A tu per tu con il giovane artista toscano, in uscita con il suo secondo album dal titolo “Smarties“
A un annetto di distanza dalla nostra precedente chiacchierata, ritroviamo con piacere Lorenzo Ciolini, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Zic, per parlare del suo nuovo progetto discografico intitolato “Smarties”, disponibile negli store digitali e su tutte le piattaforme streaming a partire dallo scorso 25 maggio. Un secondo lavoro importante, maturo e di qualità, ma allo stesso tempo onesto e vero, proprio come tutto ciò che ha a che fare con l’arte e l’istinto.
Ciao Lorenzo, bentrovato. Partiamo da “Smarties”, a cosa si deve la scelta di questo titolo così colorato e dal retrogusto ‘cioccolatoso’?
«Direi che hai fatto un’interessante riassunto di quella che è la mia idea dell’album, “Smarties” vuole essere esattamente quello che è, ovvero il titolo vuole riportare a quelle piccole pasticchine di cioccolato piene di dolcezze, che credo nella testa di chiunque ricordino dei momenti teneri e felici. Per me questi pezzi sono un po’ tutti delle pillole, ognuno è differente dall’altro, ha un colore diverso, però alla fine sono tutti piccoli pezzi di tenerezza e di verità, per cui mi sembrava un titolo appropriato».
Quali tematiche e che tipo di sonorità hai voluto inserire in questo tuo secondo bagaglio discografico?
«In questi ultimi due anni sono cambiate musicalmente tante cose, sono diventato produttore e praticamente un nerd dei synth, ho scoperto un mondo infinito, sono un super fan dell’analogico perché è un suono che vibra, soprattutto rispetto al suono virtual. Parlo personalmente, per come intendo io la musica e per come mi piace comporla. Ascolto un sacco di musica e trovo ispirazione da qualsiasi cosa, dalla musica anni ’70 alla trap, tendo a non darmi alcun tipo di paletto. Stessa cosa vale per le tematiche, in questo disco non c’è altro che la mia vita e il mio quotidiano. I dettagli e le piccole cose sono, secondo me, le più emozionanti proprio perché appartengono a tutti».
In tal senso, ho molto apprezzato la solarità e la genuinità del tuo nuovo singolo “Top level”, che ti racconta attraverso una serie di immagini sia concrete che astratte. Quali stati d’animo hanno accompagnato la stesura di questo pezzo?
«All’interno di “Top level” c’è un gran calderone, mi capita spesso di partire da un verso e di scriverci un mondo, una frase tira l’altra, credo che le emozioni a volte si tengono un po’ per mano, tendono a trascinarsi l’una con l’altra. In questa canzone ci sono tante cose, non c’è solo amore, c’è anche tanta amicizia, ci sono le mie insicurezze ma anche tanta solarità».
A livello di concept, il disco alterna momenti spensierati a momenti di riflessione, questo declinato a qualsiasi tipo di rapporto o situazione. Nella vita di tutti i giorni, nell’eterna lotta tra ragione e istinto, da che parte ti collochi? Tendi ad essere più riflessivo o agisci più di pancia?
«Allora, diciamo che io sono uno di quelli che la notte non dorme perché non riesce a spegnere il cervello, per cui mi ritengo abbastanza riflessivo nelle cose, tendo anche a pensare troppo, dandoci anche male. A volte, però, le cose migliori che ho fatto sono successe per merito dell’istinto, quindi penso che entrambi i modi di essere siano ben accetti, siano giusti e che siano fondamentali. Infatti, nel disco questo viene fuori, ci sono dei momenti in cui mi faccio dei problemi, mi pongo delle domande, ma sono presenti anche tanti momenti in cui racconto le cose belle che fatto, un po’ come in un diario. Alla fine, penso che istinto e ragione vadano un po’ a braccetto sia nella vita che nella musica».
Musicalmente parlando, invece, dove lo collocheresti questo disco? Sempre ammesso che ci sia la necessità di dover collocare ed etichettare a tutti i costi un progetto artistico… Non a caso, la tua l’hai definita musica umorale…
«La mia musica va di pari passo al mio modo di alzarmi, se mi gira male scrivo una canzone triste o viceversa, di conseguenza non riesco a collocarmi perché la musica non è mai uguale, il modo di affrontare le parole e le melodie anche, quindi è difficile riporla all’interno di una famiglia ben definita. Ho definito questo disco psichedelico perché, sia a livello sonoro che a livello ideale, tante canzoni mi riportano in un mondo vero ma anche onirico, a tratti sognante, in un mondo poetico che forse non esiste del tutto».
Per concludere, a chi si rivolge oggi la tua musica e a chi ti piacerebbe arrivare in futuro?
«Banalmente ti direi che si rivolge a tutti quelli che hanno voglia di ascoltarla, allo stesso modo, non ti nascondo la volontà di parlare ad un pubblico giovane, della mia età, ma la mia musica è aperta a tutti. La prerogativa è quella di raggiungere più persone possibile, con questo album spero di poter avere un ascolto sincero, ovvero arrivare alle orecchie delle persone esattamente per quello che sono».
Nico Donvito
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