Entriamo dentro il testo di una canzone
Nuovo appuntamento con “Canzone per te”, la rubrica che ogni settimana ti porta alla scoperta di una canzone diversa, cercando di capire il significato e il messaggio che vuole trasmettere attraverso la sua musica e le sue parole.
La canzone protagonista di questa settimana è “Titanic” di Francesco De Gregori; si tratta del singolo facente parte dell’omonimo album pubblicato nel 1982, all’interno del quale sono contenuti altri due brani dedicati all’affascinante quanto controversa vicenda del transatlantico britannico (“L’abbigliamento di un fuochista” e “I muscoli del capitano”).
“Titanic” è senza ombra di dubbio una canzone a forte impatto sociale che affronta un tema alquanto delicato e complesso: quello della differenza in classi sociali. Sebbene il testo sia riferito all’epoca storica che vide il transatlantico come protagonista indiscusso dei mari (stiamo parlando del 1912), questo sembra calzare perfettamente anche sulla società odierna.
Senza dubbio, nel corso di questi anni, l’umanità è stata in grado di evolversi e di compiere diversi passi in avanti, ma alcune problematiche relative a quel periodo sembrano non scalfirsi nemmeno con il passare del tempo.
Il testo si apre con parole semplici ma efficaci che ci fanno comprendere sin dall’inizio le divisioni sociali presenti sulla nave e, di conseguenza, nella società (“la prima classe costa mille lire, la seconda cento, la terza dolore e spavento”). È possibile comunque trovare innumerevoli altri riferimenti riguardanti queste divisioni (“in prima classe voglio viaggiare su questo splendido mare” e “a noi cafoni ci hanno sempre chiamati”). Questo parallelismo tra “ricchi” e “poveri” prosegue per l’intera durata del brano e la differenza tra classi sociali viene posta sempre in maggior evidenza e rilievo.
Nell’analizzare la canzone, però, dobbiamo ricordare alcuni punti salienti della vicenda del Titanic. Questo transatlantico era partito il 10 aprile 1912 da Southampton, in Inghilterra ed era diretto a New York (dopo aver fatto tappa in Francia ed Irlanda). Il suo viaggio fu purtroppo interrotto da un iceberg urtato la notte del 14 aprile 1912.
La nave era suddivisa in tre diverse classi, ovviamente contraddistinte da prezzi e servizi molto differenti tra loro. Su di essa vi erano circa 2200 passeggeri, di cui 790 di terza classe.
Questa breve digressione è utile per capire le diverse finalità con cui i passeggeri si recavano in America. I passeggeri di prima classe vedevano nel Titanic un hotel di lusso galleggiante, mentre quelli di terza classe vedevano in questo gigantesco transatlantico una possibilità per costruire una nuova vita, possibilmente più prosperosa e felice. De Gregori sottolinea proprio questo parallelismo che, più che mai, pone l’accento sulla netta divisione sociale (“per noi ragazze di prima classe che per non sposarci si va in America” e “per noi ragazzi di terza classe che per non morire si va in America”).
Ovviamente all’interno del testo sono presenti anche riferimenti al progresso umano e tecnologico (“riceveva messaggi d’auguri in quasi tutte le lingue del Mondo. Comunicava tra Vienna e Chicago in poco meno di un secondo”) e all’iceberg che segnò la fine dei sogni e delle speranze di molti passeggeri (“e con il ghiaccio dentro al bicchiere faremo un brindisi tintinnante” e “ci sembra quasi che il ghiaccio che abbiamo nel cuore piano piano si vada a squagliare”).
Insomma, un grande brano ad opera di un immenso artista che ha scritto pagine indelebili per la musica italiana e che, attraverso la metafora del Titanic, ha messo in luce diverse problematiche della società del tempo che, ancora oggi, persistono con la medesima forza.
Testo |
La prima classe costa mille lire
la seconda cento, la terza dolore e spavento
E puzza di sudore dal boccaporto
e odore di mare morto
Signor Capitano mi stia a sentire
ho belle e pronte le mille lire
in prima classe voglio viaggiare
su questo splendido mare.
Ci sta mia figlia che ha quindici anni
ed a Parigi ha comprato un cappello
se ci invitasse al suo tavolo a cena stasera come sarebbe bello.
E con l’orchestra che ci accompagna
con questi nuovi ritmi americani
saluteremo la Gran Bretagna col bicchiere tra le mani
e con il ghiaccio dentro al bicchiere
faremo un brindisi tintinnante
a questo viaggio davvero mondiale
e a questa luna gigante.
Ma chi l’ha detto che in terza classe
che in terza classe si viaggia male
questa cuccetta sembra un letto a due piazze
ci si sta meglio che in ospedale.
A noi cafoni ci hanno sempre chiamati
ma qui ci trattano da signori
che quando piove si può star dentro
ma col bel tempo veniamo fuori
Su questo mare nero come il petrolio
ad ammirare questa luna metallo
e quando suonano le sirene
ci sembra quasi che canti il gallo
Ci sembra quasi che il ghiaccio che
abbiamo nel cuore piano piano
si vada a squagliare in mezzo al fumo
di questo vapore di questa vacanza in alto mare
E gira gira gira gira l’elica e gira gira che piove e nevica
per noi ragazzi di terza classe
che per non morire si va in America.
E il marconista sulla sua torre
le lunghe dita celesti nell’aria
Trasmetteva saluti e speranze
per questa crociera straordinaria
E riceveva messaggi d’auguri
in quasi tutte le lingue del mondo
comunicava tra Vienna e Chicago
in poco meno di un secondo.
E la ragazza di prima classe
innamorata del proprio cappello
quando la sera lo vide ballare lo trovò subito molto bello.
Forse per via di quegli occhi di ghiaccio
così difficili da evitare
pensò “Magari con un po’ di coraggio
prima dell’arrivo mi farò baciare”
E com’è bella la vita stasera
tra l’amore che tira e un padre che predica
per noi ragazze di prima classe
che per sposarci si va in America
per noi ragazze di prima classe
che per sposarci si va in America
Giuseppe Currado
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