Quali sono i brani che dovremmo ricordare di questo 2016 appena concluso (qui trovate i 50 brani imperdibili dei primi 6 mesi del 2016)? Ecco la mia lista dei 100 brani, dal pop al rock fino al rap e all’elettronica, che almeno una volta avremmo dovuto ascoltare nel corso dell’ultima annata (l’ordine è puramente alfabetico):
In un album electropop come “Se avessi un cuore” questa traccia spicca come la perfetta sintesi della classe canora della rossa savonese e la sua naturale attitudine pop dove la voce si fa sensuale e leggiadra nella sua perfezione. Senza estremismi elettronici è vincente.
E’ uno dei tormentoni dell’annata più riusciti visto che proviene da un completo sconosciuto che il Festival di Sanremo ha avuto la forza di lanciare (fatto tutt’altro che semplice di questi tempi). La carta vincente può sembrare il ritmo martellante ma in realtà c’è un gran testo dietro costruito a puntino. Mai banale.
Spicca tra i primi inediti proposti dalla nuova edizione di Amici di Maria de Filippi: un messaggio chiaro, una melodia semplice senza troppi arzigogoli nell’arrangiamento. Teniamola d’occhio per il futuro ma è già una realtà del presente.
E’ una di quelle canzoni che ha il coraggio di dire qualcosa, fatto non scontato nel nostro panorama musicale. Un racconto struggente sullo sfondo del Mediterraneo firmato dal grande Giuseppe Dati (autore tra le altre cose di “Gli uomini non cambiano” di Mimì Martini) e interpretato da una voce sostanziosa e sincera. Nell’anno in cui si discute con così tanta veemenza d’immigrazione e di nuovi muri una canzone di speranza getta una luce positiva su di una questione delicata. Tremendamente attuale ma delicato.
Forse per la prima dopo “Quello che le donne non dicono” Fiorella torna a cantare l’universo femminile senza barriere e lo fa in prima persona. Esce tutta la sua forza d’animo e la determinazione che ne hanno fatto una grande artista e ancor prima una grande donna. Incisiva interprete.
Per chi la segue dal 2099 è uno dei suoi grandissimi successi, per gli altri è il primo vero tormentone radiofonico. La penna di Elisa confeziona ad Alessandra una ballata up-tempo che le dona freschezza e spensieratezza pur raccontando l’amore a lei tanto caro. E’ un successo clamoroso tutto targato Amoroso (e ho fatto pure la rima). Sfido a trovare qualcuno che non batta il piede insieme alla batteria durante tutto il pezzo. Tormentone 2016.
Voce nera con sfumature pop per un brano classicamente pop-rock con un inciso centrale nella struttura melodica. Una delle giovani realtà più meritevoli ed interessanti.
E’ il vero tormentone dell’ultimo lavoro di Lorenzo anche a dispetto del singolo sanremese questa volta poco incisivo. E questo la dice lunga, eccome. Il brano è una riuscitissima fusione di un arrangiamento pop con qualche sintetizzatore electropop con la voce che rimane però delicata e quasi in falsetto. La giusta chiave.
Così il vincitore più discusso del Festival di Sanremo degli ultimi anni torna all’Ariston dimostrando una crescita non da poco rispetto all’esordio del 2010. Una ballata con un lungo crescendo sanremese firmato da quel Fabrizio Moro che solo Dio sa dove trovi ogni volta l’ispirazione. Scanu non deve che cantare come sa, al resto ci pensa la canzone. Apprezzabile tradizione sanremse.
Renga è una di quelle vittime della mania electropop che nel 2016 ha fatto più danni che successi in Italia. Questo pezzo firmato da Nek rischiara quel cupo orizzonte offerto da un disco abbastanza piatto. Si candida come tormentone estivo efficace per la prossima stagione calda dove riuscirebbe a far muovere qualche piede. Trascinante ed estivo.
Anche Nek ha scelto la strada dell’electropop (che in realtà è stato uno dei primi a ri-battere) che in questo pezzo raggiunge l’espressione più compiuta nel suo ultimo album. La batteria batte il ritmo stabilendo una struttura serrata su cui la voce ruvida e graffiata di Filippo si appoggia con un buon ritornello radiofonico. Habebus batteria.
Ed è proprio Raige quella nuova realtà emersa in quest’annata dall’underground italiano in cui militava da anni. Rinato sotto la stella del pop-rap si fa accompagnare in questo brano da Masini che porta con sé quella voce graffiata che ben si contrappone alle barre limpide e che richiama inevitabilmente i cori cantati a squarciagola ai concerti. Nuovo episodio riuscito del feeling pop-rap.
Esercizio di stile da parte dell’interprete dai capelli rosa che tira fuori quelle sue sfumature più nere per interpretare un brano che mixa il mondo di Aretha Franklin e quello delle interpreti pop dei nostri tempi. Canzone di classe ed eleganza.
Dietro c’è Elisa, e si sente, ma è l’animo di questo giovanissimo ragazzo a venire allo scoperto in questo flusso di coscienza che narra la vita e l’amore verso il proprio fratello minore visto come un essere da proteggere dalle difficoltà della vita. Struggente.
E’ l’ultimo vero capolavoro di Giuliano Sangiorgi che con le sue parole traccia un quadro ritraendo uno sprazzo quotidiano. E’ un crescendo infinito con la chitarra acustica che accompagna Giuliano come un tempo avveniva per i cantastorie. Solo nel finale l’esplosione giunge a compimento e la voce torna a svettare. Capolavoro autorale.
E’ la vera hit estiva del nuovo disco del cantautore di Latina con il potente inciso che recita “l’estate è tornata e chiede di te, ritorna senza avvisare”. La firma di Emanuele Dabbono, già autore di “Incanto” dovrebbe essere garanzia di un nuovo tormentone assicurato favorito anche dagli sprazzi di sintetizzatori inseriti qua e là. Fresca.
E’ il pezzo perfetto per la voce di Sangiorgi che si scrive appositamente un brano che racconta le contrapposizioni tra il mondo terreno e il “mondo perfetto”. In un dialogo a due Giuliano racconta la bellezza della nostra Terra malgrado tutti i lati negativi (“ti mostrerò com’è speciale il mondo anche se fa male”) per tenere l’altra persona accanto a sé al sopraggiungere della morte (“non è quel posto da lasciare, è ancora presto per partire […] è più difficile restare coi piedi a terra e non morire”). Una poesia di vita cantata con trasporto.
Rilasciata come singolo lontano dalla grande esposizione del post-Amici questo brano porta in scena quel lato di Stash e compagni che i tormentoni non potevano mostrare: il sentimento. La produzione, come sempre, rimane l’arma a loro favore riuscendo ancora una volta a nobilitare il tutto con effetti e un arrangiamento azzeccatissimo. Costruito attentamente sulle emozioni.
Caduto in preda al “canovianesimo” più profondo che impone doppie voci a non finire e sintetizzatori a manetta il vecchio Renga sopravvive solo in questo pezzo che tutela un’atmosfera acustica e una vocalità che riporta Francesco a saltare su e giù con le note. Una voce da brividi.
E’ l’unico inedito davvero fruibile in ottica futura di quelli proposti dall’ultima edizione di X-Factor. Gaia sembrava avesse la vittoria in pugno già dai provini (in piena tradizione del programma) ma lungo il percorso si è spenta (o si è voluto oscurarla) strappandole la gloria del primo posto. Poco male, vedendo come era la situazione quest’anno al vincitore spetta ancor meno popolarità di quella che ebbe Giosada lo scorso anno. Lei (se glielo permetteranno) potrebbe costruirsi un buon percorso da interprete a partire da un buon brano attuale come questo e da una bella voce.
Il racconto di una vita che ha vissuto momenti difficili, una storia quanto mai autobiografica che Loredana interpreta con inedita compostezza vocale fino al momento in cui esplode in un canto liberatorio che loda la bellezza di vivere anche se “ci vuole coraggio per riprendersi il cielo” nel momento in cui questo appare lontano.
E’ il ritorno della Dea, della Voce, della classe in persona. Un ritorno che si aspettava da tre anni con ansia a mille. Giorgia la ripaga con una ballata incentrata sulle parole e sulla loro forza nella vita di tutti i giorni. Lo fa con la sua voce in primo piano e la melodia solo di supporto; a sostegno entrano mano a mano voci e cori con qualche sfumatura di sintetizzatori in pieno stile di Canova che mette il suo stampo anche qui.
Con un ritornello composto da due sole parole è il pezzo che più rimane in testa dell’ultimo album dell’ex rapper da qualche anno convertitosi al pop. Nel Purgatorio della trilogia che Nesli sta costruendo con i suoi album questo brano casca a pennello abbattendo definitivamente ogni rovina rimasta in piedi per tornare a costruire il Paradiso che verrà. Il testo sarebbe piaciuto al Tiziano Ferro di qualche anno fa. Il solito bravo paroliere.
E’ il ritorno del poeta d’amore dei nostri tempi. Con la sua voce scura e con le sue timbriche basse porta avanti un racconto che come sempre parte dal passato remoto in un testo cucito alla perfezione nel pieno stile della sua penna autorale. Tiziano non vuole stupire (come ha fatto, invece, nell’album) ma ha voluto mettere davanti il cuore con una ballata in continuità con il suo ultimo percorso discografico quasi a voler chiudere gloriosamente una pagina importante per aprirne poi una nuova. Ferro style.
E’ l’unico reperto con un flebile ricordo commercial pop dell’ultimo album della rossa savonese e forse anche per questo spicca vistosamente con la voce che non è costretta in un vestito cucito troppo stretto per le sue capacità dai sintetizzatori elettronici. Qui Annalisa è libera, vola in alto e racconta un amore con i suoi problemi e le sue contraddizioni risultando quanto mai attuale e radiofonica. La migliore Annalisa.
Il 2016 è stato l’anno dei duetti per Carmen Consoli che anche in questo caso nobilita fortemente la ballata romantica scritta dal giovane siciliano che non manca di giocarsi le carte della grande orchestrazione che lo contraddistingue nell’arrangiamento e le grandi aperture nella melodia. Le due voci si uniscono alla perfezione raccontando un amore folle e facendo uscire quell’animo cantautorale insito in entrambi. Carmen Consoli, poi, da il tocco mancante con quella sua voce unica. Sospesa in un’atmosfera senza tempo.
E’ forse il singolo più bello della triade che forma con Guerriero e Ti ho voluto bene veramente. Mengoni conserva quell’arrangiamento che ormai gli appartiene e si rivolge ad un ipotetico interlocutore ricordando “l’amore che passa”. Commovente nella sua dedica all’amore perduto ma conservato ancora nel cuore. Mengoniana.
E’ la canzone delle ripartenze, lo è per Pierdavide che così torna dopo un periodo abbastanza in penombra, lo è per noi che ascoltiamo nuovamente la sua musica mai banale e scontata. Troppo semplice identificare questo brano con una semplice storia d’amore conoscendo la penna di Carone che in realtà racconta se stesso e la voglia che ha di rimettersi in gioco rimanendo legato al suo pubblico. La canzone delle ripartenze positive.
Loro sono la band rivelazione dell’anno, la più fresca, la più innovativa (per la musica italiana) e la più internazionale. Usciti da Amici (e qui va fatto un plauso alla trasmissione della De Filippi che negli ultimi anni si sta aprendo a mondi nuovi) propongono un folk internazionale davvero interessante riletto in chiave italiana. Se il pubblico li ha conosciuti soprattutto per il loro stile energico e i ritornelli orecchiabili è forse in questa traccia (che da il titolo al loro album) che Daniele Incicco e compagni stupiscono di più mostrandosi più “morbidi” e poetici. Internazionalmente avanti e dotati di una gran scrittura.
E’ senza dubbio una delle più belle canzoni d’amore degli ultimi anni grazie alla penna inconfondibile di Roberto Casalino che ancora una volta si conferma il guru della musica pop italiana (in questo caso insieme all’altrettanto talentuoso Dario Faini). Non c’è bisogno di stucchevoli arrangiamenti modernisti, di mille cori o di effetti speciali per colpire: l’Amoroso canta (bene) e interpreta con decisione una ballata dal potente ritornello che riecheggia in testa. Pietra miliare del pop d’amore.
Singolo estivo del giovane cantautore 2.0 che piazza un buon ritornello orecchiabile alternandolo a delle strofe dense che raccontano il mondo giovanile intrecciandolo ad una storia d’amore e di passione. Giovane e trascinante.
Canzone vincitrice del Festival di Sanremo (meritatamente visto il testo, decisamente meno per altri mille motivi) ma che ha avuto vita essenzialmente soltanto sopra il palco dell’Ariston. Dedica commovente di un padre ad una figlia con cui dialoga raccontandogli l’amore e la vita. Gran canzone per la scrittura.
Arisa si dedica ad un sound più moderno con questo arrangiamento dance in cui la sua voce limpida risuona particolarmente bene. Si parla di una notte di passione sfrenata con un ritornello martellante e sensuale che risulta il meglio riuscito di un disco che ha ricercato più volte queste nuove sonorità. Fresca ed intrigante.
Giosada si prende il giusto tempo dopo la vittoria ad XFactor per lavorare ad un album dal sapore personale. Il singolo apripista è il miglior esponente della somma della cifra pop e rock ricercata dall’interprete pugliese che canta con energia e trasporto un ritornello esplosivo che racconta il desiderio di non uniformarsi nella vita a nessun stereotipo. Voce rock per un brano d’intermezzo.
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2. Almeno tu – Francesca Michielin E’ la canzone che testimonia quanto la Michielin, regina della power hit radiofoniche electropop al femminile di quest’annata, sia in grado di andare ben oltre a questi confini: soave ed angelica con la sua voce interpreta una perfetta ballata amorosa con richiami “elisiani” d’altri tempi. Leggiadra.
Testo magnifico (a firma Cheope-Abbate guarda caso) e voce che finalmente torna soul senza freni. Per Noemi che vuole non essere “amorosa” nei temi un pezzo come questo è perfetto e per l’ascoltatore che non ha voglia di troppe raffinatezze tematiche è comunque facilmente digeribile. Una delle cose più belle di questo 2016 in assoluto. 8. Bellissimo – Antonino Spadaccino La sua voce non la si scopre di certo oggi e in un brano come questo, che parte con il pianoforte (grazie, di questi tempi è ormai raro) e si eleva vocalmente ispirandosi ai più bei capolavori soul, la bellezza delle sue sfumature ne risulta persino amplificata. Il tema è quello dell’amore omosessuale (“non servirà un altare per dimostrarti quanto questo amore sia normale”) che sempre più viene affrontato pubblicamente ma che nella musica ancora è un tabù. Antonino ne parla senza filtri, senza paura, senza differenze. Ne esce un gran cuore. E una gran canzone.
E’ la nuova faccia di Elisa che, ritornata massicciamente all’inglese, non abbandona l’italiano virando verso dimensioni elettroniche in grado di dare nuovo volume alla sua incredibile vocalità che risulta alla grande in pezzi così esplosivi. E’ un racconto di un amore al di fuori della quotidianità. Viscerale.
E’ la Giorgia più movimentata, attuale e trascinante. Dall’alto della sua capacità vocale dimostra di poter essere anche ben di più di una Dea degli anni ’90/’00 lontana dai nostri giorni. Poggiandosi su synth e cori prepara un’esplosione lenta ed efficace che arriva nel ritornello facendo ballare chiunque. Giovane.
E’ l’espressione più riuscita del tentativo del siciliano di sposare il suo mondo acustic-pop con le sonorità elettroniche. Ritmo estremamente trascinante, ritornello orecchiabile e batteria che finalmente fa il suo. Power hit assicurata.
Primo episodio della sua carriera andato in scena sul palco dell’Ariston presentando al largo pubblico quella che definirei la promessa del 2016. A metà strada tra pop e rap, tra innovazione e tradizione, tra cantautori e rapper, tra melodico e trascinante. Unico.
E’ il racconto di una vita vissuta su di un palco senza paura degli eccessi e delle provocazioni. La vita è quella di Loredana vista dagli occhi di Ligabue. La Bertè rimane tutt’ora la regina del punk rock italiano (anche perché in pochi dopo di lei hanno avuto il coraggio di proporsi in questa veste) e ora che è tornata chissà che non possa tornare a urlare la sua voglia di cantare da sopra un palco. “Finchè c’è chi ascolterà”.
L’ennesima ballata “Arisa style” proposta puntualmente ogni due anni dalla potentina in riviera. La firma rimane quella del bravo Giuseppe Anastasi che stavolta si confronta con la sfera celeste. A salvare la baracca (che purtroppo non sorprende più) è ancora una volta la vocalità di quell’esserino di donna capace di tutto. Voce d’usignolo.
L’affidarsi di un’interprete come la Mannoia ad una penna profonda come quella di Fabrizio Moro non poteva che dare per risultato un brano come questo. Un “film d’altri tempi” dove la voce o il ritmo non conta nulla di fronte alle parole che tracciano un racconto che scorre davanti all’ascoltatore. Poesia cantautorale degna di lacrime.
E’ il futuro fatto canzone del cantautorato italiano. Quando si dice che in Italia il cantautorato è finito, che di Dalla, De Gregori, De Andrè non ce ne saranno più, non si tiene in conto che esiste una nuova generazione molto promettente. Andando oltre al contesto (XFactor) davvero poco adatto a quella dimensione musicale, all’interprete fin troppo classico, è la canzone a convincere grazie, soprattutto, alla firma di Diodato che si dimostra grande interprete della nostra tradizione autorale. Una canzone di ieri suonata nel modo d’oggi.
E’ stato il ritorno sanremese del cantautore siciliano esattamente un anno dopo la vittoria (solo morale) ottenuta con “Siamo uguali”. Questa volta il risultato è più mieloso, appiccicoso, classico e lento; in una parola sanremese grazie ad un ritornello che si fa cantare piacevolmente. Non è all’altezza del successo precedente ma rimane comunque un buon episodio da ricordare di quest’annata. Classico.
Un brano che racchiude il compromesso di Noemi tra le sue reticenze al canto di amori comuni e la necessità del pubblico di sentirla facilmente “fruibile” come un tempo. La rossa torna al pop italiano (fortunatamente) ma lo fa con un pezzo cantautorale firmato da Masini che tenta di trasformarsi in Ruggeri per far della romana la nuova Mannoia nel raccontare l’universo femminile. Il risultato è una “canzone non canzone” priva di un ritornello ma dotata di un possente crescendo che riporta in alto la voce di Noemi. Un difficile compromesso di qualità.
Lei è ciò che oramai si chiama ormai troppo facilmente “artista” e lo dimostra ancora una volta mettendo in scena tutta la sua libertà artistica in questo brano che, malgrado non sia stato ancora pubblicato ufficialmente, è già negli annali grazie ad una sola esecuzione in TV. Una vocalità pazzesca, un arrangiamento quasi tribale, un testo sociale e filosofico e tutta l’arte di questa grandissima artista messa ormai troppo da parte. Immensa.
Sarebbe stato il brano perfetto per il Festival dove avrebbe rimesso in campo quel sentimento davvero struggente proposto con “La notte”. La firma di Anastasi non mente e Arisa interpreta come meglio non potrebbe un racconto di una storia stroncata dal destino senza diritto d’appello. Commovente nella sua tragicità.
E’ stato il grande anno di Ermal emerso grazie ad una buona dose di successi electropop conservanti il suo lato cantautorale ma è questo il pezzo del suo primo album da solista quello che si scolpisce sul cuore di chi lo ascolta. Una lettera senza filtri totalmente personale che tira fuori l’anima vera di questo giovane ragazzo. Vince con la sincerità.
E’ il naturale sequel del viaggio intrapreso insieme e visto che a cantare sono quattro donne inevitabile era il tema della femminilità. Più pop-rock rispetto all’esordio con una batteria che fa il suo, delle voci che cantano con convinzione all’unisono la bellezza dell’essere donne e l’importanza stessa. Un urlo di bellezza.
E’ l’unico brano davvero “attualmente pop” che Noemi ci ha regalato nell’ultimo album molto elevato intellettualmente dal punto di vista dei testi. Si parla d’amore con semplicità lungo un viaggio in treno e Noemi torna a colorarsi delle sonorità che più l’hanno fatta apprezzare nel potente ritornello pop-rock dove la ritmica “pesta” al punto giusto. Una fotografia nostalgica.
La firma di Federico Zampaglione dei Tiromancino si sente nella classicità di questo tempo che riporta l’Amoroso indietro nel tempo. Una ballata up tempo di gran classe vocale degna di nota in un album del 2016. Degna della migliore Mina.
E’ stato il nuovo tormentone targato Elisa e quindi rigorosamente in inglese (quando in realtà i suoi brani più conosciuti sono tutti in italiano…). Arrangiamento che testimonia lo sposarsi della friulana con i suoni moderni con un pot-pourri di cori e una batteria che sancisce il ritmo con gli immancabili oh-oh-oh “coldplayani”. Tormentone internazionale.
Erano tra le Nuove Proposte selezionate dell’ultimo Festival di Sanremo. Band giovane ed interessante è arrivata con questo pezzo fino alla selezione dei 60 per poi essere scartata probabilmente a causa di un arrangiamento troppo “futurista” per un palco tradizionalista come quello di Sanremo. Tifavo per loro comunque, per la loro energia, per una bella vocalità e per un electropop ben fatto. La rivelazione dell’anno.
Non è il solito duetto tra rapper e cantante pop con tema una storia d’amore a cui siamo stati abituati ma un qualcosa di totalmente distante da quel mondo grazie alla personalità “celentanesca” di Neffa e alla riluttanza mostrata nel suo ultimo disco da Emis verso il “rap facile”. Il ritornello rimane comunque orecchiabile e nelle sue note da marcetta Emiliano costruisce delle barre morbide con una melodia elettronica. Un pop-rap nuovo.
E’ il pezzo giusto per gli amanti di quelle melodie tipicamente meridionali che ritrovano le radici nella tradizione napoletana e nel raggae. A renderlo fruibile è un buon drop elettronico e un ritornello canticchiabile che si fa ballare inevitabilmente. Tradizione fresca.
E’ la gemma preziosa che Mengoni ha piazzato in quest’ultima raccolta di successi arricchita da alcuni inediti. Daniele Magro che la firma riporta il cantante di Ronciglione a giocare leggermente con la sua voce in atmosfere che uniscono il blues, il soul e a tratti sfaccettature gospel per raccontare la gelosia. E Mengoni interpreta bene, con una vocalità indiscutibilmente preziosa anche se a tratti timorosa di mostrarsi troppo grande. Preferisce “l’essenziale” fino a quando il brano non cresce e non lo porta ad uscire dal guscio. Una ballata di stile.
E’ il brano che più di tutti mette in campo la svolta pop di Irene grazie alla produzione di Diego Calvetti che è stato in grado di esaltare una voce profonda e comunicativa come quella della figlia di Zucchero “Sugar” Fornaciari. Un mix di pop e rock che esplode in un ritornello che impone di “capire che cosa ci serve davvero e che cosa non vale niente” in un mondo troppo distratto dalla superficialità. Voce profonda per una ballata non scontata.
Punta di diamante del secondo album dell’ex Amici che si è rivolto maggiormente verso il pop cantato. Un testo molto ben scritto sulla vita e sulle riflessioni che scattano in ognuno alla fine di ogni grande amore. Fragola porta quel suo tocco in più nella produzione (che ha stravolto a detta di Briga) e nell’amalgama finale. Non è un duetto mieloso sull’amore ma conserva quel tipico lato “crudo” dei rapper convogliato, però, in un vestito nuovo e decisamente azzeccato. Un bel pezzo d’amore e di vita.
Un lento che parte con il pianoforte e cresce, cresce all’infinito fino alla vera e propria esplosione di voce del finale dove Giorgia dimostra tutta la sua potenza. Ci si rivolge all’amore di una vita promettendosi che anche oggi sarebbe la nostra scelta nonostante errori, rimpianti e difficoltà. A colpire è però il finale dove Giorgia in un colpo solo ribadisce chiaro il concetto: she is the voice.
E’ forse la traccia più “arrabbiata” del nuovo album di Ferro e che riporta in scena quel suo RnB che da un po’ non riproponeva. Ad una prima parta tutto sommato abbastanza melodica si contrappone un bridge finale che si fa più serrato all’urlo di battaglia. Sorprendente fino alla fine.
Il più bel pezzo dell’ultimo Renga forse perché riesce nell’impresa (ardua) di riportare alla memoria la grandiosa voce di Francesco nelle sue tinte più basse coniugandola all’esercizio di ringiovanimento che il bresciano ha messo in atto con questa (discutibile) svolta elettronica. Qui il testo tiene botta mostrandosi maturo raccontando di una storia definitivamente chiusa. Il vecchio Renga torna a cantare d’amore.
Talentuoso cantautore nostrano che si sta pian piano costruendo un percorso interessante con le proprie mani senza i più semplici mezzi promozionali (talent e tv in primis). Dopo un primo fortunato disco uscito nel 2015 questo brano segna la sua virata verso il pop-rock più convinto con una batteria che picchia duro in un inciso potente che racconta una notte di sesso che si mischia a violenza e amore sullo sfondo di buio, mani e pericoli. Uno dei giovani più promettenti del nostro pop.
Ultimo capolavoro di Federico Zampaglione nella scrittura di una canzone che porta con sé il classico romanticismo ovattato della sua penna che poi interpreta sempre con la sua consueta classe. Soffice.
Proroga importante del talento autorale di Vasco che dopo anni di davvero poca cosa tira fuori un pop-rock con ritornello da stadio con i cori che fanno tanto Ligabue. Unico pezzo davvero degno di nota dell’universo rock delle stelle degli anni ’90. Vasco si gioca l’asso.
Capolavoro d’autore firmato da Fabrizio Moro che scrive una vera e propria poesia dove si mischiano le speranze e i rimpianti di una vita non vissuta a pieno. Elodie interpreta con gran classe vocale dimostrandosi un’interprete di spessore capace di raccontarsi. Pezzo d’autore per una voce importante della nuova canzone italiana. |
3. Amami amami – MinaCelentano
E’ il ritorno della coppia dei record: insieme fecero sognare e dominarono le classifiche per mesi e mesi nel lontano 1998. Ora tornano e si dimostrano sempre uguali a se stessi (nel senso positivo) e, contemporaneamente, molto più all’avanguardia di molti altri. Eterni.
E’ il secondo episodio nel percorso di avvicinamento all’album congiunto dei due rapper che dopo il boom estivo puntano su di un brano sempre pop-rap con Levante incaricata dei cori durante il dropp elettronico. Stash canta (in italiano) il ritornello mentre i due soci si alternano nelle strofe cantando della frivolezza della vita della star che si sgretola di fronte al dolore. Un buon mix di produzione.
Sa di Adele dall’inizio alla fine e lo stesso gigante buono, vincitore dell’ultima edizione di Amici, richiama in qualche modo l’interprete di “Hello” che nel 2015 spopolò in radio. Una vocalità indiscutibile e una buonissima costruzione della canzone da parte del talentuoso Ermal Meta ergono il brano all’Olimpo della musica made in Italy degli ultimi mesi. Internazionale (in ritardo).
Essere diva non è semplice, ancor di più esserlo ininterrottamente per 50 anni di carriera. Patty Pravo ci riesce e tira fuori per il Festival (dove gareggia alla faccia di quelli che si osannano troppo “big” per andare in gara a Sanremo) un pezzo degno delle sue cose migliori. L’eterna ragazza del Piper.
Impossibile non riconoscere il timbro di Giusy che ritorna in quest’ultima annata a quel pop che l’ha fatta conoscere. Una ballata passionale con una batteria determinata e un ritornello martellante ne fanno il ritorno degno di una leonessa.
C’è il marchio di Franco Califano nella melodia di un brano d’altri tempi per la classicità che invoca. Il testo autobiografico racconta il tentativo di fuggire dall’oblio della vita mentre la voce mano a mano che interpreta (nel vero senso della parola) verso per verso si cuce addosso il brano stesso. E’ l’apoteosi dell’interpretazione di un messaggio profondo e personale laddove una ritrovata Errore urla al cielo “convincimi che non sono solo parole”. Sublime interpretazione.
Una proposta che anche musicalmente fonde positivamente la tradizione italiana con le influenze estere, ed in particolar modo quelle del mondo arabo. Voce ipnotica e che ama farsi notare con giochi vocali che rimandano al Mengoni del post X-Factor. Il coraggio di osare con la voce troppo spesso appiattita dal sound.
E’ la nuova frontiera del (vero) rock italiano fatto nei locali e nelle cantine come i bei tempi esigevano. La voce ha dalla sua quella potenza necessaria ad inchiodare al muro ed il testo è quello giusto per sposare anche il largo gusto del pubblico. Un amore che solo un miracolo potrebbe realizzare appare comunque possibile mentre una chitarra elettrica (esistono ancora quelle suonate davvero, tranquilli) si destreggia in libertà. Il rock che piace.
All’interno di un album che voluto ricercare nuove frontiere espressive le cose migliori rimangono quelle testate ormai nel corso di 20 anni di carriera con risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Non è il miglior brano che la Pausini ha cantato nella sua carriera (né si avvicina nemmeno ai migliori) ma è uno di quelle canzoni che arrivano come vere e sincere nel loro essere classiche. Se da 20 anni canta ballate pop un motivo ci sarà.
E’ la gemma di qualità dell’ultimo lavoro di Ferro che dall’alto della sua popolarità chiama con sé una cantautrice come Carmen che da anni convive con il suo stretto (ma fedele) seguito in grado di capire una poetessa musicale come lei. Le due voci si legano in un duetto atipico, senza troppi svolazzi vocali, pur mantenendo una chiave d’immediatezza. Carmen fa di un artista come Tiziano Ferro qualcosa di immensamente più grande (e non era facile). Consoli grazie di esistere.
E’ il vero nuovo capolavoro di Tiziano Ferro, la canzone che tra quindici anni sarà cantata a squarciagola negli stadi al pari di “Indietro” o “Rosso relativo”. Sulla voce c’è poco da dire, ancor meno sull’interpretazione personale che rende propria ogni parola (anche se non scritta totalmente da Ferro). E’ la canzone in sé a colpire raccontando quella vita di ognuno di noi fatta di dolore ma anche di gioie. Lo stile è quello più tipico del cantautore di Latina a cui si aggiunge quella vena pop-rap portata da Raige che ne ha co-firmato il testo. Un ritratto personale universale.
Divenuto estremamente popolare è in realtà un brano importante per il messaggio contro la violenza sulle donne che racchiude. Emma lo confonde, forse, con un arrangiamento quanto mai studiato ed elaborato dove quella leggera elettronica del nostro pop italiano la fa da padrona. E’ la storia di un amore ossessivo, oppressivo, da cui è difficile districarsi ma da cui bisogna far mantenere intatta la dignità personale. Messaggio importante sfumato da una produzione monumentale.
E’ l’unica vera ballata (eccetto quella sanremese) priva del vestito elettronico all’interno dell’ultimo album del cantante sardo forse perché è un brano che ha bisogno di arrivare limpida e pura con il suo messaggio di libertà. Scanu sembra elevarsi ben al di sopra di quanto gli si sente cantare di solito. La vera sorpresa per Valerio.
E’ l’espressione di quanto sia vero, anche in musica, che “l’unione fa la forza”. Le quattro ragazze, tutte figlie abbandonate dei talent show, si uniscono al grido dell’universalità e dell’uguaglianza dell’amore. Il ritmo pop si unisce a delle barre rap e a degli sprazzi elettronici in un racconto di un amore visto come “diverso”. Vince la normalità e il talento.
E’ una ballata pop con a tema un amore complicato sull’orlo del baratro dove Marco mette in gioco le sue sfumature vocali più graffiate e sabbiose che bene si sposano con il dolore messo in campo dal testo accompagnato da una melodia tipicamente sanremese con gli archi in grande spolvero. Buon lavoro della ditta autorale Camba-Coro che realizza un pregevole bridge finale prima dell’esplosione vocale che rende tutto il senso del pezzo. Struggentemente sanremese.
E’ un altro di quei brani del primo album dell’interprete, emersa grazie all’ultima edizione di Maria de Filippi, che portano in scena quell’eleganza vocale inabituale di cui è dotata. Le firme di Federica Abbate e Cheope sono una garanzia di orecchiabilità e contemporaneamente di profondità ed il pezzo, nella sua semplicità, colpisce.
Costretta ad una veste forse troppo stretta all’Ariston per la sua potenza è questa la vera essenza della Iurato che tira fuori tutta voce che dispone per raccontare un amore stretto da una morsa che ne impone la fine. Ad una canzone tutto sommato modesta si contrappone questa grande voce che merita più spessore. Potenziale.
E’ l’espressione più attuale del pop-autorale femminile uscita dall’ultimo Festival tra i giovani (con qualche borbottio di troppo vista la vicenda). Melodia tipicamente sanremese, voce importante e interpretazione di gran trasporto fruttano un pezzo che sa raccontarsi dall’inizio alla fine mostrandosi per quello che è senza dubbi: un bel brano condito da una gran interpretazione.
La vera canzone vincitrice dell’ultimo Festival di Sanremo nonché uno dei pochissimi tormentoni radiofonici usciti dall’Ariston la scorsa annata. La Michielin sfrutta la ricetta già sperimentata con “L’amore esiste” che non le può far sbagliare la mira. Un tempo si avrebbe detto che il pezzo “girava”, oggi si preferisce dire che “spacca” o, più elegantemente, che “spopola” ma il concetto rimane quello. Radiofonico.
E’ la frontiera più rock dell’ultimo disco del cantante sardo e uno dei suoi ultimi singoli più riusciti grazie ad un arrangiamento che mette tanta carne sul fuoco ed una voce che si esprime con quel suono sabbiato che la contraddistingue. Si parla pur sempre d’amore ma anche da qui Marco dimostra di essere cresciuto negli ultimi tempi. In crescita.
Uno dei brani più belli in scena all’ultimo Festival passato inosservato per quella sua dimensione spiccatamente tecnica che Dolcenera ha voluto offrire non giocandosi la partita su un tormentone (e lei ne è stata capace più volte) ma su una canzone che dimostrasse il suo essere una musicista sopra le righe in ogni senso. Gospel bianco e soul si amalgamo e fanno sognare i timpani.
E’ il pezzo più trascinante e attuale del primo album del giovane “pennuto”. I beat delle strofe salgono in contrapposizione al ritornello che recita “non muore un’idea questa notte sul mondo” facendo poi chiaro riferimento agli attentati terroristici di Parigi. Un rap maturo nel messaggio e nella costruzione musicale.
E’ l’altra grande ballata dell’ultimo disco della Todrani che qui si fa struggente nella sua dedica ad un amore finito al quale “non ci credo più”. Determinazione e fermezza si contrappongono al dolore e ai ricordi mentre la voce si apre in spazi ariosi senza mai strafare. Ariosa e classica.
Le lodi qui vanno tese a Zibba che scrive questo brano prezioso e capace di riportare Patty ai gran momenti della sua storia. Un brano che non ha nulla da invidiare alle grandi canzoni cantate negli anni dalla signora del Piper che interpreta la passione come solo lei può con il suo portamento vocale sensuale. Immensamente e positivamente retrò.
Affianco a “No hero” è il pezzo più riuscito dell’ultimo disco contemporaneo della friulana che qui concretizza ancor di più la sua svolta verso un pop più attuale ed internazionale grazie ad un sound che sfrutta i sintetizzatori e i cori affianco ad una voce centrale che cresce mano a mano diventando anche metallica sul finale. Un potenziale buonissimo singolo con il motivetto orecchiabile ed una voce importante. Contemporanea.
E’ la capacità del grande artista che porta il Renato nazionale a riuscire ad unire un testo dal tema importante e socialmente impegnato con un ritmo che starebbe bene con una canzone più frivola. Si canta di rivoluzione e di responsabilità con un chiaro riferimento alla politica ma il tutto è quanto mai accessibile e canticchiabile. La maestria compositiva dei grandi.
E’ un altro degli inediti della nuova raccolta del cantautore di Ronciglione. Ideale successore di Parole in circolo mantiene quella chiave ritmica incalzante e un testo incentrato sulla vita quotidiana e sul ruolo delle parole. Decisamente migliore del predecessore anche in questo caso Mengoni colpisce nel segno confezionando una hit sicura per il prossimo anno con tanto di ritornello martellando. Incalzante.
Moro è da sempre uno dei più dotati autori del nostro panorama musicale e lo è ancor di più quando scrive d’amore. Da qualche tempo non gli si sentiva più cantare canzoni come questa capace di raccontare un sentimento forte in una chiave accessibilmente pop. Ora che è uscito finalmente dal guscio della “musica d’élite” racconta le paure dell’uomo con sonorità electropop e con la sua voce graffiata perfetta per trasmettere un tormento interiore come questo. Rinato per il grande pubblico.
La gemma dell’ultimo Kekko è questa delicatissima ballata tutta archi e pianoforte (la batteria s’inserisce dopo con le chitarre ma non rompe la magia fortunatamente) e una mielosissima dedica d’amore. Questa volta non ci sono rimandi, ricordi, versi tratti da altri fortunati episodi precedenti e l’ascolto scivola liscio lasciandosi cullare. Trasporto emotivo.
E’ la canzone regina delle radio del 2016: stravince la partita grazie ad un ritornello super-radiofonico che straccia già in partenza ogni altra trovata orecchiabile (Rovazzi incluso). Gazzè continua a mostrare il suo genio autorale riuscendo a coniugare la sua musica non stereotipata e il mondo radiofonico governato dall’immediatezza. Tormentone.
Ultimo singolo di Daniele e compagni proposto per le selezioni di Sanremo 2017 e che li ha portati ad un passo dalla qualificazione richiesta poi a gran voce da fan e critica che hanno riconosciuto il valore innovativo, musicalmente parlando, messo in campo dalla band marchigiana. Ritornello folk e cori coldplayani che lo rendono perfetto in radio. Un brano di felicità.
Ron chiama a sé vecchi amici (e qualche nome da classifica giusto per farsi notare) per un album di successi reinterpretati in duetto. Tutti insieme collaborano in questa canzone storica rivestita di nuova luce risultando sempre piacevole. Una gran festa di voci per una bella canzone storica.
E’ stato il ritorno electropop di Filippo Neviani che riprende il discorso da dove lo aveva interrotto con Sanremo 2015. Ritornello energico con una batteria importante e una voce graffiata. E’ un amore ossessivo e passionale in cui i corpi si uniscono e si raccontano. Energico. |
Ilario Luisetto
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