati) ed i difficili rapporti famigliari che continua ad avere.

La grande occasione arriva nel 1989 quando, grazie all’insistenza di Lucio Salvini e Gianni Sunjust, a Mia Martini viene proposto di tornare sul palco del Festival di Sanremo con quello che da allora diventerà il suo brano più famoso ed identificativo: Almeno tu nell’universo. La canzone, scritta da Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio, era rimasta nel cassetto per 17 anni ed aveva visto diversi artisti tentare di provinarla senza successo. Non senza difficoltà il nome di Mimì rientrò tra gli artisti in gara di quel Festival dove raggiunge il 9° posto finale ed il Premio della Critica. E’ un successone: Mimì è finalmente tornata.

Tu, tu che sei diverso
almeno tu nell’universo
un punto sei che non ruota mai intorno a me
un sole che splende per me soltanto
come un diamante in mezzo al cuore

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Ilario Luisetto

Creatore e direttore di "Recensiamo Musica" dal 2012. Sanremo ed il pop (esclusivamente ed orgogliosamente italiano) sono casa mia. Mia Martini è nel mio cuore sopra ogni altra/o ma sono alla costante ricerca di nuove grandi voci. Nostalgico e sognatore amo tutto quello che nella musica è vero. Meno quello che è costruito anche se perfetto. Meglio essere che apparire.