A tu per tu con l’artista, in uscita con una nuova coinvolgente versione de “Il mio canto libero“
Tempo di nuova musica per Wanda Fisher, cantante italo-americana che nel corso della sua longeva carriera ha alternato la sua carriera solista all’attività di vocalist, collaborando con svariati artisti del panorama musicale nazionale. E’ disponibile dallo scorso 30 aprile il suo nuovo singolo, la sua personale rivisitazione de “Il mio canto libero”, brano firmato da Lucio Battisti e da Mogol, che lei stessa aveva già interpretato come corista nella prima versione pubblicata nel novembre del ’72.
Ciao Wanda, benvenuta. Partiamo da questa nuova versione de “Il mio canto libero” che ti ha visto protagonista nei cori del brano originale, com’è nata l’idea di rivisitare questa canzone?
«L’idea di realizzare questo progetto “Il mio canto libero” è venuta dopo aver sentito la notizia che era in classifica al primo posto su tutte le piattaforme digitali. Visto che la voce del brano originale era la mia, la SAAR Records ha pensato di realizzare una cover con il prestigioso supporto del coro della città di Napoli diretto dal maestro Carlo Morelli. Reinterpretare questo brano è stata una grande emozione e un previlegio di cui vado fiera».
Un classico della canzone italiana che, parallelamente, hai reinterpretato anche in versione corale con altri artisti e colleghi, rendendo omaggio al nuovo testo scritto da Mogol per il progetto “Artisti uniti per i medici”. Com’è stata questa collaborazione a distanza?
«Kevin Dellino e Alex Galli che collaborano a questo progetto hanno pensato, con la mia complicità, di coinvolgere artisti e colleghi che subito hanno aderito con entusiasmo a sostegno di questa importantissima causa divenendo così “Artisti uniti per i medici” rendendo omaggio al nuovo testo riscritto da Mogol. Grazie alla collaborazione del mio team siamo riusciti, con qualche difficoltà, a realizzare quest’altra fase del progetto».
C’è una frase di questa nuova versione che, secondo te, rappresenta e sintetizza al meglio tutto quello che stiamo vivendo in questo momento?
«Certo, esiste più di una frase che centrano l’argomento: “in un mondo che fa paura ormai e tutto passerà e ce la faremo si lo vedrai”».
Tu, personalmente, con quali stati d’animo stai affrontando tutto ciò che stiamo vivendo a causa della pandemia?
«Con molta apprensione ma anche con molto coraggio che mi fanno sperare di uscirne al più presto».
Se dovessimo trovare un aspetto positivo in tutta questa situazione, in cosa lo individueresti?
«Secondo la mia opinione non ci sono aspetti positivi in questa situazione, questo è solo un disastro umanitario».
Facendo un parallelismo tra i tuoi esordi musicali e il mercato di oggi, quali analogie e quali differenze riscontri?
«Il mondo musicale è cambiato completamente, non certamente in meglio. Va bene il cambiamento e l’evoluzione ma la melodia, che ci contraddistingue in tutto il mondo, non si sa più dove sia. Non c’è più emozione ascoltando questi nuovi generi, tranne alcuni rari casi».
Nel corso della tua carriera hai collaborato con numerosi artisti, da Lucio Battisti ad Adriano Celentano, passando per Mina, Raffaella Carrà, Riccardo Cocciante, Ivano Fossati, Fabrizio De Andrè, Vasco Rossi e molti altri ancora. Tra tutti, c’è un incontro che ti ha particolarmente segnato sia dal punto di vista artistico che personale?
«L’incontro che mi ha segnato più di ogni altro è sicuramente quello con la grande Mina, senza nulla togliere agli altri grandi artisti. Anche a livello emozionale è sempre stata semplice e disponibile».
Per concludere, qual è la lezione che hai imparato dalla musica in questi anni di attività?
«Anche se non sta a me dirlo mi ritengo una seria professionista, avendo studiato sempre molto e seguito i nuovi cambiamenti a livello musicale senza tralasciare gli incontri con maestri del calibro di Gian Piero Reverberi, Gianfranco Lombardi, Pinuccio Pirazzoli, Celso Valli, Victor Bach e molti altri che hanno arricchito il mio bagaglio musicale».
© foto di Gabriele Caroncini
Nico Donvito
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