Il primo atto della carriera di uno dei più amati cantautori del nostro Paese
Ci sono opere e canzoni che sono destinate a durare nel tempo senza scalfire la propria forza, ci sono artisti così avanti per la propria epoca da non riuscire a trovare una giusta collocazione, gemme rare che attraversano il tempo senza invecchiare mai, in una parola: immortali.
Fra questi non può di certo mancare la figura di Lucio Dalla: cantautore, polistrumentista, attore, scrittore, sceneggiatore e molto altro, artista raffinato e sensibile, alla continua ricerca di nuovi stimoli e di nuove contaminazioni per esplorare la musica a 360°, senza mai allontanarsi dalle proprie amate origini. Un artista così grande e così produttivo da rendere impossibile la creazione di un preciso racconto lineare, né un’analisi esaustiva di tutte le sue opere.
È appena passata la mezzanotte del 31 dicembre 2019, siamo in una festa in un piccolo paese di provincia in Emilia Romagna, un locale modesto ma pieno di persone di varia età. Uomini e donne, ragazzi e signori, persino bambini, insomma, un po’ di tutto. L’anno è appena iniziato e, sarà per l’alcool che sgorga a fiumi, tra brindisi e bicchierate, si è creata un’atmosfera di allegria e condivisione. Ad un tratto: silenzio, la musica si ferma. Poi ricomincia, qualche nota di pianoforte e una voce che parte: “caro amico ti scrivo…” e da lì un immenso coro che parte sulle note di uno dei più grandi successi di Lucio Dalla. Nessuno si sta facendo gli affari suoi, nessuno sta pensando, stanno tutti cantando le parole di una canzone composta nel 1978, ormai più di quarant’anni fa.
C’è qualcosa nella musica di Lucio che ti fa venire voglia di volergli bene anche senza conoscerlo, sarà per il suo modo di presentarsi e di stare sul palco, sarà per la sua ironia o per la sua capacità di creare immagini struggenti che, come bei quadri, riescono nell’intento di descrivere il mondo senza la necessità di essere spiegate. Immagini che emozionano perché, come la musica stessa, sono di tutti. Sono di chi con la sua musica ci nasce, ci cresce e volte ci soffre, sono di chi, come chi sta scrivendo questo articolo, che per forza di cose l’ha dovuto scoprire anni dopo, rimanendo incantato dalla magia della sua arte.
Lucio Dalla nasce il 4 marzo 1943 a Bologna, un bambino molto attivo, da subito, così si dice, portato per l’arte dello spettacolo. Parte tutto da lì, dal suono di una fisarmonica grazie al quale il piccolo Lucio inizierà a muovere i suoi primi passi nel mondo della musica per passare poi al jazz, passione che lo porterà ad esibirsi in giro per l’Italia e, dopo una serie di amicizie, sorprese ed incontri, tra i quali spicca quello con il grande Gino Paoli, lo trasformerà in un vero e proprio cantante, pronto ad esordire nel 1964 con il suo primo 45 giri dal titolo Lei (non è per me)/Ma questa sera, contenente due cover di due brani in inglese tradotti per l’occasione dello stesso Gino Paoli e Sergio Bardotti.
Da quell’esordio tante parole e tante canzoni, spesso scritte e tradotte da altri spesso e da lui semplicemente interpretate, un lungo periodo (dal ’64 al ’70) in cui usciranno due album e in cui il cantautore parteciperà al Festival di Sanremo nel 1966 e nel 1967 rispettivamente con i brani Pafff… bum! (In abbinamento con gli Yardbirds) e Bisogna saper perdere (stavolta n abbinamento con i Rokes), senza tuttavia riuscire ad ottenere il successo sperato.
A modo mio avrei bisogno di carezze anch’io
Avrei bisogno di pregare Dio
Ma la mia vita non la cambierò mai mai
A modo mio quel che sono l’ho voluto io
Il buon Lucio però non si perde d’animo e sceglie nuovamente il Festival per promuovere la sua musica, stavolta siamo nel 1971 e il brano in gara è 4/3/1943, uno di quelli che diventerà, nel tempo, un autentico evergreen e che, nonostante i numerosi ostacoli di censura incontrati prima del Festival, risulterà un grande successo di critica e di pubblico, piazzandosi al terzo posto alla fine della kermesse e trainando al successo anche l’album Storie di casa mia, pubblicato nello stesso anno. Un successo che lo proietterà in una dimensione completamente nuova e che gli permetterà di vivere tutti gli anni ’70 da assoluto protagonista. Sempre in questi anni infatti l’artista bolognese si fa (ri)notare dal pubblico del Festival con il brano Piazza Grande, altro brano che diventerà uno dei pezzi-simbolo del cantautore, capace di descrivere il mondo di città grazie ad una interpretazione molto sentita.
Dal ’73 inizierà invece una proficua collaborazione con il poeta bolognese Roberto Roversi che porterà alla pubblicazione di tre album, prima dell’inizio di un nuovo periodo in cui sarà lo stesso Dalla a firmare il testo delle canzoni, oltre che la musica. Del periodo ’73 – ’77, dalla penna di Roversi e dal genio musicale di Dalla, nasceranno alcune perle d’autore in cui, oltre a mischiarsi generi e stili diversi, sarà la constante ricerca di nuovi livelli narrativi grazie ad una sperimentazione incessante. Vita, società e cambiamenti continui, sorretti dalle incredibili abilità da showman del cantautore che lo trasformeranno, da lì a poco, in uno dei personaggi più amati ed apprezzati all’interno del mondo dello spettacolo.
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