giovedì 21 Novembre 2024

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Una canzone per te: dentro il testo di “Titanic” di Francesco De Gregori

Entriamo dentro il testo di una canzone

Nuovo appuntamento con “Canzone per te”, la rubrica che ogni settimana ti porta alla scoperta di una canzone diversa, cercando di capire il significato e il messaggio che vuole trasmettere attraverso la sua musica e le sue parole.
La canzone protagonista di questa settimana è “Titanic” di Francesco De Gregori; si tratta del singolo facente parte dell’omonimo album pubblicato nel 1982, all’interno del quale sono contenuti altri due brani dedicati all’affascinante quanto controversa vicenda del transatlantico britannico (“L’abbigliamento di un fuochista” e “I muscoli del capitano”).

Titanic” è senza ombra di dubbio una canzone a forte impatto sociale che affronta un tema alquanto delicato e complesso: quello della differenza in classi sociali. Sebbene il testo sia riferito all’epoca storica che vide il transatlantico come protagonista indiscusso dei mari (stiamo parlando del 1912), questo sembra calzare perfettamente anche sulla società odierna.

Senza dubbio, nel corso di questi anni, l’umanità è stata in grado di evolversi e di compiere diversi passi in avanti, ma alcune problematiche relative a quel periodo sembrano non scalfirsi nemmeno con il passare del tempo.

Il testo si apre con parole semplici ma efficaci che ci fanno comprendere sin dall’inizio le divisioni sociali presenti sulla nave e, di conseguenza, nella società (“la prima classe costa mille lire, la seconda cento, la terza dolore e spavento”). È possibile comunque trovare innumerevoli altri riferimenti riguardanti queste divisioni (“in prima classe voglio viaggiare su questo splendido mare” e “a noi cafoni ci hanno sempre chiamati”). Questo parallelismo tra “ricchi” e “poveri” prosegue per l’intera durata del brano e la differenza tra classi sociali viene posta sempre in maggior evidenza e rilievo.

Nell’analizzare la canzone, però, dobbiamo ricordare alcuni punti salienti della vicenda del Titanic. Questo transatlantico era partito il 10 aprile 1912 da Southampton, in Inghilterra ed era diretto a New York (dopo aver fatto tappa in Francia ed Irlanda). Il suo viaggio fu purtroppo interrotto da un iceberg urtato la notte del 14 aprile 1912.
La nave era suddivisa in tre diverse classi, ovviamente contraddistinte da prezzi e servizi molto differenti tra loro. Su di essa vi erano circa 2200 passeggeri, di cui 790 di terza classe.

Questa breve digressione è utile per capire le diverse finalità con cui i passeggeri si recavano in America. I passeggeri di prima classe vedevano nel Titanic un hotel di lusso galleggiante, mentre quelli di terza classe vedevano in questo gigantesco transatlantico una possibilità per costruire una nuova vita, possibilmente più prosperosa e felice. De Gregori sottolinea proprio questo parallelismo che, più che mai, pone l’accento sulla netta divisione sociale (“per noi ragazze di prima classe che per non sposarci si va in America” e “per noi ragazzi di terza classe che per non morire si va in America”).

Ovviamente all’interno del testo sono presenti anche riferimenti al progresso umano e tecnologico (“riceveva messaggi d’auguri in quasi tutte le lingue del Mondo. Comunicava tra Vienna e Chicago in poco meno di un secondo”) e all’iceberg che segnò la fine dei sogni e delle speranze di molti passeggeri (“e con il ghiaccio dentro al bicchiere faremo un brindisi tintinnante” e “ci sembra quasi che il ghiaccio che abbiamo nel cuore piano piano si vada a squagliare”).

Insomma, un grande brano ad opera di un immenso artista che ha scritto pagine indelebili per la musica italiana e che, attraverso la metafora del Titanic, ha messo in luce diverse problematiche della società del tempo che, ancora oggi, persistono con la medesima forza.

Testo |

La prima classe costa mille lire

la seconda cento, la terza dolore e spavento

E puzza di sudore dal boccaporto

e odore di mare morto

Signor Capitano mi stia a sentire

ho belle e pronte le mille lire

in prima classe voglio viaggiare

su questo splendido mare.

Ci sta mia figlia che ha quindici anni

ed a Parigi ha comprato un cappello

se ci invitasse al suo tavolo a cena stasera come sarebbe bello.

E con l’orchestra che ci accompagna

con questi nuovi ritmi americani

saluteremo la Gran Bretagna col bicchiere tra le mani

e con il ghiaccio dentro al bicchiere

faremo un brindisi tintinnante

a questo viaggio davvero mondiale

e a questa luna gigante.

Ma chi l’ha detto che in terza classe

che in terza classe si viaggia male

questa cuccetta sembra un letto a due piazze

ci si sta meglio che in ospedale.

A noi cafoni ci hanno sempre chiamati

ma qui ci trattano da signori

che quando piove si può star dentro

ma col bel tempo veniamo fuori

Su questo mare nero come il petrolio

ad ammirare questa luna metallo

e quando suonano le sirene

ci sembra quasi che canti il gallo

Ci sembra quasi che il ghiaccio che

abbiamo nel cuore piano piano

si vada a squagliare in mezzo al fumo

di questo vapore di questa vacanza in alto mare

E gira gira gira gira l’elica e gira gira che piove e nevica

per noi ragazzi di terza classe

che per non morire si va in America.

E il marconista sulla sua torre

le lunghe dita celesti nell’aria

Trasmetteva saluti e speranze

per questa crociera straordinaria

E riceveva messaggi d’auguri

in quasi tutte le lingue del mondo

comunicava tra Vienna e Chicago

in poco meno di un secondo.

E la ragazza di prima classe

innamorata del proprio cappello

quando la sera lo vide ballare lo trovò subito molto bello.

Forse per via di quegli occhi di ghiaccio

così difficili da evitare

pensò “Magari con un po’ di coraggio

prima dell’arrivo mi farò baciare”

E com’è bella la vita stasera

tra l’amore che tira e un padre che predica

per noi ragazze di prima classe

che per sposarci si va in America

per noi ragazze di prima classe

che per sposarci si va in America