A tu per tu con Zucchero, in occasione dell’uscita dell’album “Discover II”. La nostra intervista al più internazionale tra gli artisti italiani
Esce oggi, venerdì 8 novembre, il nuovo album di Zucchero che abbiamo il piacere di ospitare tra le nostre pagine con questa intervista. L’occasione perfetta per parlare di “Discover II”, seconda raccolta di cover in carriera, in cui l’artista rivisita brani iconici del repertorio musicale italiano e internazionale tra quelli che più ha amato nel corso del tempo.
Dal singolo apripista “Amor che muovi il sole” a brani come “Sailing”, “With Or Without You”, “Set Fire To The Rain” e “Knockin’ On Heaven’s Door”, passando per tracce da riscoprire come “Acquerello” e “Agnese”, il disco si arricchisce di tredici tracce nella versione standard e diciotto nella versione deluxe. Ecco cosa ci ha raccontato a tal proposito Sugar.
Zucchero racconta “Discover II”, l’intervista
Anche questa volta sei riuscito a realizzare molto di più di semplici cover. Hai fatto tue queste canzoni, molte delle quali sembrano degli inediti. Quale è stata la ricetta e quali sono stati gli ingredienti?
«La miglior ricetta è sempre l’amore, l’amore nei confronti di queste canzoni, molte delle quali avrei voluto scrivere io e che facevano parte di questo elenco di quasi 500 brani che avevo stilato in occasione del primo capitolo di “Discover”. Alcuni pezzi li avevo inseriti in quel progetto, altri erano rimasti fuori, ripromettendomi che prima o poi li avrei incisi. Non era previsto che accadesse in questo momento, non pensavo di finirlo per quest’anno. Diciamo che ho iniziato a lavorare alle canzoni nei ritagli di tempo, tra una parte del tour e l’altra. Alla base di tutto c’è stato l’amore nei cercare di trattare la materia prima, vale a dire queste belle e buone canzoni, nel migliore dei modi, regalando loro un vestito diverso. Sembra un lavoro più semplice, ma in effetti si rivela sempre abbastanza complicato».
E questa volta sei andato alla ricerca anche di canzoni nascoste, che magari oggi sono meno ricordate di altre, Cito “Acquerello” di Toquinho o “Agnese” di Ivan Graziani. Cosa ti ha spinto a scegliere questi pezzi?
«“Acquerello” è un affresco meraviglioso, dalla musica di Maurizio Fabrizio alle parole del poeta Vinicius de Moraes, per arrivare all’interpretazione dolcissima di Toquinho. Sembra una filastrocca per bambini, ma dentro c’è un messaggio universale, vale a dire la vita di tutti che prima o poi scolorisce e se ne va. Di “Agnese”, invece, mi ha colpito la melodia nota in tutto il mondo, perché si tratta una canzone del Settecento di Clementi. Poi è stata rifatta da un gruppo americano negli anni sessanta e ripresa due decenni dopo anche da Phil Collins in “A Groovy Kind of Love”. Ma devo dire che il testo di Ivan Graziani mi è sempre piaciuto moltissimo, ha parlato della provincia, di cose e di sentimenti che forse non ci sono più. Ha parlato della bicicletta con lei seduta sul manubrio, un’immagine molto romantica, del barcone rovesciato al sole e di questo amore genuino. Tematiche a cui sono molto legato e che ho usato in diverse mie ballate».
Si tratta di un disco realizzato tra una parte e l’altra del tour, in lungo e largo per il mondo. A proposito dei tuoi concerti, so che solito comunicare all’ultimo la scaletta di ogni serata al tuo e ai tuoi musicisti. Da cosa vieni mosso in quel preciso momento?
«Diciamo che parto da più o meno di una trentina di brani, quindi siamo sempre sulle due ore e mezzo. In base a come mi sento quel giorno lì, a come mi sveglio, anche mezz’ora prima di andare sul palco, magari ne cambio tre o quattro, perché ho la fortuna di avere una band composta da musicisti che mi seguono da un sacco di tempo e che conoscono tutto il mio repertorio. Non ho bisogno neanche di provarle- Quindi vado così, a feeling».
Per concludere, quest’anno ricorrono i vent’anni da un tuo bellissimo disco che è “Zu & Co”. L’ho riascoltato di recente e mi è capitato di aver pensato: “certo che un album così solo Zucchero lo può fare”. Sei l’artista più internazionale che abbiamo e in quel progetto hai messo insieme duetti pazzeschi con artisti straordinari. Pensi sia abbastanza riconosciuta qui in Italia la risonanza mondiale della tua musica?
«Non saprei, penso di sì, mi sento voluto bene, mi sento amato, mi sento anche rispettato. Poi non lo so, con alcuni colleghi stranieri ho un rapporto diretto, non stanno lì a svicolare, ti dicono quello che pensano subito, se gli piace una cosa la fanno, se non gli piace dicono di no. Quindi, è più diretta la cosa e so che sono molto rispettato da loro. Qui in Italia penso di sì, non sempre magari… ma diciamo che quelli che contano e dal pubblico credo proprio di sì!».
Nico Donvito
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