venerdì 22 Novembre 2024

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Irama e il manifesto di una discografia votata al guadagno e non alla musica

L’ultimo capitolo dell’eterna saga in cui la discografia “sfrutta” e non “fa”

Nel pomeridiano di Amici di Maria de Filippi di giovedì 3 maggio è andato in onda l’incontro tra Irama e Sara Andreani, head of marketing & promotion dell’etichetta Warner Music Italy. L’etichetta del presidente Alboni ha proposto un contratto discografico al giovane talento (ri)scoperto dal talent di Canale 5 (qui tutte le etichette interessate ai ragazzi della diciassettesima edizione di Amici) dopo che questo aveva precedentemente rotto il rapporto lavorativo proprio con Warner Music iniziato con la partecipazione al Festival di Sanremo 2016 tra le Nuove Proposte.

Nel corso del suo incontro Irama ha raccontato quella che è stata la sua esperienza nella discografia italiana negli ultimi 2 anni: “Sono entrato in un’etichetta io sono stato un anno fermo. Nel contratto io c’avevo scritto che dovevo dare otto pezzi entro un dato periodo, io ne avevo dati più di otto in quel periodo e mi è stato detto che non avevo dato i pezzi… mandiamo un casino di mail, scriviamo, chiamiamo… non mi s’incula nessuno e io volevo fare un disco, lavorare nella musica e mi rispondono ma chi sei Michael Jackson che devi stare in studio? meglio se metti i piedi per terra, ma dove voli”. Comunque per un anno non è uscito niente, voi avevate sentito “Un giorno in più”, “Un respiro”, “Voglio solo te”. Sono pezzi che qua stanno dimostrando di poter piacere e c’erano già un anno fa.

Io non sono diverso ora che sono ad ‘Amici’, la differenza è che sono stato sempre troppo educato e quelle volte che dovevo mandare a fanculo qualcuno non l’ho mai fatto perchè mi ci sarei sentito una merda. Questa è la mia vita, è tutto quello che ho. Io mi portavo il foglio alle riunioni e dicevano “allora decidi tu quando esci” prendendomi per il culo e passavano i mesi ed io non uscivo. Ma non perchè si aspettava il momento giusto perchè io le canzoni ce le avevo e hanno fatto passare un anno. La cosa importante è fare la musica: io non ho potuto fare la musica, non ho potuto fare uscire le mie canzoni”.

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Per descrivere la sua situazione il giovane cantautore ha usato un’immagine metaforica molto significativa che, forse, ben risponde alla sua situazione (e non solo): “Io non voglio vivere come un pesce in una rete. E’ come se una major prende un po’ di pesci e poi vede il pesce che va di più e ci investe più soldi. Questa è la verità. Sono io che sono rimasto di merda a piangere tutti i giorni quando non potevo fare uscire la mia musica e vedevo piano piano calare e distruggersi tutto intorno a me. Immagina di vedere la tua vita sgretolarsi senza poter fare niente. Vedere uno che ti guarda negli occhi e che ti dice, me lo ricorderò sempre, “se fallisci non è un problema mio”: se fallisco, invece, stavolta è un problema mio ma me la vedo per i cazzi miei. Non voglio trovarmi in una situazione in cui io non posso far uscire una canzone, non posso far uscire la mia musica.

Io faccio musica non per far soldi, non per scrivere canzoni ad altri ma io faccio musica veramente, come quando ho fatto quel disco da indipendente in una cameretta perchè voglio mandare un messaggio e ci tengo alla musica, ci tengo al mio prodotto e ci tengo a fare qualcosa di vero, qualcosa di sentito veramente. Io qua dentro lo sto facendo, ma io qua dentro sto facendo quello che avrei voluto fare fuori, semplicemente che qua ho avuto un’opportunità di reiniziare, di staccarmi da tutto. Io prima avevo due cazzo manette”.

Per concludere Irama ha fatto una riflessione importante e pregna di significato sulla reale essenza della musica, sul perchè avverte la necessità di esprimersi attraverso le sette note: “Vi faccio una domanda allora, se io non fossi qui ad Amici e se le canzoni non stessero uscendo, l’hype non stesse risalendo mi sareste venuti a cercare? Perché nessuno mi ha più cercato. Io ho messaggi e mail dove chiamo e nessuno mi si incula. Se non fosse stato così queste canzoni sarebbero già fuori. La musica non è una questione di fallire, la musica è fare arte e la cosa brutta è che ci sono ancora persone che ragionano così.

La musica deve nascere come una cosa artistica, quando si mettono in mezzo cose che non sono artistiche la musica diventa una merda e a me fa schifo quel mondo lì. La musica secondo me deve rimanere musica, deve rimanere arte. Quando le cose vanno bene ci sono tutti ma, come dico in “Colpa tua”, “quando vinci tutti amici, quando perdi sei solo”. Quando perdi, e magari non perdi nemmeno per colpa tua, non resta più nessuno. La musica è bella quando è libera, come lo è qua dentro o come era quando ho fatto il disco da indipendente perchè non si fa niente di strano: ho solo fatto uscire qualche canzone. Ma poi torna tutto questo mondo che è quello che mi dice che spunto nel piatto dove ho mangiato senza aver capito che, invece, non ho mangiato niente in quel piatto, anzi mi sono soltanto spaccato il fegato per tutto quello. Pensavo fosse tutto una figata, pensavo ci fosse della gente che credeva in me e magari era così ma ci sono anche delle dinamiche che ti ammazzano, che non fanno uscire le canzoni: per un artista i pezzi sono la propria vita. A me interessa far uscire le canzoni, dare un messaggio, sfogarmi. Non mi interessa nient’altro. Voglio solo fare musica, nella vita ho scelto di fare questo e non ho nient’altro: perchè deve essere difficile?”.

Quella raccontata dalla voce di Un giorno in più, brano che da settimana, sta scalando le classifiche su iTunes in attesa della pubblicazione del nuovo album d’inediti, è una realtà che, purtroppo, caratterizza molti dei percorsi di tanti giovani (ma non solo) nel mondo della discografia italiana. Un mondo che spesso chiude tutte le porte e le possibilità per concentrarsi laddove il profitto è più sicuro, più facilmente ottenibile. E come Irama, purtroppo, in molti hanno sentito dirsi determinate parole che fanno apparire una carriera come chiusa ancora prima di essere stata davvero aperta. Non si tratta di Warner Music o qualsiasi altra etichetta che diventa “cattiva” ma di una situazione generalizzata a causa di un modo di intendere la musica come un qualcosa di distante dall’arte.

Forse, se tornassimo a fare arte e non industria potremmo tornare ad avere anche maggiori risorse e a poter investire su qualità e quantità contemporaneamente. Per ora #IoStoConIrama

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Ilario Luisetto

Creatore e direttore di "Recensiamo Musica" dal 2012. Sanremo ed il pop (esclusivamente ed orgogliosamente italiano) sono casa mia. Mia Martini è nel mio cuore sopra ogni altra/o ma sono alla costante ricerca di nuove grandi voci. Nostalgico e sognatore amo tutto quello che nella musica è vero. Meno quello che è costruito anche se perfetto. Meglio essere che apparire.