Alla scoperta del cantautore piemontese: prima parte
C’è chi il successo negli anni ’80 se lo è preso e se lo è goduto proponendo al pubblico prodotti facilmente assimilabili ma c’è anche chi ha saputo proporre la sua arte senza allentare o cambiare le proprie idee, sperimentando e a volte polemizzando, anche a costo di sembrare impopolare o andando contro tutti e tutto. Entra a far parte di questa categoria senza dubbio Alberto Fortis, cantautore classe ’55 originario di Domodossola con all’attivo attualmente 12 album in studio, 5 raccolte, 2 EP e 2 raccolte live.
Un artista eclettico, geniale e fuori dalle righe, che ha saputo narrare con acutezza temi differenti trattati in ambiti diversi e da più punti di vista, con la (giusta) consapevolezza di non dover spiegare nulla a nessuno.
Dopo un’infanzia passata nella sua città natale, ciò che colpisce del debutto del cantautore nel 1979 con il suo primo album omonimo pubblicato per Philips Records, è proprio la sua capacità di mischiare un sound fresco ed innovativo per l’epoca a testi sfacciati ed accattivanti, risultando assolutamente originale nella sua proposta.
Spiazzanti sono in questo senso i primi tre brani del LP: A voi romani, Milano e Vincenzo e Il Duomo di notte. Fortis attacca senza paura Roma e tutto quello che rappresenta, il potere discografico e politico, attirando verso di sè aspre polemiche che lo perseguiteranno, da lì in poi, per un lungo tratto della sua futura carriera. “E vi odio voi romani, io vi odio tutti quanti, brutta banda di ruffiani e di intriganti, camuffati bene o male, da intellettuali e santi, io vi odio a voi romani tutti quanti…”, così il cantautore esordisce sul mercato musicale, distaccandosi parecchio dal classico stile cantautorale del tempo e per questo spostando su di sè parecchie attenzioni.
Milano e Vincenzo diventerà invece un grande successo commerciale, grazie alla sua orecchiabilità unita a un tono polemico dedicato al discografico Vincenzo Micocci, con il quale poi lo stesso Fortis avrà modo di riappacificarsi parecchi anni dopo. C’è una narrazione continua nei lavori del cantautore che viene spezzata da immagini diverse, a tratti volutamente confuse e poco chiare.
L’artista colpisce e va a segno grazie alla drammaticità di pezzi come La sedia di Lillà, un vero e proprio gioiello dal punto di vista testuale, alla stravaganza di brani come Nuda e senza seno e alla capacità di toccare il cuore come in Sono contento di voi, il tutto contornato da un pacchetto di suoni confezionato per l’occasione (tra gli altri musicisti) dalla PFM. Un debutto clamoroso che verrà seguito, presto, da nuovi gioielli tutti da scoprire.
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