A tu per tu con Valerio Piccolo, per parlare dell’album “Senso”. La nostra intervista al cantautore casertano
Si intitola “Senso” (https://metatrongroup.lnk.to/senso), il nuovo album del musicista e cantautore Valerio Piccolo. Il disco contiene “E si’ arrivata pure tu”, la canzone originale del nuovo film di Paolo Sorrentino, “Parthenope”. Il brano prodotto da Pino Pecorelli è uscito in due versioni: piano e archi e chitarra.
Si tratta di un album intimo che esplora la ricerca di sé e la quotidianità, racconta le piccole sfide di ogni giorno e la bellezza che si trova negli attimi più semplici. Un disco che, attraverso testi sinceri e melodie calde, cattura momenti di introspezione ma anche di serenità, come un dialogo costante con sé stessi, fatto di riflessioni, speranze e accettazione.
“Senso” è il tuo nuovo album, da quali emozioni e da quali stati d’animo è stato ispirato?
«La prima canzone che ho scritto per questo disco (E si’ arrivata pure tu) è quella che di fatto ha tracciato la strada per la scrittura dell’album. Da quel pezzo ho capito che la mia urgenza era scrivere canzoni che parlassero di me, intimamente. Delle mie riflessioni, dei temi ricorrenti della mia vita. Mettermi a nudo in quelle canzoni. E così è stato, traccia dopo traccia, testo dopo testo».
Hai descritto l’album come la “chiusura di un cerchio”, ci racconti in dettaglio perchè e qual è il tuo bilancio della tua carriera fino ad ora?
«Proprio per l’intimità di questi temi, sento che è un momento in cui si compie un percorso per poi contemporaneamente inaugurarne un altro. E sempre, quando si completa un tratto della propria vita, si riflette un po’ su quello che è stato il passato e su come si vorrebbe che fosse il futuro. La mia carriera mi ha regalato innanzitutto grandi esperienze e grandi collaborazioni, e sicuramente questo è un momento molto alto e molto gratificante della mia vita musicale. Il momento perfetto per un nuovo inizio».
Il brano “E si’ arrivata pure tu” è anche parte della colonna sonora del film di Paolo Sorrentino “Parthenope”. Cosa rappresenta per te questo passaggio cinematografico?
«Intanto rappresenta l’unione di due mondi che mi sono sempre appartenuti, il cinema e la musica. Una fusione che di fatto sto inseguendo e sto mettendo in pratica proprio in questi tempi, avendo anche composto, insieme a Pino Pecorelli, la colonna sonora del cortometraggio “Il presente” di Francesca Romana Zanni, presentato alla recente Festa del Cinema di Roma. Essere scelti da Sorrentino è un’esperienza che auguro a qualsiasi musicista, perché è impagabile la gratificazione di essere “riconosciuti” da un genio della cinematografia che, tra l’altro, ha anche una sapienza e una consapevolezza musicale incredibile. È stata ed è un’esperienza vertiginosa ed estremamente appassionante».
Il disco contiene diverse tracce che trattano di quotidianità e introspezione. Che tipo di lavoro c’è stato dietro la costruzione del sound?
«Con Pino Pecorelli, mio produttore artistico, abbiamo fin da subito optato per una intimità acustica che ci sembrava il vestito adatto a un viaggio verso l’interno dei propri sensi e dei propri sentimenti. Un quartetto d’archi quasi sempre presente e l’assenza di una batteria e di momenti percussivi hanno fatto il resto. È uno spazio sonoro in cui mi sento perfettamente a mio agio, che penso valorizzi molto queste canzoni».
Come hai scelto la tracklist dell’album? C’è un filo conduttore che unisce le canzoni?
«La traccia numero 1 è “Senso”. Senso è una parola dalle molteplici sfumature: c’è il senso di marcia, quello d’orientamento, e c’è il senso inteso come significato. Mi sembrava una canzone perfetta per cominciare un disco in cui ho messo dentro temi che hanno a che fare con la velocità o lentezza del tempo, con le distanze da allungare o accorciare, con una riflessione interiore e profonda ma affrontata con serenità e leggerezza. Da “Senso” in poi, la successione delle canzoni l’ha dettata soprattutto l’ambiente sonoro. Volevo una tracklist che fosse come un libro, come una raccolta di racconti messi nel giusto ordine, con il giusto ritmo narrativo e musicale, e sono contento delle scelte fatte».
Per concludere, c’è un messaggio che speri di trasmettere a chi ascolterà “Senso”?
«Mi piacerebbe che la mia musica potesse alimentare la voglia di attraversare con leggerezza e dolcezza i propri sentimenti e la propria anima, per capire il significato dei temi che più abbiamo a cuore. Un po’ come dico nella canzone “Senso”: chiudere gli occhi per guardare meglio».
Nico Donvito
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