Da buon trevigiano quale sono non potevo mancare l’appuntamento con l’ormai tradizionale Festival Suoni di Marca giunto alla 27° edizione in una forma smagliante e quanto mai maestosa. Ogni serata per le quasi 3 settimane di durata della kermesse si esibiscono artisti grandi e piccoli, affermati ed emergenti, da ogni parte d’Italia proponendo live la loro musica davanti ad una cornice di pubblico sensibilmente importante.
Per la mia visita annuale quest’anno ho scelto di assistere al live di Francesco Gabbani, ultimo vincitore del Festival di Sanremo 2017 con il tormentone “Occidentali’s Karma“, anticipato, nel corso della serata dalla band Le Luci del Nord e da Maldestro, anche lui ultima scoperta del Festival ligure dove ha conquistato il secondo posto ed il premio della critica durante l’ultima edizione.
Ad aprire la serata live sono stati i ragazzi de Le Luci del Nord che hanno proposto il loro repertorio tra echi internazionali (Coldplay su tutti) ed un profondo sentore di rock nostrano che permette loro di risultare un interessante groviglio stilistico anche se conditi da una voce non sempre perfetta e pulita e da un sound non propriamente originale e identificativo.
Maldestro, accompagnato dalla colonna portante del maestro Maurizio Filardo, ha riportato il pubblico a calarsi in una dimensione d’intimità e di teatralità forse non troppo adatta ad una dimensione festivaliera estiva come quella dei “Suoni di Marca” dove la sua “Canzone per Federica” ha risuonato più pallida di quanto meriti rispetto all’ultima ed estiva “Abbi cura di te”. A nobilitare il suo show un grandissimo lavoro di musicalità e arrangiamento sopraffino curato da Filardo che, si sa, in queste cose conosce ogni segreto.
Arrivato sul finale, invece, Francesco Gabbani che tra una hit e l’altra ha fatto scatenare il numerosissimo pubblico presente accontentando grandi e piccini grazie alla scelta di una scaletta trasversale partita da “Magellano” e conclusasi con il bis di “Occidentali’s karma” passando per la cover sempre verde di Celentano, “Susanna”, l’ultimo tormentone estivo, “Tra le granite e le granate”, ed il successo dello scorso anno “Amen”.
Ad un’organizzazione non sempre perfetta e che non è riuscita a risparmiarsi qualche (meritato) fischio per intervalli decisamente troppo lunghi tra uno spettacolo e l’altro ha fatto da controbilanciamento l’estrosità e l’ironia dell’ormai celebre cantautore toscano capace di trascinare (non senza un’evidente sforzo fisico testimoniato dal grondante sudore) un pubblico letteralmente canterino dall’inizio alla fine. Non c’è che dire: Gabbani non è un improvvisato e, malgrado non sia più giovanissimo, è amato quanto i più freschi “ragazzini televisivi”.
Ilario Luisetto
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