A tu per tu con la cantautrice calabrese, in uscita con il suo primo disco “La mia stanza segreta“
Un’artista a una performer a tutto tondo, così potremmo definire Valentina Gullace. Lo si percepisce ascoltando “La mia stanza segreta”, l’album che segna il suo debutto discografico, un mix di sonorità che partono dal jazz per dar vita a contaminazioni pop, il tutto condito da un linguaggio r’n’b. Ricercare se stessi e la propria vera essenza, questo il fil rouge dell’intero progetto, impreziosito da due featuring d’eccezione con il noto trombettista Fabrizio Bosso alla tromba e l’attore Marco Stabile. Reduce dalla partecipazione alla trasmissione televisiva “All together now” come componente del “muro dei giudici”, abbiamo incontrato la cantautrice per parlare del suo percorso e di questo suo ultimo progetto.
Ciao Valentina, “La mia stanza segreta” è il titolo del tuo album d’esordio, che sapore ha per te?
«Il mio primo album ha il sapore della soddisfazione dopo una grande fatica! Ho lavorato a questo progetto per molti anni lottando soprattutto contro me stessa e le mie paure. Non è semplice esporsi così tanto e raccontarsi pubblicamente attraverso la propria musica ma ad oggi sono felice di questa scelta e anzi spero che tantissima gente mi ascolti».
A livello di tematiche, cosa hai voluto raccontare nelle undici tracce?
«Ho dovuto scegliere solo 11 brani da inserire nel disco e ho fatto un’attenta selezione perché in tanti anni di scrittura avevo molto materiale. Ho deciso di includere le composizioni che maggiormente mi rappresentano per la donna che sono oggi nonostante alcune canzoni risalgano anche a 8 anni fa. I testi sono il risultato delle mie riflessioni sui rapporti, sul vero significato delle nostre azioni e su ciò che realmente desideriamo nella nostra vita. Ogni testo è nato da una reale urgenza espressiva senza alcun filtro, infatti ho sempre scritto solo per me stessa, senza pensare ad un pubblico o ad un disco».
Dal punto di vista musicale, invece, che tipo di sonorità hai voluto abbracciare?
«Quando ho fatto la scelta finale dei brani da includere nel disco, ho rimesso mano alla struttura di alcuni di essi e ho lavorato per cercare una coerenza stilistica necessaria, visto che si trattava di composizioni scritte in epoche differenti. Ho coinvolto il pianista ed arrangiatore Seby Burgio e lui ha saputo accontentare perfettamente i miei gusti. Avevo in testa album come “Live in New York” di Gretchen Parlato, ma anche le ultime cose di Robert Glasper e il sound di vocalist come Lalah Hathaway… il mio obiettivo era creare delle sonorità jazz contaminate con l’R’N’ B’ e volevo che tutto fosse molto essenziale ed elegante».
Chi ha lavorato con te a questo progetto?
«La persona con cui ho lavorato maggiormente per realizzare il disco è Seby Burgio, ma devo moltissimo anche ai consigli del mio amico Gegè Telesforo, che ha seguito “da lontano” il progetto fin dalla nascita. Prima di entrare in studio di incisione abbiamo fatto alcuni live per rodare il repertorio e abbiamo coinvolto Daniele Sorrentino al basso e contrabbasso e Dario Panza alla batteria. Con loro ho inciso il disco e ho completato la line up con Giovanna Famulari al violoncello e Vanessa Cremaschi al violino».
Tra le collaborazioni presenti, spiccano i nomi del trombettista Fabrizio Bosso e dell’attore Marco Stabile, quale valore aggiunto hanno donato al progetto?
«Fabrizio Bosso è un dio della tromba. Ho sempre desiderato coinvolgerlo nel mio progetto e sono felice che lui abbia accettato. La sua versatilità è qualcosa di eccezionale e riesce a mantenere una sua personalità musicale ben definita in tutto quello che fa. Ha voluto incidere 2-3 volte ogni brano ma praticamente sempre era “buona la prima”. È un musicista davvero generoso.
Marco Stabile è un artista poliedrico che passa dal teatro (protagonista di moltissimi musical) fino alla tv (era nel cast di Colorado col suo personaggio Fulvio e il tormentone “Geo-geo-geo-grafia!”). Siamo amici da molti anni e duettare con lui è stato emozionante: la sua voce è bellissima e trovo che si impasti perfettamente con la mia. Inoltre ho anche avuto il piacere di ospitare il chitarrista Daniele Cordisco sul brano “Respirare”».
Facciamo un salto indietro nel tempo, quando e come hai scoperto la tua passione per la musica?
«Da quando ho memoria di me ho sempre cantato e ballato. Non sono mai stata spinta dalla mia famiglia verso le arti ma ho sempre avuto una naturale spiccata attitudine al canto e alla danza. A casa mia in Calabria c’era un pianoforte che i miei avevano comprato per mio fratello ma fin da subito fu evidente che probabilmente ero più predisposta di lui a “giocarci”. Passavo giornate intere sullo strumento e mi accompagnavo nel canto ma l’idea di esibirmi in pubblico non mi sfiorava nemmeno. Ho iniziato a prendere lezioni di pianoforte e danza classica a 8 anni e per tantissimo tempo ho continuato a cantare di nascosto, perché mi imbarazzava troppo farlo davanti a tutti. La danza classica invece mi faceva sentire più protetta e così per anni ho coltivato il progetto di diventare una danzatrice professionista, fino a trasferirmi a Roma per studiare all’Accademia Nazionale di Danza.
Ho iniziato a scrivere le prime canzoni intorno ai 17 anni e incidevo tutto con un registratore con le cassette, cori compresi. Le mie canzoni rimanevano però segrete e le facevo ascoltare raramente solo ad amici intimi. Dopo alcuni anni a Roma ho deciso di superare la mia paura di cantare in pubblico e ho iniziato a studiare canto da una jazzista, Susanna Stivali. Di lì a poco ho scoperto una passione per il musical e dopo un corso biennale per formarmi come performer completa ho debuttato col ruolo di Maria Maddalena nel Jesus Christ Superstar, con la Compagnia della Rancia. Per molti anni la mia carriera è stata solo nell’ambito del teatro musicale con qualche incursione in tv, mentre le mie canzoni continuavano a rappresentare qualcosa che facevo solo per me stessa. Circa quattro anni fa ho capito che mi sentivo incompiuta e che avevo bisogno di realizzare un desiderio che per una vita non avevo avuto il coraggio di ammettere nemmeno a me stessa: fare la cantautrice e incidere un disco. Dopo quattro anni di duro lavoro e di esperimenti eccomi qui!».
Quali ascolti hanno accompagnato e influenzato il tuo percorso?
«Devo la mia prima educazione musicale a mio zio Giovanni, appassionato di buona musica. Lui mi ha fatto ascoltare Pat Metheny, i Led Zeppelin, Burt Bacharach, Stevie Wonder, Michael Jackson, i grandi jazzisti e le grandi voci come Ella Fitzgerald e Billie Holiday, ma anche Dionne Warwick e Aretha Franklin. Una musicista e cantante che mi ha influenzata molto è indubbiamente Rachelle Ferrell ma anche Joni Mitchell, Tori Amos e negli ultimi anni Gretchen Parlato e Becca Stevens. In passato sono anche stata la cantante di un progetto nu metal che si chiamava Damage Done e ho avuto diverse esperienze nell’ambito dell’hard rock nei club romani. Negli ultimi anni ho ascoltato principalmente jazz contemporaneo e swing e ho avuto modo di fare tanti concerti con un repertorio di standards jazz, accompagnata da musicisti bravissimi».
Di recente, hai fatto parte del famoso muro dei giudici della trasmissione “All together now”. Che esperienza ha rappresentato per te?
«Non mi sono mai sentita eccessivamente a mio agio in tv, preferisco decisamente il teatro. Grazie ad “All together now” però, ho conosciuto tanti nuovi artisti e ho imparato moltissime cose vedendo lavorare il regista Roberto Cenci, un grande professionista. Avevo già lavorato con Michelle Hunziker nel musical “Cabaret” ed è stato un piacere ritrovarla e vedere con quanta precisione e serietà lavora, sempre mantenendo il sorriso e la simpatia che la contraddistinguono».
Con quale spirito ti affacci al mercato e come valuti l’attuale scenario discografico?
«Desideravo fare un disco perché era qualcosa che dovevo a me stessa. Non ho mai avuto particolari smanie di celebrità e quindi anche le mie scelte artistiche sono sempre state motivate dalla ricerca di una coerenza fra chi sono e cosa mi piace realmente nella musica e nel teatro. Il mio desiderio è quello di fare più concerti possibili, portare la mia musica dovunque per moltissimo tempo. Il mercato discografico attuale offre un ventaglio davvero infinito di scelte ma purtroppo non mi sento molto in linea con quello che passa per radio, fatta eccezione, ad esempio, per Niccolò Fabi, che trovo intenso ed emozionante.
Ci sono moltissime cantautrici italiane che lavorano duramente per promuovere la propria musica e io le stimo molto. Nomi che ancora non sono noti al grande pubblico ma che secondo me meriterebbero palchi importanti. In generale ho una ammirazione per le cantautrici e musiciste donne e quando posso lavoro volentieri con loro».
Per concludere, dove desideri arrivare con la tua musica?
«Vorrei essere considerata semplicemente un’artista e non “una cantante da musical che fa un disco”, come spesso mi sono sentita dire. Se si deve sognare in grande allora ti dico che vorrei accedere ai festival jazz più importanti d’Italia e magari del mondo! Vorrei arrivare a quel pubblico che ama le declinazioni moderne del linguaggio jazzistico, sebbene spesso il mio progetto venga bollato come “pop” dai jazzisti (mentre i cultori del pop mi dicono che il mio disco è troppo “jazz” e quindi di difficile fruizione…!). Non ho scelto di fare un progetto commerciale, ne sono consapevole, ma ho voluto essere onesta con me stessa e spero che chi ha orecchie per ascoltare sappia cogliere i messaggi che mando attraverso i miei testi».
Nico Donvito
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