A tu per tu con Maurizio Pinna, sound engineer e membro insieme a Daniele Piu dei The Encore
Un’amicizia storica che si trasforma in un imponente progetto artistico, questo e molto altro ancora sono i The Encore, duo di producer composto dal polistrumentista Daniele Piu e dall’ingegnere del suono Maurizio Pinna, che abbiamo incontrato per saperne di più sul loro ultimo progetto intitolato “No more chance”, brano che unisce il funky a sonorità tradizionali sarde, passando per la dance, il tutto impreziosito dalla prestigiosa presenza vocale di Neja, autrice anche del testo e della melodia.
Ciao Maurizio, partiamo naturalmente da “No more chance”, cosa rappresenta per te questo pezzo e com’è nata la collaborazione con Neja?
«Le nostre produzione partono sempre da un’idea di base, da una semplice chitarra suonata sul divano, da lì seguiamo le nostre emozioni in un processo molto spontaneo e naturale. Neja è un’artista che stimiamo da sempre perché ha una voce bellissima, grazie a questa collaborazione è nata anche un’amicizia. A livello umano e artistico è stato davvero un bell’incontro. Infine la canzone è stata mixata a Los Angeles da Sylvia Massy, il top degli ingegneri del suono, che ultimamente ha lavorato con System of a Down, Red Hot Chili Peppers, Lenny Kravitz e tanti altri».
C’è una veste precisa che avete voluto donare al brano dal punto di vista sonoro?
«Per nostra predisposizione naturale tendiamo a spostarci sempre su territori funky, che abbiamo voluto contaminare con la dance e con le sonorità tipiche della nostra amata Sardegna, utilizzando in questo caso le Launeddas. Abbiamo voluto giocare con questi tre mondi apparentemente distanti, ma che magicamente si sono intersecati alla perfezione».
Infatti, nel brano date grande spazio alla musica suonata, coinvolgendo professionisti italiani di fama internazionale. Com’è stato lavorare con loro?
«La nostra ricetta è proprio questa, concentrarci su sonorità più analogiche e meno digitali, io sono un sound engineer e Daniele un batterista professionista, sappiamo benissimo cosa significa utilizzare strumenti veri in studio. Per questa canzone abbiamo collaborato con fior fior di musicisti, al basso è intervenuto il grande Federico Malaman, le Launeddas sono state registrate da Andrea Pisu, le trombe da Tiziano Cannas e le chitarre da me e da Fabrizio Cossu. Che dire? Un team davvero vincente».
Quali innovazioni ha questo brano rispetto al precedente singolo “Fall into the deep”, rilasciato lo scorso gennaio?
«“Fall into the deep” è stata una produzione realizzata con Flavia Laus, una nostra carissima amica e deejay di professione, un primo approccio un po’ più soft a quello che è l’identità dei The Encore. Con “No more chance”, invece, abbiamo messo maggiormente a fuoco chi siamo. A tal proposito stiamo già preparando un nuovo progetto, previsto per il periodo natalizio, che proseguirà sulla stessa direzione di questi due pezzi, ma ancora più forte a livello espressivo, stiamo cercando di lanciare il nostro messaggio piano piano».
Chi sono i The Encore? Come descriveresti il vostro progetto?
«I The Encore sono due produttori, amici di vecchia data, cresciuti insieme in studio e che hanno voglia di far sentire le proprie canzoni, con l’obiettivo di realizzare un album. Avendo a che fare con diversi artisti e musicisti, non è facile metterli tutti insieme nello stesso momento, i tempi sono necessariamente più lunghi, questo ci permette di fare delle scelte ponderate e molto accurate».
Quanto contano per voi le collaborazioni artistiche?
«Sono fondamentali, perché ti aiutano cresce a livello tecnico e a capire in quale direzione andare, allargando i propri orizzonti sonori. Ogni incontro è un arricchimento, anche quello apparentemente meno scontato, impari molto dagli artisti che sono più distanti dal tuo mondo».
Con quale spirito vi affacciate al mercato e come valutate il livello generale dell’attuale settore discografico?
«Guarda, l’attuale settore discografico è difficile da giudicare, stanno uscendo tante cose, forse troppe, c’è davvero molta confusione. I The Encore hanno deciso di non seguire alcuna logica discografica, altrimenti perderebbero il reale fascino del loro progetto, l’obiettivo è quello di donare al pubblico della musica che possa rimanere nel tempo, lanciando messaggi e cercando di emozionare più persone possibili. Seguendo troppo il mercato si corre il rischio di realizzare qualcosa di già sentito, la cosiddetta pappa pronta, cadendo in una trappola e finendo per lavorare per il sistema più che per il pubblico».
Da musicista, cosa ne pensi del fenomeno trap, un genere che di suonato ha ben poco?
«Amo tutti i generi musicali, a livello di sound, apprezzo meno la mancanza di messaggi che, in fenomeni come la trap, sono una caratteristica purtroppo predominante. La trap è figa, personalmente mi piacciono i suoni belli spinti, compatti e sintetici, per il mestiere che faccio mi aiuterebbe molto aprirmi anche a questo tipo di sonorità, per avere un risultato più pulito, perché gli strumenti hanno il loro fascino ma sporcano. In “No more chance” non c’è autotune, la voce di Neja non ha bisogno di essere processata perché è già ultra intonata, mentre per gli strumenti, inizialmente, la batteria era stata editata per ottenere un sound molto dritto, ma ci siamo resi conto che il pezzo non girava. L’ultimo giorno abbiamo deciso di registrare nuovamente la batteria senza editarla, accorgendoci che il time umano, quelle piccole imperfezioni dettate dal nostro battito cardiaco, ci è molto più familiare di un metronomo elettronico che riproduce lo stesso identico bit».
Se potessi scegliere un’epoca del passato, quale decennio sarebbe più vicino al tuo modo di intendere la musica?
«Gli anni ’80, senza alcun dubbio. Il puro rock dei Mr. Big, i primi mix e il primo approccio dal lato tecnico in studio, è tutto nato da quel momento storico e, secondo me, stiamo tornando verso quella direzione. Sono stati gli anni più intensi per le band, dal punto di vista sia della produzione che della sperimentazione».
Alla luce di tutto quello che ci siamo detti, per concludere, quale messaggio vorreste trasmettere al pubblico, oggi, attraverso la musica dei The Encore?
«Quello che vorremmo trasmettere ai ragazzi è ascoltare musica per ricevere un messaggio, non per seguire la moda di un momento perché fa figo, tornate ad emozionarvi con le canzoni, così facendo le porterete con voi per sempre. Abbiate cura delle vostre orecchie, seguire il genere che più sentite vicino al vostro modo di vivere, che sia il funky, la trap, il pop, il rock, ecc ecc. Basta che vi lasci dei contenuti, più o meno importanti, non accontentatevi di tutto ciò che passa in radio, cercate in giro ciò che più vi identifica rendendovi unici e speciali».
Nico Donvito
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