Recensione del singolo del cantautore che racconta di come si possa essere felici semplicemente vivendo
La felicità, come la vita, è tra le cose più preziose che un uomo possa possedere. Contemporaneamente, però, è anche una delle più difficili da non dare per scontate nel momento in cui le si ha. Lo sa bene Francesco Gabbani che alla felicità e alla vita stessa ha dedicato il suo ultimo singolo radiofonico intitolato ‘Volevamo solo essere felici‘ come il suo ultimo progetto discografico d’inediti in uscita.
Scritto in collaborazione con quel poeta contemporaneo delle parole in musica che è Fabio Ilacqua, ‘Volevamo solo essere felici’ è un vero e proprio inno alla semplicità della vita e ai suoi misteri. Fin dal titolo la canzone si concentra su quella impalpabile ovvietà della felicità e dell’esistere facendo affidamento su quel “solo” che quasi sembra ridurre la portata di quel dono immenso in cui consiste la felicità. “Ogni stella è così vicino” recita uno dei primi versi quasi a voler testimoniare che nulla ci è proibito o impossibile, nemmeno la felicità.
Gabbani ricorda che “la vita può farti male, farti morire all’infinito di un dolore occasionale” proprio per tener l’ascoltatore incentrato sulla complessità di una missione data per scontata ma niente affatto certa di essere portata a compimento. In un ritornello che si apre su di una bella melodia sostenuta dalla ritmica il cantautore di Carrara esemplifica perfettamente quella felicità a cui aspira. Una felicità fatta delle piccole cose della quotidianità, dei sentimenti del cuore e del cosiddetto “ridere del niente”.
La vita, come la felicità, è fatta di piccole cose ma sono proprio queste a consentirci di sentirci pienamente realizzati e consapevoli di noi stessi. “Volevamo solo essere felici” è un perfetto manifesto del racconto dell’esistente in chiave interiore. Il brano è un vero e proprio concentrato d’introspezione per andare alla ricerca di che cosa, per davvero, ci può permettere di sentirci pienamente felici. Gabbani dosa la sua chiave più arzigogolata ed istrionica per lasciarsi andare in una di quelle sue ballate pop mai scontate e comunque sempre radiofonicamente appetibili: un cantato pop contagioso, convincente e soprattutto comune.
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Ilario Luisetto
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