A tu per tu con l’artista emiliano, in uscita con il suo album d’esordio intitolato “Calmo“, fuori dallo scorso 6 novembre
Ha trovato la propria strada Paolo Caputo, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Young Signorino, personaggio inizialmente controverso, che ha saputo dar prova del proprio talento sconfessando tutti con “Calmo”, il suo primo progetto discografico ufficiale. Un lavoro certosino di ricerca consapevole e ispirato, che prende spunto dal cloud rap per gettare le basi di un nuovo cantautorato trap, caratterizzato da sonorità attuali e da contenuti realistici, motivazionali e universali.
Ciao Paolo, benvenuto. Partiamo da “Calmo”, il tuo album d’esordio, com’è nato e come si è sviluppato l’intero processo creativo?
«Sono partito con l’idea di fare una cosa totalmente diversa dal mio percorso iniziale, ho voluto cambiare genere. Da un po’ di tempo a questa parte sono fissato con la musica cloud, così ho deciso di partire da lì. Piano piano è venuto fuori tutto quello che avevo dentro, ispirato da questi beat che definirei atmosferici».
L’impressione è che dopo una sorta di lotta interiore, l’artista sia riuscito a prevalere sul personaggio, per cui la tua evoluzione è considerevole, oltre che tangibile. C’è stata una qualche scintilla che ti ha spinto a voltare pagina?
«In primis l’obbiettivo era quello di zittire le persone perché mi ripetevano sempre che non ero un artista, mentre in realtà sento di esserlo da quando sono nato. Volevo dimostrare di saper fare anche questo. Sono molto contento dei feedback ricevuti, non solo da ragazzini, ma anche da adulti. Sto leggendo messaggi di persone soddisfatte, ho ricevuto anche delle scuse da parte di chi parlava male e, magari, giudicava anche senza conoscermi».
Quali sono le caratteristiche e gli elementi che ti rendono più orgoglioso di questo lavoro?
«A me il disco piace tutto, dalla prima traccia all’ultima! In generale, soprattutto, sono fiero delle linee melodiche. Pur evolvendomi in continuazione, vorrei mantenere questo genere e continuare in futuro verso questa direzione».
Sai, ascoltando il disco mi hai fatto riflettere sul fatto che si possa osare anche ponderando, nel senso che magari quando prevale l’istinto, il rischio è quello di tirare fuori qualcosa di visionario, pezzi che siano troppo avanti, quindi per certi versi incomprensibili per il contesto attuale…
«Sì, in più considera che il cloud in Italia è un genere nuovo, credo di averlo portato per primo io, per cui si tratta di una musica che deve essere ancora compresa completamente. Ogni volta sono sempre avanti, non capisco sta cosa, però va bene così (soride, ndr)».
Beh, c’è da dire però che il nostro è un Paese con una mentalità particolare…
«Vabbè in Italia campano ancora i dinosauri…».
…dove regna il pregiudizio. Analizzando il tuo percorso penso ai tuoi primissimi pezzi, cito ad esempio il video di “Mmh ah ah ah” che ha ottenuto più di 32 milioni di view, e riferendomi anche ad alcune tue dichiarazioni ma, soprattutto, al chiacchiericcio che c’è stato intorno, mi rendo conto che di te si è fatto un gran parlare, quando alla fine di interviste vere e proprie, in quel periodo, tu ne hai rilasciate veramente poche. Ecco, secondo te, se “Calmo” fosse stato il tuo biglietto da visita, senza tutto il background che c’è stato, l’accoglienza sarebbe stata uguale?
«Credo di no, perchè sarei stato un c***o di nessuno, perchè la gente vuole prima parlare male di te, giudicarti in maniera approssimativa e poi, nel caso chiederti scusa. Sai, le persone hanno bisogno di esprimere la loro opinione, se gli proponi un prodotto dove non possono dire né A né B, i complimenti di solito non li fanno».
Tornando al disco, qual è stata la tua urgenza comunicativa? Cosa avevi voglia di raccontare?
«Ho voluto raccontare ciò che ho vissuto in passato, da queste esperienze credo che sia venuto fuori un disco motivazionale. Raccontando i miei problemi ho voluto rassicurare chi mi ascolta, sottolineando che nella vita tutto passa, le prima o poi difficoltà si superano. Questo volevo fare, liberando tutto ciò che avevo dentro».
Tra le tracce motivazionali, in “Lacrime” dici: “Fanculo depressione, fanculo le persone, non piangerò per voi, siete solo avvoltoi”. A chi sono rivolte queste parole?
«A tutti, senza esclusione di colti. Ho sempre creduto in me stesso, anche quando non c’era nessuno a supportarmi, la gente sparlava e basta. Mia moglie è l’unica che ha creduto in me».
Parlando di futuro, Sanremo è uno di quegli appuntamenti a cui ti piacerebbe presenziare? C’è qualcosa di concreto per il prossimo anno?
«Sì sì, sarebbe figo. Ci andrei in generale, anche se al momento non ho un brano da proporre. Non c’è niente di concreto per il prossimo anno, ma ho ancora tanto da scrivere e da raccontare».
A proposito di quello che stiamo vivendo a seguito della pandemia, cosa ti manca più dei live?
«L’ansia che mi sale prima di andare sul palco, quella sensazione lì che non riesco a ritrovare da nessuna altra parte, perchè non è ansia negativa, bensì adrenalina. Durante il primo lockdown ho prodotto tantissimo, a breve mi richiuderò di nuovo in studio e mi dedicherò completamente alla musica, non posso fare altro».
Per concludere, qual è la lezione più importante che senti di aver imparato dalla musica fino ad oggi?
«Fare quello che mi pare, senza seguire degli schemi o delle mode».
Nico Donvito
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