giovedì 21 Novembre 2024

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Enrico Nigiotti: “Cenerentola simboleggia la rinascita e il riscatto” – INTERVISTA

A tu per tu con il cantautore toscano all’indomani della pubblicazione del suo nuovo album di inediti

Enrico Nigiotti - CenerentolaOgni favola ha la sua morale, ogni storia ha il suo valore. Questo il messaggio che si cela tra le note di Cenerentola, il nuovo album di Enrico Nigiotti, che arriva a un anno di distanza dal successo del precedente EP intitolato “L’amore è”. Anticipato dal singolo Complici, in duetto con Gianna Nannini, l’album contiene al suo interno dodici inediti, che rappresentano l’identikit perfetto del giovane cantautore. Dopo essersi classificato al terzo posto all’undicesima edizione italiana di X Factor e aver scritto Le due finestre per Laura Pausini, l’artista è pronto a raccontarsi nuovamente attraverso la musica con la schiettezza che, da buon livornese, lo contraddistingue.

Ciao Enrico, partiamo naturalmente da “Cenerentola”. A cosa si deve la scelta di questo titolo?

«Non ho voluto dare un titolo di una canzone presente nel disco, quindi ho scelto “Cenerentola” perché racconta un po’ la mia storia, che ho voluto narrare come fosse una favola, con un nome che simboleggia la rinascita e il riscatto. Nella copertina ho raffigurato proprio questo, lo sporco rappresenta i lividi, gli errori, la gavetta e tutte le esperienze che la vita, nel bene e nel male, ti regala. Qualsiasi cosa tu faccia, dal panettiere all’avvocato, l’importante è essere fiero di ciò che sei, oggi come oggi è difficile trovare lavoro, figuriamoci fare quello che ti piace. E’ una situazione generazionale, la mia storia è la stessa di tanti».

Come si suol dire, una bella storia?

«Direi proprio di sì. Lo considero un disco libero e molto intimo, parlo di  me e delle cose che ho vissuto, come se fosse il mio diario. Non posso definirlo un vero e proprio concept album, perché sono tutte canzoni che ho scritto in questi ultimi anni, in periodi anche diversi, più per l’esigenza di esprimermi che per il fine ultimo di realizzare un disco».

E dell’incontro con Gianna Nannini, cosa ci racconti?

«Sono molto contento di questo duetto, perché non è studiato a tavolino ma ha un trascorso. Ho conosciuto Gianna circa tre anni fa, quando ho aperto la sua tournée, ma sono cresciuto con le sue canzoni. Quando ho scritto “Complici” ho pensato subito a lei, trovo che il ritornello sia perfettamente in stile con la sua voce e non mi sono sbagliato. E’ stata una collaborazione vera e propria, perché ha modificato parte del testo e ci ha messo del suo. Comunque vada il mio percorso artistico, questo brano lo porterò per sempre con me».

Facciamo un passo indietro nel tempo, quali artisti hanno ispirato e determinato il tuo percorso artistico?

«Sono cresciuto con i grandi cantautori italiani, da Luigi Tenco a Lucio Dalla, passando per Vasco Rossi e Gianna Nannini che considero complementari, Francesco De Gregori, Antonello Venditti, fino ad Ivano Fossati che reputo il più grande autore del ‘900. Da livornese, non posso non citare Piero Ciampi, altro poeta italiano che dovrebbe essere maggiormente ricordato. Tutti questi artisti mi hanno cambiato come persona, se non li avessi ascoltati magari avrei scritto le stesse cose, ma sarei stato umanamente diverso. Cerco di seguire il loro esempio, lanciare dei messaggi raccontando le mie emozioni e i miei pensieri».

È passato un anno dalla messa in onda del tuo provino ad X Factor, quando hai intonato per la prima volta “L’amore è”. Qual è il tuo personale bilancio di questi dodici mesi?

«Rispetto ad un anno fa è cambiato praticamente tutto, sono accadute un sacco di cose che mi hanno gratificato, come cantante e come autore, perché sentire un proprio pezzo cantato in doppia lingua da Laura Pausini non è così scontato, non ci credeva nemmeno la mi mamma (ride, ndr). Ho fatto X Factor ma anche il Festival Gaber, tante cose belle e diverse tra loro, sto vivendo questo momento con grande serenità, consapevole che questi ultimi dodici mesi sono stati pieni di luce, ma quelli precedenti erano piuttosto bui. Conosco bene il sapore della paura, per questo motivo sto cercando di volare basso, con la testa tra le nuvole e la merda sotto i piedi».

Qual è la lezione più grande che hai ricevuto dalla musica?

«L’insegnamento più importante, sembrerà una coincidenza, ma me l’ha dato Mara Maionchi. Qualche mese fa ci siamo ritrovati e abbiamo pranzato insieme, in quell’occasione mi disse una frase che mi ha molto toccato: “Ricordati che gli artisti se ne vanno ma le canzoni rimangono”. Ecco, personalmente credo che “L’amore è” sia uno di quei pezzi che restano, senza quel brano l’esperienza di X Factor e quello che è venuto dopo non sarebbe stato uguale. Ciò che conta per me è portare avanti la mia musica, poco importa se mi chiamo Enrico Nigiotti o con qualsiasi altro nome, sono fiero di essere riconosciuto come quello de “L’amore è”».

Mi ha molto colpito la traccia “Lettera da uno zio antipatico”, dedicata alla tua nipotina Gaia. Quale vorresti fosse la reazione, il suo pensiero, quando da grande ascolterà questo pezzo?

«In realtà non saprei, l’ho vissuta come una lettera vera e propria, ho parlato di lei raccontandole di me, forse il mio desiderio inconscio è stato proprio questo, farle capire chi sono oggi, non come sarò quando lei sarà grande, perché la musica ha il potere di fermare il tempo. Non so cosa penserà quando l’ascolterà, sicuramente dirà che le piace o almeno spero (ride, ndr), non so nemmeno se vivrà le cose nello stesso modo che le ho augurato io. Sono tante le canzoni che mi hanno fatto crescere, forgiando quello che sono oggi, mi auguro che possa accadere anche a lei con questo mio pezzo».

A vent’anni hai partecipato ad Amici, circa dieci anni dopo ad X Factor. E’ stata l’età a far sì che tu vivessi in maniera diversa le due esperienze?

«Indubbiamente sì. A vent’anni non avevo molta vita addosso, ero più istintivo di quanto lo sia adesso, non avevo ancora il controllo completo del mio carattere, per cui mi sono autoeliminato da Amici e ho perso quel famoso treno che, fortunatamente, ho ritrovato più in là, quando sono diventato più consapevole e maturo di prima. Come le rose fioriscono a maggio, ogni cosa ha il suo tempo, così ho vissuto l’avventura di X Factor con un atteggiamento più saggio e la fame giusta. L’esperienza racimolata negli anni è stata fondamentale, quando vedo una buca adesso so come superarla senza finirci dentro».  

Credi di aver raggiunto il giusto equilibrio tra chi sei e chi vorresti essere?

«E’ un po’ alla Marzullo questa domanda (ride, ndr). Guarda, credo di aver fatto pace con me stesso, so in quale direzione voglio arrivare perché ho capito bene da dove vengo. Il mio obiettivo è ben chiaro, a me interessa scrivere canzoni per arrivare alle persone, portare avanti la mia musica più di ogni altra cosa».

EnricoNigiottiA proposito di radici, per concludere, cosa rappresenta per te Livorno? 

«La mia casa, la mia famiglia, una città un po’ da rimpiangere, ogni volta che ci sei hai voglia di andar via, ma quando manchi per due giorni senti nell’aria il bisogno di tornarci. Personalmente non potrei vivere per troppo tempo senza il mare, avverto proprio il bisogno di farmi una bella passeggiata e respirare l’aria buona. Per noi livornesi è fondamentale, una cosa assolutamente naturale, proprio come la nostra schiettezza, diciamo sempre quello che pensiamo, forse anche troppo (ride, ndr)».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.