Lo storico paroliere, vincitore per quattro volte al Festival di Sanremo, racconta la sua carriera tra aneddoti e chiare opinioni sul presente
Ha collaborato con i più grandi artisti della nostra musica da Mango ad Eros Ramazzotti passando per Alexia, Anna Oxa, Loredana Bertè, Mia Martini, Mogol, i Nomadi e tanti altri; ha scoperto, insieme a Mara Maionchi, pietre miliari del nostro panorama discografico attuale come Tiziano Ferro; oggi si dedica a “cambiare la musica italiana partendo dagli autori”. Lui è Alberto Salerno, paroliere figlio d’arte che ha segnato in larga parte la musica italiana degli ultimi 50 anni. Ho avuto l’enome piacere di intervistarlo, o meglio, di chiacchierare di musica con lui cercando di riportare alla luce aneddoti e curiosità di artisti e canzoni che, tutt’ora, chiunque canta e conosce. Ecco cosa mi ha raccontato:
Buongiorno Alberto, per preparare quest’intervista sono andato a leggere qualcuna delle interviste che lei ha rilasciato negli ultimi anni e la domanda iniziale che abitualmente i miei colleghi le fanno riguarda, naturalmente, i suoi primi passi nella musica affianco a suo padre Nicola e a Mogol. Cosa crede le abbiano insegnato queste due importanti figure riguardo a quello che, poi, è diventato il suo lavoro?
<<Mio padre mi ha aiutato sicuramente ad entrare in questo ambiente: non era semplice nemmeno allora entrare a far parte del mondo della musica perché era necessario conoscere le persone giuste per iniziare a far questo lavoro. Ricordo che ai miei inizi prendevo dei brani in inglese, ne riscrivevo il testo in italiano per allenarmi sulla metrica e mio padre li controllava, mi dava dei consigli. Con Giulio (Mogol) ho avuto, invece, l’opportunità di collaborare in quella che, secondo me, è stata l’etichetta più avanzata e moderna di quell’epoca: la Numero Uno in cui c’era anche Battisti che, già da solo, giustificava tutto ciò>>.
Per ripercorrere velocemente la sua carriera ho selezionato 10 momenti della sua storia artistica: mi piacerebbe, se lei è d’accordo, cercare di spendere qualche parola per ciascuno di essi. Raccontare come è nata qualche canzone o qualche aneddtoto particolare che ancora oggi ricorda di ciascuno di questi brani, di questi dischi o dei suoi interpreti
- Non possiamo non partire d “Io vagabondo”, canzone cantata dai Nomadi nel 1972 e che, in qualche modo, segna il suo primo grande successo come autore
<<E’ una canzone che quando l’abbiamo scritta, io e Damiano Dattoli, eravamo davvero giovani, avevamo vent’anni. Mi ricordo ancora abbastanza bene il pomeriggio di marzo in cui l’abbiamo scritta in 3-4 ore di lavoro insieme mentre lui continuava a suonarmi il pezzo su cui io ho scritto le parole. “Io vagabondo” è nata sicuramente sulla spinta della rivoluzione sociale di quei primi anni ’70: venivamo dal 1968, gli hippie, Woodstock e da quella voglia di andare altrove per cui è nata con quello spirito anche se poi, magari, è stata interpretata anche diversamente>>.
- È il 1976 quando lei collabora all’album “Normale o super” di Loredana Bertè scrivendo 3 brani per il disco che è passato alla storia come quello in cui è contenuta “Sei bellissima” scritta da Daiano-Felisatti. C’è qualche ricordo particolare di quella collaborazione e della Loredana di quegli anni che muoveva i suoi primi passi?
<<Loredana era bellissima: per lei tutti davamo davvero i numeri, era una donna bellissima con un modo di essere di fare molto rivoluzionario per l’epoca. Lei arrivava da un disco d’esordio (Streaking) molto sexy che, però, non la rappresentava davvero malgrado lei avesse in sé quel lato sexy: è stata, insieme a Patty Pravo, la prima a mettere in scena questa sensualità “anomala” nella musica italiana. Tutt’ora ci facciamo delle gran risate ed è sempre molto carina e disponibile, esattamente come era allora all’inizio della sua carriera>>.
- Nel 1977 arriva la sua prima vittoria al Festival di Sanremo con il brano “Bella da morire” interpretata dagli Homo Sapiens: come ricorda quell’edizione della kermesse?
<<Mi ero sposato con Mara (Maionchi) a dicembre e per quel Festival non ero a Sanremo ma a Milano. Quell’edizione, condotta da Mike Bongiorno, aveva in programma una sola serata televisiva e noi la vedemmo insieme a casa di mia madre e ricordo che sfumarono la trasmissione prima che gli Homo Sapiens ricantassero il brano dopo la vittoria. Ero in contatto Renato Parenti (il compositore del brano) e con mio fratello (direttore d’orchestra) che erano a Sanremo e per tutta la settimana mi dicevamo che eravamo favoriti. E’ stata una vittoria molto piacevole>>.
- Facciamo un passo indietro e torniamo al 1974 quando scrive “Ritratti della mia incoscienza”, una canzone che sicuramente non è tra quelle che più si ricordano della sua carriera ma che fu l’unico suo brano cantato da Mia Martini: che ricordi ha di Mimì?
<<Mimì l’ho conosciuta quando ero alla Numero Uno e lei, invece, alla RCA. Lei venne a Milano per fare dei provini con la nostra etichetta: fece un pezzo scritto da me e mio fratello che s’intitolava “Morire un po’” e che noi avevamo scritto sull’onda di “Padre davvero”, con cui aveva iniziato a farsi conoscere nell’ambiente musicale pur senza essere un successo popolare. Questo brano, poi, non andò in porto e lei ruppe con la RCA dopo poco. Devo dire che ci si incontrava ogni tanto, anche quando iniziò a circolare quell’assurda storia della iella, ma non abbiamo mai avuto grandi rapporti. Con lei, poi, non ho più collaborato a parte questa canzone meravigliosa che, secondo me, è un capolavoro assoluto che andrebbe rivalutata grazie anche ad una musica di Maurizio Fabrizio davvero meravigliosa>>.
- Con Mimì, in realtà, tornò, invece, a collaborare in un certo senso esattamente 10 anni più tardi, nel 1984, quando tornò a vincere il Festival nelle Nuove Proposte con Eros Ramazzotti in “Terra promessa”. Mimì cantò i cori del ritornello di questo famoso brano durante il periodo in cui fu lontana dalle scene musicali.
<<Non so se sia una notizia veritiera: controllerò perché sarebbe davvero una cosa curiosa. E’ possibile. Rispetto alla prima vittoria, comunque, vissi quell’esperienza in modo molto più sentito: innanzitutto, ero a Sanremo e ricordo molto bene che fin dalle prove ero convintissimo che Ramazzotti vincesse. Alle prove si capisce se la canzone che porti funziona oppure no vedendo anche le reazioni degli altri>>.
- Diversamente, invece, andò l’anno successivo quando Zucchero presentò “Donne” arrivando al penultimo posto riuscendo, comunque, a realizzare un grandissimo successo e a dare il via alla sua carriera
<<”Donne” è partito a scoppio ritardato: inizialmente non è successo niente poi, a settembre, il pezzo è partito senza un reale perché: lo si sentiva ovunque. E da lì è partita tutta la carriera di Zucchero. A Sanremo il pezzo è stato punito ma non so spiegarmi nemmeno ora un perché. “Donne” è ancora oggi una gran canzone conosciutissima: mi stupisce il fatto che Zucchero la rinneghi per il “du du du” quando, invece, basterebbe fare un accordo di chitarra>>.
- Al 1984 risale anche il suo primo incontro con Mango, e di conseguenza con Laura Valente, con cui inizia una lunga collaborazione. Che ricordo ha di Pino?
<<Pino è stato l’artista con cui ho collaborato di più: quasi 10 anni di lavoro insieme e di amicizia. Quando è morto ho sentito davvero mancare una persona a me molto cara malgrado non lavorassimo più insieme da anni durante i quali, però, siamo sempre rimasti in contatto. Con Pino è stata, però, una grandissima avventura: lui è stato, senza dubbio, il più grande artista a livello tecnico con cui io abbia lavorato. Con Laura c’è ancora una grande amicizia, ci sentiamo regolarmente e di tanto intanto andiamo a cena da lei o lei viene da noi>>.
- Gli ultimi 3 momenti che ho selezionato riguardano gli ultimi tre Festival nel quale è stato presente nella veste di autore: il 1997, il 1999 e il 2001. Partiamo dal ‘97 quando è in gara con Syria ed il brano “Sei tu” (3° posto finale) contenuto poi nell’album “L’angelo” al quale lei collaborò in larga parte
<<La cosa che più mi dispiace di Syria è il fatto che, subito dopo questo successo, lei rinnegò Claudio Mattone, un grandissimo produttore, che è stato colui che l’ha lanciata davvero. “Sei tu” rimane ancora oggi l’unica grande canzone di successo che ha fatto e che continua a fare in ogni serata. Secondo me in quell’occasione sbagliò: poteva aspettare e sfruttare quel momento in cui era emersa in modo pazzesco>>.
- Nel 1999 torna a vincere al Festival grazie a “Senza pietà” affidata ad Anna Oxa con la quale collabora anche per gran parte dell’omonimo album
<<Anna Oxa è fortissima, una grande artista e dotata di un’immagine meravigliosa. Quell’album era molto bello e aveva dalla sua grande produzione con Gianni Belleno, Fio Zanotti e Claudio Guidetti. Avremmo potuto fare insieme un altro disco molto più forte ma poi, che vuoi, le cose vanno come vanno. Ultimamente ci siamo persi di vista ma collaborare con lei è stato fantastico. All’epoca non la conoscevo di persona e chiesi alla Sony di poterci uscire a pranzo in modo che potessi conoscerla umanamente per scrivere “Senza pietà” per lei>>.
- Nel 2003 vince per l’ultima volta il Festival grazie a “Per dire di no” cantata da Alexia
<<Mi ha chiamato Rudy Zerbi, che allora era direttore artistico della Sony, e mi chiese di scrivere un testo per Alexia che mi diede questa canzone scritta da lei nella musica. Dopo due giorni io le portai il testo e riuscì a vincere. Devo dire che la sua esibizione, in quell’occasione, è stata molto più forte della canzone: il brano non era così forte come avrebbe potuto essere se si fosse lavorato sulla musica>>.
Oltre che come paroliere lei è stato, e continua tutt’oggi ad essere, una figura di fondamentale rilievo della discografia italiana. Insime a Mara Maionchi ha formato per anni oltre che una coppia nella sfera privata anche in quella lavorativa: insieme avete scoperto e lanciato tantissimi talenti tra cui, ovviamente, Tiziano Ferro è la figura di maggior rilievo tutt’ora. Che cosa vede del Tiziano degli esordi nel Tiziano di oggi dando per assodato e scontato che c’è stata un’evoluzione piuttosto evidente in una direttrice più nazional-popolare?
<<Sulla quale non sono assolutamente d’accordo perché Tiziano ha tutte le caratteristiche, le doti e le capacità sia di scrittura che vocali per fare delle cose che siano diverse da tutto. Secondo me, nei primi due dischi che fece con noi, lui era unico: è come quando De Gregori ha fatto “Rimmel”, un’opera unica per il suo linguaggio totalmente innovativo. Tiziano, come De Gregori, sapeva usare le parole in modo pazzesco creando canzoni come “Rosso relativo” che sono capolavori assoluti anche a detta di un autore come me che non li ha scritti. Credo, però, che se Tiziano fosse ancora prodotto da me e Mara, che la pensa esattamente come me, lo avremmo invitato a mantenere una linea di più alto livello e non perché le canzoni che fa ora non siano belle ma perché lui ha tutte le possibilità per essere originale e unico>>.
Mara Maionchi è stata sicuramente una delle talent scout più “fruttuose” per la discografia italiana: oltre a Ferro attraverso di lei sono passati Gianna Nannini ma in qualche modo anche Mango, Edoardo de Crescenzo e Vasco.
<<No, Vasco no. È una cosa che la fa diventare matta: lei non ha mai fatto niente con Vasco ma c’è questa notizia che continua a girare e non si capisce perché>>.
Tornando a Mara, l’altra donna fondamentale per la discografia italiana tutt’oggi è Caterina Caselli, un’altra grandissima talent scout del nostro sistema discografico. C’è qualcosa che, secondo lei, accomuna queste due grandi signore della musica italiana?
<<Non c’è dubbio che Caterina sia una grandissima talent-scout. Sono, però, due donne con temperamenti completamenti diversi: Mara è molto impetuosa anche nel modo con cui si rapportava (ora non lo fa più perché non porta più avanti questo lavoro: ricordiamoci che X-Factor è televisione anche se fa la giudice) con gli artisti, anche Caterina non scherza ma è una donna, sicuramente, più riflessiva e tenue. La conosco da una vita e lei è davvero un carro armato: una donna che ha fatto delle scelte anche molto coraggiose. Sono due donne che sono accomunate dal fatto di essere due grandi talent-scout anche se con caratteri e modi di lavorare completamente diversi>>.
Guardando per un momento al suo presente e, sicuramente, anche al suo futuro so che attualmente è impegnato con l’Officina della Musica e delle Parole per cercare di aiutare i giovani a trovare la propria strada nel mondo della musica
<<Si, è un progetto dedicato alla scrittura delle canzoni: mentre tutti cercano i cantanti noi cerchiamo persone che scrivano e proviamo a migliorare, pur riconoscendo come forse “presuntuoso” il nostro obiettivo, la musica italiana. Ci divertiamo moltissimo a realizzare queste sessioni malgrado il fatto che noi formatori siamo anche molto severi: personalmente non lesino critiche quando sento una cosa che non mi piace ma penso che, visto che in giro c’è molta bontà un po’ di severità fa bene alla salute. Per lavorare sulle canzoni, oltre all’ispirazione iniziale, serve tanto olio di gomito come ha detto Morricone da Fabio Fazio qualche giorno fa>>.
Secondo lei quelli che viviamo sono anni che danno la giusta importanza alla figura dell’autore? Ci sono i grandi autori di un tempo? I nuovi Maurizio Fabrizio, Bruno Lauzi, Giuseppe Dati, Franco Fasano?
<<Il problema non è dell’autore ma della canzone in sé: da quando la musica è diventata liquida stiamo perdendo la rotta. Ho letto oggi che ha chiuso l’ultimo negozio di dischi di Sanremo: capiamo tutti che sia una cosa pazzesca. E’ la musica che ha perso d’importanza dal momento che è diventato tutto un fatto di download mentre noi avevamo gli album e i vinili a cui ci si affezionava e lo si possedeva. L’autore è la conseguenza della canzone che sta nell’aria: nella memoria della gente rimangono, e continueranno a rimanere, le canzoni che hanno avuto il supporto fisico. “La donna cannone” qualcuno la ascolterà ancora mentre la scimmia di gabbani o “Roma-Bangkok” non resteranno>>.
C’è qualcun della nuova generazione che in qualche modo le piace artisticamente parlando sia per quanto riguarda i suoi colleghi autori che per i cantanti?
<<Della nuova generazione c’è qualcuno che mi piace ma arrivare a dire che c’è qualcuno di pazzesco come nel passato faccio fatica. La Michielin come cantante mi piace moltissimo, mi piace come è lei. Poi di queste The giornalisti di cui tanto si parla adesso va bene ma devo ancora vedere un’affermazione per cui ci vuole tempo per capire. Gabbani, per esempio, ha proposto un terzo singolo sull’onda dei precedenti mentre io, invece, avrei scelto una ballad e questi sono, in realtà, dei test: se il prossimo Gabbani lo sbaglia finisce lì. Spero di no perché un ragazzo intelligente e bravo>>.
Riguardo ai giovani ho letto che in una delle sue ultime interviste dava un parere abbastanza positivo su Riki, l’ultima delle nuove leve dei talent show. E’ ancora di questo parere?
<<Si, mi piace. Lo trovo forte. Ha fatto delle belle canzoni: non si può sempre sparare a zero perché viene dalla De Filippi. Ma chi se ne frega. Questo ragazzo ha venduto 150.000 album veri: che cosa si pretende ancora? Io sono uno severo ma questo Riki lo trovo molto interessante poi, non so se resterà perché qui ogni disco è una scommessa, ma anche quando usciva Battisti tutti dicevano “adesso voglio vedere se fa meglio di quello prima” e, invece, ogni volta fregava tutti>>.
Da uomo di musica la volevo salutare chiedendole come vede Claudio Baglioni alla guida di Sanremo 2018?
<<In un primo momento sono stato molto perplesso ma come rimane perplesso chiunque quando c’è una novità. Credo, però, che con “Capitani coraggiosi” fatto con Morandi abbia dimostrato di avere anche una vena simpatica: penso che se affiancato da personalità giuste sarà aiutato ad essere meno responsabile. D’altronde lui stesso ha detto che nella commissione artistica il suo voto varrà uno il che è interessante perché significa che non si prenderà la totale responsabilità delle scelte delle canzoni. Poi, guarda, Sanremo funziona al di là di queste cose: se lo si sbaglia fa 9 milioni di ascoltatori invece che 11 ma è una barca che va così e che continuerà ad andare bene>>.
Ilario Luisetto
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