A tu per tu con Viola Valentino per parlare di “Chanson pour danser”, brano presentato e non ammesso a Sanremo 2025, in uscita nelle prossime settimane
C’è tanta voglia di portare avanti la sua musica nelle parole di Viola Valentino che contengono delusione e rammarico per la mancata ammissione a Sanremo 2025. In questa intervista, la cantante ci racconta con sincerità e passione il suo desiderio sfumato di poter tornare al Festival per la terza volta con un brano in cui crede fermamente, intitolato “Chanson pour danser“.
Viola ha deciso di pubblicare comunque il pezzo nelle prossime settimane, dopo averne regalato un’anteprima ai telespettatori della trasmissione “La volta buona” di Caterina Balivo. La cantante, che già in passato ha provato l’emozione di calcare il palco dell’Ariston per due annate consecutive nel 1982 e nel 1983, si trova oggi a fare i conti con una realtà musicale profondamente cambiata. Seppur rammaricata per non aver avuto l’opportunità di portare la sua nuova canzone davanti al pubblico del Festival, Viola Valentino ha deciso di non arrendersi e di portare avanti il progetto in cui crede.
Partiamo da questa canzone che hai scelto di presentare al Festival…
«Si intitola “Chanson pour danser” e l’abbiamo presentata perché secondo me e secondo le persone che lavorano con me, si tratta di un pezzo bello, molto valido e io lo canto benissimo. Ogni anno è sempre la stessa storia, ci sono gli esclusi e gli inclusi. Forse un’etichetta più potente avrebbe potuto rappresentarne meglio, chissà. Così è accaduto, solo che questa volta mi sembra una sorta di ingiustizia perché lo ritengo un pezzo molto bello, lo avevo nel cassetto da un po’. Puntavamo a un’occasione importante per farlo uscire, Sanremo poteva essere quella giusta, invece niente».
Però hai deciso di far uscire comunque il pezzo e di non tenerlo più in quel cassetto, giusto?
«Mi sono detta o la va o la spacca, anche se non avrà mai la stessa visibilità che avrebbe avuto con il Festival. Durante Sanremo l’Italia si ferma ed è come fare sei mesi o anche un anno di promozione. Non posso negare di essere delusa, ma vado avanti lo stesso… anche se il mio segno zodiacale è cancro, mi sento un ariete, perchè sfondo tutto, qualsiasi porta o portone che mi viene messo davanti».
Di cosa ci sei rimasta male esattamente? Immagino non sia il primo rifiuto ricevuto in carriera, cosa ti ha ferito questa volta?
«Di rifiuti ne ho ricevuti parecchi, qualsiasi carriera è fatta di discese e di salite. Nella vita, però, non mi sono mai piaciute le ingiustizie e, in questo caso, credo me ne sia stata fatta una bella grossa. “Chanson pour danser” è un brano molto bello, cantabile e ballabile, come dice il titolo stesso. In più è sia un pezzo popolare che raffinato, per questo mi ha dato fastidio non essere stata nemmeno considerata. Naturalmente, questo credo valga per tutti i colleghi che si sono presentati con una canzone in cui credevano e hanno subito la stessa sorte. Penso che a chiunque dia fastidio rimanere a casa quando si presenta un progetto in cui si crede fermamente».
Al contempo, hai avuto l’opportunità di far sentire una parte della canzone nel salotto di Caterina Balivo…
«Sì, è stato come dargli una seconda opportunità o una prima vita se vogliamo. Non è un branetto, capito? Una di quelle canzoni che non capitano tutti i giorni. Certo, è pur sempre una proposta leggera, niente di particolarmente complesso, però è bella e piacevole. Ha tutto, non gli manca niente. Quindi, per me, è stata una vera e propria ingiustizia. Di certo, questa esclusione significa una sola cosa: che non ho santo in Paradiso».
Sanremo a parte, che 2025 ti aspetta?
«Di lavoro assolutamente perché comunque io lavoro moltissimo, faccio tanti concerti in giro per l’Italia, per l’Europa, per il mondo, quindi non sto mai ferma. Il Festival sarebbe stato una chicca, una ciliegina sulla torta, ma pazienza. Adesso mi concentro sull’uscita di “Chanson pour danser”, sperando di riuscire ad avere una fetta di visibilità, perchè credo nella forza di questo brano, ma questo penso che te lo direbbero tutti. D’altronde si sa, ogni scarrafone è bell’ ‘a mamma soja».