venerdì, Marzo 29, 2024

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Ylenia Lucisano: “Ho capito che dai sogni si può imparare molto” – INTERVISTA

A tu per tu con la cantautrice calabrese, in uscita con “Punta da un chiodo in un campo di papaveri”

Tempo di nuova musica per Ylenia Lucisano, attualmente in rotazione radiofonica con il singolo “Non mi pento”, presentato in anteprima sul palco del Primo Maggio, brano che anticipa l’uscita del suo nuovo progetto discografico “Punta da un chiodo in un campo di papaveri”, (per Bollettino Edizioni Musicali, distribuito da Universal Music Italia), disponibile degli store a partire da venerdì 10 maggio. Undici brani prodotti da Taketo Gohara che mettono in luce la versatilità vocale e interpretativa dell’artista calabrese.

Ciao Ylenia, “Punta da un chiodo in un campo di papaveri” è il tuo nuovo album, partiamo dal titolo abbastanza curioso: cosa rappresenta?

«In realtà ho voluto dare più che un titolo un’immagine a questo disco, tutto parte da un quadretto che rappresenta un sogno che ho fatto tante notti fa. Ho capito che anche dai sogni si può imparare molto».

Quali sono le tematiche e le sonorità predominanti di queste undici tracce inedite?

«A livello di tematiche tutto parte da suggestioni che ho voluto trasformare in canzoni, mentre dal punto di vista musicale ci sono tantissime influenze, grazie soprattutto al lavoro svolto insieme al produttore Taketo Gohara, è stato capace di cucirmi addosso il giusto abito sonoro. Per quanto mi riguarda mi sono impegnata nella scrittura dei testi, senza pensare a che fine farà quel brano, concentrandomi unicamente sulla stesura».

“Non mi pento” è il tuo nuovo singolo, cosa racconta?

«”Non mi pento” è un motto che ripeto spesso a me stessa, ho capito che è inutile piangersi addosso, non pentirsi non vuol dire commettere gli stessi errori, bensì prenderne atto e analizzarli in maniera positiva, per fare in modo che diventino una chiave di evoluzione».

Con questo brano hai partecipato al concertone di Piazza San Giovanni a Roma lo scorso Primo Maggio. Pioggia a parte, com’è andata?

«Molto bene, sono contenta di aver calcato un palco così importante, uno dei pochi con un livello mediatico così alto, dedicato interamente alla musica dal vivo».

Prima della tua esibizione hai voluto porre l’accento sulla delicata problematica della violenza nei confronti delle donne, pensi che da un palco così importante e in un clima di divertimento il pubblico sia più propenso a captare messaggi di questo genere?

«Avere una piazza così importante deve essere uno stimolo per veicolare messaggi importanti, il Primo Maggio nasce come un evento dedicato ai diritti del lavoro, di conseguenza sono stata onorata nel poter portare questo tipo di messaggio. La musica ha sempre cercato di smuovere pensieri, oggi come oggi deve farlo ancora di più. Chi ha il potere di potersi esprimere attraverso questa forma d’arte, spero continui a farlo sempre in maniera positiva, noi artisti abbiamo un compito importante».

Nella nostra precedente chiacchierata ti sei definita eclettica, in un’epoca in cui le cose cambiano velocemente, pensi possa essere un’arma a tuo vantaggio?

«Penso di si, dipende come la si usa, ogni aspetto della propria personalità può diventare un’arma a proprio vantaggio o svantaggio, a seconda dei casi. Analizzando il mio percorso, ho attraversato varie fasi e cambiato diverse volte pelle, sono stata un po’ tante cose, questo percorso mi ha portato a quella che sono oggi. Sicuramente ho preso delle scelte artistiche dettate dal momento e dall’istinto, anche con un po’ di inconsapevolezza e di incoscienza».

Dove vuoi arrivare con la tua musica?

«In realtà non vorrei mai arrivare, il fatto che io non mi senta mai soddisfatta può essere un punto forte. Quello a cui vorrei arrivare è un pubblico sempre maggiore, raggiungere più persone possibili, questo mi riesce attraverso la dimensione live, sul palco riesco ad essere realmente me stessa».

Per concludere, qual è la lezione più importante che pensi di aver imparato dalla musica?

«Il rispetto, ho imparato a rispettare questo lavoro sin dall’età di undici anni, grazie all’insegnamento dei miei genitori, in particolare mio papà che è un musicista. L’arte va rispettata tutta, anche quella che non ci piace, in realtà il rispetto è la prima forma d’arte che ci porta a condividere la musica con gli altri».

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Nico Donvito

Appassionato di scrittura, consumatore seriale di musica italiana e spettatore interessato di qualsiasi forma di intrattenimento. Innamorato della vita e della propria città (Milano), ma al tempo stesso viaggiatore incallito e fantasista per vocazione.
Nico Donvito
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