venerdì, Aprile 19, 2024

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Timothy Cavicchini: “La musica che sogno è libertà” – INTERVISTA

Intervista al cantautore che presenta il suo “Nudi e perpendicolari

Fare musica liberamente oggi è una vera e propria impresa, una prova che in tanti tentano ma che in pochissimi hanno la forza d’animo (e non solo) di portare avanti per tanti anni. Timothy Cavicchini e gli Ostetrika Gamberini sono, però, sicuramente due solide realtà che negli ultimi anni hanno incrociato le loro strade dando un senso al proprio percorso rimboccandosi più e più volte le maniche nel nome della musica. Risultato ne è stato l’ottimo Nudi e perpendicolari, il loro primo album d’inediti uscito lo scorso maggio e che li presenta al pubblico come la più promettente e riuscita realtà pop-rock italiana nell’ambito degli emergenti indipendenti. Ecco la nostra intervista al leader e cantautore veneto che ci racconta il suo presente gettando anche uno sguardo verso il futuro:

Allora Timothy, intanto volevo chiederti come stai e come hai passato quest’estate particolarmente ricca per te ed i tuoi progetti

<<La figata dell’estate è che non lascia mai il tempo di pensare a niente per quanto scorre veloce. E’ stata una bella estate e, dopo tanti anni, io ed i miei compagni abbiamo avuto, finalmente, l’impressione di aver vissuto un’estate completa: non solo un gran numero di date ma davvero tanta varietà. Quest’anno siamo riusciti a girare l’Italia facendo quello che volevamo fare da qualche tempo. E’ difficilissimo per noi spostarsi al di sotto di Bologna perchè cambiano i cachet oltre che le spese ma quest’anno ce l’abbiamo fatta toccando addirittura la Sardegna e programmando già delle date per l’anno prossimo>>.

Lo scorso maggio è uscito il vostro album Nudi e perpendicolari (di cui qui la nostra recensione), un lavoro che arriva dopo un paio d’anni di intenso lavoro e di un singolo dopo l’altro lanciato in radio per arrivare a questa pubblicazione più organica. Che disco è per te questo e che valore ha?

<<Questo album è un travaglio, ti dico la verità, nel senso che tutto il piacere che ne deriva non sarà mai abbastanza per colmare le difficoltà incontrate per realizzarlo. E’ stato un tale sacrificio riuscire a pubblicare questo disco che nulla potrebbe restituirne un compenso pari. Quando non hai un’etichetta, quando non hai uno studio in cui non registrare tutto diventa molto difficile. La soddisfazione per esserci riusciti non è mai abbastanza: non voglio peccare di presunzione ma, purtroppo, è la verità. Fare un disco oggi richiede di uscire totalmente dal mondo musicale: io ho frequentato per 6 anni il conservatorio ma nessuno lì mi ha mai insegnato come fare un disco. Senza parlare, poi, delle difficoltà per la comunicazione ed il managment dove ogni servizio è legato ad un pagamento difficilmente sostenibile da chi, come noi, è del tutto indipendente ed autofinanziato>>.

Negli ultimi anni sempre di più si assiste alla tendenza del mercato musicale di astrarsi: le canzoni diventano un bene liquido, immateriale facendo perdere di valore gli album ed i dischi fisici. Per quanto ti riguarda il disco ha ancora il suo antico valore? Anche alla luce di tutto il sacrificio compiuto per realizzare il tuo disco…

<<Io sono figlio degli anni ’90 e per me l’apice di un percorso, indipendentemente dall’essere o no una band, è l’album. La musica è un viaggio che si corona soltanto con un disco che, nel nostro caso, era voluto da me, dalla band, dalla gente che ci ha sempre sostenuto e che per farcelo realizzare ha investito quanto noi per mezzo di una campagna su MusicRaiser. La cosa che mi ha dato davvero tanta soddisfazione è il fatto che in molti addetti ai lavori mi hanno fatto i complimenti per i suoni nuovi che abbiamo scelto di adottare. Il nostro non essere musicalmente uniformati a niente e nessuno oggi giorno paga: quando ci fu l’avvento di Francesco Silvestre dei Modà tutto suonava uguale secondo il suo stile come oggi succede con Tommaso Paradiso dei Thegiornalisti. Nessuno, o quasi, segue ciò che davvero gli piace: ci si limita a seguire delle tendenze, delle mode di suoni che magari non ci appartengono. E’ un qualcosa di devastante per la musica vera oggi. Io ho scelto di non uniformarmi ma non perchè voglio fare il figo ma perchè, materialmente, non sapevo come ricreare quei suoni pieni che oggi funzionano tanto e quindi ho creato una sorta di suono glam italiano-rock che funziona>>.

E le soddisfazioni, tutto sommato, sono arrivate

<<Si certo. Siamo stati anche 18° nella classifica emergenti di Spotify (1° tra gli indipendenti) ma è una soddisfazione che può arrivare a me: i miei musicisti non sono dei ragazzini, a loro non interessa sapere come funziona Spotify ma vanno a vedere quanti dischi abbiamo venduto. Ti dico la verità: se devo continuare con questa vita, tempo due anni e cambio lavoro perchè tutto quello che guadagno è investito nelle nostre rispettive famiglie e sul nostro lavoro insieme. I cachet si abbassano sempre di più ed è sempre più difficile mantenerli alti perchè dovrei andare in televisione ogni tre mesi per tenere alta l’attenzione ma ho scelto di lasciare quel mondo che mi stava allontanando dalla mia musicalità. Ad oggi, con un album in mano, non so se la scelta compiuta sia quella giusta perchè imporre ad una cover band storica un frontman che propone musica propria è un esperimento che in Italia non è mai stato fatto e che non è detto funzioni anche perchè nei locali oggi non ti chiamano per suonare le tue cose altrimenti la gente si annoia non conoscendo i brani. A nessuno gliene frega nulla della tua musica. La soluzione che sto trovando è l’acustico che mi permette, attualmente, di presentare il mio album ovunque>>.

Faresti un altro album ad oggi?

<<Ti dico la verità: per salvaguardare il bene di tutti lo farei da solo. Quattro musicisti di oltre 40 anni che da un sacco di tempo non ricevono quanto meriterebbero perdono lo stimolo e non sentono la necessità di spostarsi dallo spettacolo della storia del rock che propongono in giro per l’Italia con tanto successo. La mia band mi ha dato tanto e mi da tanto ma oggi è davvero difficile riuscire a vivere di musica in questo modo>>.

All’interno dell’album ci sono 11 tracce, tutte diverse ma anche tutte accomunate da un qualcosa, da un’essenza particolare. Quale credi sia il tratto distintivo della tua musica in questo disco ed in generale?

<<Il minimo comun denominatore di tutta la musica è la libertà e la storia che la lega. Questo disco in particolare è un racconto: un brano non potrebbe mai starsene da solo senza il supporto di tutti gli altri. Anche per questo c’era questa necessità di pubblicare un album. Ti rubo gli occhi è un bel singolo ma non sta in piedi da solo perchè non sono scritti per diventare delle hit ma per raccontare un qualcosa. Oggi per funzionare occorre scendere a compromessi mentre, invece, io ho iniziato a fare musica perchè mi trasmetteva un senso di libertà>>.

Parliamo di futuro guardando sempre positivamente avanti. Cosa ti aspetta nei prossimi mesi?

<<Mah, oltre a spero tante date live il 2018/2019 saranno dei mesi in cui penserò molto a me portando avanti dei nuovi progetti unilaterali ma pur sempre musicali. Non è una scelta egoista ma voglio pensare a me per il gusto di pensare al futuro mio e, contemporaneamente, anche di tutti gli altri miei compagni>>.

Se dovessi definire che cos’è il rock come lo faresti?

<<Il rock non è più nella musica, non è più la Fender. Il rock, forse, è quello di cui abbiamo parlato finora: è avere il coraggio fare scelte pericolose ma coerenti. Per me, forse, il rock è stato abbandonare Universal o dire chiaramente a Lorenzo Suraci che non volevo essere il nuovo cantante dei Dear Jack>>.

Timothy Cavicchini - Nudi e perpendicolariTe lo chiedo perchè, qualche giorno fa, Ornella Vanoni, in un’intervista a Vanity Fair, ha detto che il rock in Italia non esiste e che solo Vasco Rossi e Gianna Nannini sono rock ma lo sono per carattere

<<Sono assolutamente d’accordo. Ci sono ancora delle grandi personalità rock ma la musica rock è un’altra cosa anche se oggi dire ‘rock’ fa tendenza. Ad oggi se tu mi dici rock io non penso più alla musica, non ne è rimasto nemmeno più l’alone>>.

Abbiamo chiesto ad alcuni tuoi fan di farti delle domande per nostro tramite. Ne abbiamo selezionate tre che ci sembravano più interessanti. La prima di queste ti chiede se ti piacerebbe impegnarti anche in altri settori dell’arte oltre che in quello musicale visto e considerato che hai curato anche la realizzazione dei tuoi ultimi videoclip

<<Già lo faccio, in realtà. Mi piace tantissimo il mondo del cinema e, seguendo alcuni giovani registi emergenti, mi son reso conto che è un modo addirittura più complicato di quello della musica. Mi piacerebbe un sacco intraprendere un percorso nel cinema mettendomi alla prova davanti alla macchina da presa>>.

La seconda domanda che ci è arrivata, invece, ci riporta alla musica, in particolare, al Festival di Sanremo rispetto al quale ci fu, se ben ricordo, un tentativo qualche anno fa. Ecco, oggi, avresti ancora voglia di salire sul palco dell’Ariston?

<<Si, assolutamente. In realtà i tentativi furono due, nel 2015 e nel 2016. La prima volta tentammo con un pezzo bellissimo di Saverio Grandi, Ti sto ancora cercando, che poi è stato inserito nell’album degli Stadio che il Festival, poi, lo vinsero. Nel 2016 mi ripresentai, sotto l’etichetta di Rtl, con All’infinito, un brano curato con Pio Stefanini e Diego Calvetti. Mi è rimasto un po’ d’amaro ma, se un giorno dovessi ripresentarmi, proporrei probabilmente qualcosa di completamente diverso, un pezzo che non voglia impormi>>.

La terza ed ultima domanda, invece, ci chiede del futuro e, quindi, dei nuovi progetti

<<Sto già lavorando a qualcosa di nuovo come dicevamo prima ma per un nuovo album è ancora parecchio presto perchè mi piace pensare che di un disco debbano arrivare in radio come singoli almeno 8 brani. Attualmente ne ho estratti 5 per cui un po’ di tempo passerà prima di voltare pagina. Di sicuro vorrei lanciare Disteso sui miei guai con un videoclip a cui sto già pensando>>.

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Ilario Luisetto

Creatore e direttore di "Recensiamo Musica" dal 2012. Sanremo ed il pop (esclusivamente ed orgogliosamente italiano) sono casa mia. Mia Martini è nel mio cuore sopra ogni altra/o ma sono alla costante ricerca di nuove grandi voci. Nostalgico e sognatore amo tutto quello che nella musica è vero. Meno quello che è costruito anche se perfetto. Meglio essere che apparire.
Ilario Luisetto
Ilario Luisetto
Creatore e direttore di "Recensiamo Musica" dal 2012. Sanremo ed il pop (esclusivamente ed orgogliosamente italiano) sono casa mia. Mia Martini è nel mio cuore sopra ogni altra/o ma sono alla costante ricerca di nuove grandi voci. Nostalgico e sognatore amo tutto quello che nella musica è vero. Meno quello che è costruito anche se perfetto. Meglio essere che apparire.