La playlist dei brani che possiamo tranquillamente non portare con noi nel 2019 e che vorremmo dimenticare al più presto, anche con l’ausilio di superalcolici
Se a Natale siamo tenuti ad essere tutti obbligatoriamente più buoni, per la fine dell’anno possiamo toglierci la maschera e pure qualche sassolino dalla scarpa, lasciandoci andare a riflessioni sincere e poco politically correct. In attesa della rituale lista dei 100 singoli più belli del 2018, abbiamo pensato di raccogliere quelli che… insomma, come dire, anche no! Ecco a voi i dieci pezzi “diversamente belli” degli ultimi dodici mesi, rigorosamente in ordine sparso, anche perché sarebbe a dir poco impossibile stilarne una classifica.
“Mmh ha ha ha“: direttamente dal “fantastico mondo” del web fa la sua comparsa Young Signorino, al secolo Paolo Caputo, diventato nel giro di poche settimane un vero e proprio fenomeno (da baraccone?) grazie al suo stile bizzarro e fuori dagli schemi. Provocatore nato, si definisce il Marilyn Manson italiano, anzi, praticamente un suo stretto parente, visto che dichiara di essere figlio di Satana.
Genio o giullare, l’opinione pubblica si è letteralmente spaccata in due. Dalla sua c’è da dire che questo onomatopeico singolo e il relativo videoclip hanno fatto incetta di views, arrivando ad ottenere 25 milioni di visualizzazioni, numeri che farebbero girare la testa persino a Favij, iPantellas, Enzuccio e tutti gli altri youtuber messi insieme, compreso “Saluta Andonio”.
https://youtu.be/K9bf4PT-aEk
“British“: per settimane ci siamo chiesti se ci sia o meno vita dopo la “trap” (qui la nostra rubrica), la Dark Polo Gang è la risposta confusa a questa domanda. Al secolo Tony Effe, Wayne Santana e Dark Pyrex, la poetica del gruppo romano viene fuori in tutto il suo nonsense, a suon di “hei hei, wo wo” e parolacce messe a caso solo perché “fa figo”.
La certificazione disco di platino resta un mistero: non riesco a immaginare come un brano del genere possa essere “acquistato” da 50.000 persone, capisco le visualizzazioni o gli stream gratuiti, ma che qualcuno spenda del denaro per ascoltare gente che finge di parlare al cellulare mettendosi una scarpa da ginnastica all’orecchio… francamente non riesco a crederci!
“Pem Pem“: la notizia è che anche noi abbiamo la nostra Paris Hilton, come se la discografia italiana non avesse già altri problemi. Per Elettra Lamborghini è arrivato il momento di far vedere quello che è capace di fare, ossia agitare ogni singolo muscolo del corpo a tempo di reggaeton su note e parole messe a caso.
Il messaggio che ne viene fuori è il seguente: se hai una somma ingente di denaro sul tuo conto in banca puoi davvero permetterti di tutto, persino giocare a fare la Rihanna felsinea o la Nicki Minaj della bassa Emilia, ed ecco come il rispetto per la razza umana va a farsi friggere con estrema nonchalance. In fondo, la vita non è altro che una valle sconfinata di “perchè?!”.
“Déjà vu“: un tempo l’autotune veniva utilizzato da Cher per cantare “Believe”, oggi viene adottato da Biondo anche quando canta sotto la doccia, sinonimo dei tempi che cambiano. Il pezzo in sé non è malvagio, perché richiama in qualche modo i ritornelli semplici e piuttosto basic dei brani dello Zecchino d’oro, ripetuto a oltranza fino alla nausea, con annesse moine e slogheggi vari. Scegliere quale inserire tra questa e “Roof garden” è stata una bella lotta.
“Ragazza di periferia“: la trap ha dominato (e forse un po’ rovinato) questo 2018, ne sa qualcosa Anna Tatangelo che ha deciso di rivisitare uno dei suoi cavalli di battaglia insieme ad Achille Lauro, due universi paralleli che avrebbero potuto non incontrarsi e che, per uno strano scherzo del destino, orbitano nella stessa rotta sonora.
Lady Tata risulta in grande spolvero vocale, interessante la produzione di Boss Doms, ma il trapper romano non sa proprio cantare… nonostante la massiccia dose di effettistica, al punto che alcuni versi introdotti sono totalmente incomprensibili all’orecchio dell’uomo, un po’ come i versi che fanno di delfini. Parlare di omicidio colposo di una delle canzoni più importanti del repertorio dell’interprete ciociara potrebbe essere prematuro, bisognerebbe almeno aspettare i canonici tre gradi di giudizio. Per il momento, possiamo limitarci a definire questa nuova versione emotivamente distante anni luce da quella originale.
“Aria latina“: non solo la trap ha il potere immaginifico di distruggere una bella canzone, diteglielo a Marcella Bella, icona della nostra musica leggera che si è sempre messa in mostra per la propria poliedricità artistica, riuscendo a passare con estrema nonchalance da un disco prodotto da Malgioglio a uno realizzato da Mario Biondi. Accettabile seppur discutibile un brano come “Femmina bella”, pur che sia inedito e non vada a stravolgere il proprio passato musicale.
Le contaminazioni sono spesso stimolanti se orientate verso qualcosa di inedito, riarrangiare troppo un brano già esistente rappresenta sempre un’arma a doppio taglio, soprattutto se si va a modificare il testo e, di conseguenza, a scombussolare il senso profondo della canzone.
“Dolor de cabeza“ – Non basta il featuring internazionale con i CNCO, per trasformare il giovane Riki in Ricky Martin. Ammettiamolo, il brano non è stato trasmesso nemmeno nei bungalow dei villaggi turistici low cost, probabilmente perché scimmiotta un genere che non ci appartiene, perlopiù cantato in una lingua diversa dalla nostra.
Se il mercato 2017 lo ha visto protagonista, quello del 2018 sembra già essersi voltato da un’altra parte, per questo motivo possiamo parlare di una sprecata occasione di rilancio, in cuor nostro gli auguriamo il meglio per il 2019, attendendo il suo ritorno con curiosità. Per il momento, più che “dolor de cabeza” sembrano piuttosto “dolor de panza”.
“Danzando danzando“: La musica pop e il trash sono due dimensioni parallele che spesso entrano in contatto tra loro e ci regalano momenti di inenarrabile gioia. Il buon Cristiano Malgioglio è passato dall’amore platonico a sfondo extra-coniugale di “Mi sono innamorato di tuo marito” al fugace e caliente ratto di un certo Fernando, che non è dato sapere chi sia.
In quarantacinque anni di onorata carriera, l’artista ha composto brani entrati di diritto nella storia della musica, anche se ultimamente si fatica a crederlo. Insomma, come finire in prigione senza passare dal via.
“Arrivedorci“: se l’intento degli Elio e le storie tese era quello di realizzare un brano brutto brutto giusto per ottenere l’ambito ultimo posto al Festival di Sanremo, beh.. allora hanno centrato il loro obiettivo. Un brano non all’altezza della situazione, soprattutto se consideriamo il loro ritiro, che ha meritato il ruolo di fanalino di coda e che abbiamo tutti già abbondantemente dimenticato.
“Popopopo“: concludiamo la nostra lista dei brani da dimenticare del 2018 con la sigla dell’ultimo Sanremo che, stando ad alcuni rumors, pare essere stata confermata pure per il prossimo. Firmata da Claudio Baglioni in persona, la canzone ci fa rimpiangere il “parapapappapa pa rà” composta dal compianto Maestro Pippo Caruso, quello sì che era un jingle interessante.
Nico Donvito
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