Tony Maiello ci presenta così il suo nuovo album d’inediti, Spettacolo, viaggiando tra autorato, omofobia, depressione e, soprattutto, vita
Uscirà nella sua versione digitale venerdì 13 aprile e nella versione fisica il 27 aprile Spettacolo, il nuovo album d’inediti di Tony Maiello che arriva a distanza di otto lunghissimi anni. Per presentarlo alla stampa il cantautore partenopeo ha scelto la via dell’intimità, della stretta condivisione di un racconto personale e prezioso contenuto nelle canzoni: due poltroncine in un salottino ben provvisto di cibo (a cui il cantautore partenopeo ha confessato di non saper rinunciare malgrado si stia attualmente anche impegnando con la palestra) ed un sorriso cordiale, amichevole e sincero per ciascuno. Un sorriso che sa finalmente di leggerezza, di vittoria, di raggiungimento di un sogno che per tempo è apparso come irraggiungibile. Nel raccontare il suo lavoro e le sue nuove canzoni tenute finalmente per sé Tony è finalmente felice di potersi non aspettare nulla di più che ciò che già ha: la musica. Ecco cosa mi ha raccontato nel corso della nostra “intima” chiacchierata:
Allora Tony, ci siamo: dopo 8 anni di attesa arriva finalmente il momento di Spettacolo, un album che, potendo ascoltarlo attentamente in questi giorni, ho personalmente definito nella mia testa come un racconto di vita visto il suo passare attraverso sia brani positivi che canzoni più intime esattamente come la vita stessa fa nel vivere momenti sereni ed altri più difficili. Pensi sia adatta come definizione di questo tuo lavoro?
<<Si, assolutamente si. Ed è per questo che nei ringraziamenti dell’album definisco Spettacolo come la mia vita oltre che la vita di ognuno di noi. Non vuole essere una dichiarazione banale o retorica, però, ma vuole proprio sottolineare il fatto che anche nella vita, esattamente come nello spettacolo, ci sono alti e bassi, dei momenti più tristi e malinconici e quelli, invece, più euforici. E’ il disco della vita, della mia vita. Fino ad ora, perlomeno>>.
E’ un percorso di scrittura che va a comprendere tutti questi 8 anni quello che poi si concretizza nell’album oppure le tracce di questo disco sono state scritte solo di recente con l’intento di tirare le somme su questo periodo della tua vita?
<<No, è un album scritto nel corso di tutti e 8 questi anni. Delle cose, ovviamente, sono state modificate anche perchè crescendo cambia anche il modo di scrivere e di pensare>>.
In questi ultimi 2 o 3 anni hai affiancato alla tua attività di cantante anche quella di autore per i big della canzone italiana. Ecco, questo scrivere per altri ti è stato d’aiuto per crescere nel tuo essere artista in prima persona magari cambiando la tua scrittura, il tuo modo di cantare o di approcciarti alla musica?
<<In realtà no e perchè, in realtà, non ho mai scritto per gli altri: ho scritto sempre e solo per me. Tutte le mie canzoni che ho dato ad altri artisti, e che successivamente ho modificato insieme a loro per adattarle, sono nate inizialmente per me e solo successivamente ho deciso di donarle ad altri. Scrivendo ho imparato, pian piano, a conoscere dei lati di me: è questo, in realtà, che mi ha aiutato molto. Ascoltare le mie canzoni cantante da altre persone, poi, è sempre stato una bella emozione che mi ha sempre fatto capire che le cose dovevano andare così per quei brani ma non ho mai pensato alla musica come una catena di montaggio. Non mi piace l’idea di scrivere su misura, di trasformarsi in una sorta di cecchino: io vivo la musica in modo molto più istintivo. Se una canzone che ho scritto per me può piacere anche ad un altro artista, che sia Laura Pausini o Marco Mengoni, significa che è un brano trasversale e che può catturare anche persone diverse e questo credo sia il fine ultimo della musica: arrivare a tutti>>.
Hai mai pensato ad un album che contenesse tutti quei brani scritti da te ma cantati da altri?
<<Sai che c’ho pensato? A me piacerebbe tanto realizzarlo anche senza alcun fine economico. Sarebbe bello proporle magari così come sono nate magari, senza troppi orpelli. Nei prossimi live sicuramente qualcuna la farò e poi un giorno, magari, capiterà un disco di “cover” scritte da me>>.
Il 2018, malgrado sia iniziato solo da pochi mesi, è, secondo me, l’anno dei cantautori: Ermal Meta ha vinto sanremo ma ci sono già state le pubblicazioni degli album di Roberto Casalino e Giuseppe Anastasi oltre ai singoli di Daniele Magro, Giulia Anania, Federica Abbate… Ecco, quando, un anno fa, ci sentimmo per parlare di “In alto” (qui l’intervista di allora) mi dicesti che secondo te il futuro avrebbe premiato i cantautori e l’indie citando, tra l’altro, proprio Lo Stato Sociale che quest’anno ha trovato la consacrazione al Festival. Sei ancora dell’idea che la musica andrà ulteriormente in questa direzione?
<<Sono un veggente (ride). Comunque si, assolutamente. Non è, ovviamente, un futuro così scontato ma andando in previsione sulla base di ciò che accade nella musica italiana s’intuisce chiaramente che stiamo continuando ad andare in questa direzione. L’ultima novità pare essere Motta, questo giovane ragazzo che, in qualche modo, conferma che la gente ha ancora voglia di ascoltare delle storie che raccontino qualcosa lasciando la musica rap e trap come un qualcosa di collaterale, parallela. Spero che continueremo ad andare in questa direzione per tutti coloro i quali come me scrivono le loro canzoni e per me stesso che vivo il cantare come un qualcosa che mi libera, mi fa stare bene. Probabilmente per me fare l’autore continua a venire ancora prima di fare il cantante ma non volevo privarmi dell’emozione del mettere la mia voce nelle canzoni>>.
A proposito di storie nel tuo album ci sono due storie molto belle e che vanno perlomeno sottolineate: la prima storia è contenuta in Spettacolo ed è un po’ la tua storia e di cui musicalmente ho parlato nell’articolo che sta uscendo proprio nel momento in cui noi parliamo (qui per recuperarlo), mentre la seconda storia sta in Ti difenderò: un pezzo molto importante anche per il momento storico in cui arriva…
<<Decisamente. E’ un brano scritto contro l’omofobia ed è nato dalle confidenze di molti dei miei amici omosessuali che ancora vivono delle difficoltà che costringono quasi a privarsi dell’amore. Io vedo l’amore come una cosa così pura e libera che non dovrebbe per questo avere né padroni né classificazioni nel momento in cui esiste in quanto amore. Ciò che non lo è diventa e resta perversione in qualsiasi campo. Mi fa strano, però, che ancora nel 2018 siamo in qualche modo costretti a vivere l’amore in modi diversi ed etichettati>>.
La tua, però, è una scelta piuttosto coraggiosa ed inconsueta nell’ambito di un album volutamente pop. Pop esattamente come quello di un altro artista (Tiziano Ferro) attaccato da una testata solo qualche settimana fa per il fatto di usare nei propri brani ancora il genere femminile
<<Lo so. Il caso a cui fai riferimento tu è, forse, dovuto, a mio parere, all’idea che l’usare un destinatario femminile in una canzone d’amore faccia più appeal discograficamente. Io non la vedo così assolutamente e credo che di questo non bisognerebbe nemmeno farne un articolo: la musica è così, deve emozionare e basta. Ho affrontato questo tema perchè ci tenevo a dire “ti difenderò” ai destinatari di questo brano restituendo una certezza, una persona su cui contare>>.
Posso farti una domanda, forse, un po’ scomoda?
<<Si!>>
In tante occasioni giovani ragazzi come te scrivono tanti brani per mostri sacri della musica italiana senza veder, poi, davvero riconosciuto il proprio merito. Quando esce un disco di quei cantautori difficilmente c’è una condivisione pubblicitaria magari sui social o, magari, la disponibilità di questi artisti ad un duetto che possa lanciare il giovane cantautore anche mediaticamente…
<<Nel mio caso, forse sono stato io fortunato, tanti degli artisti che hanno cantato le mie canzoni si sono “ricordati” di me in tante situazioni: un esempio su tutti è la disponibilità di Laura Pausini per far aprire i suoi prossimi concerti agli autori del suo nuovo album. In Italia, poi, c’è un po’ la pippa mentale secondo cui se un artista ha un disco personale in uscita non può permettersi di pubblicizzare altri altrimenti “si perde pubblico”: personalmente vedo questa tendenza una sostanziale cavolata perchè nessuno vieta ad una persona di comprare la musica di più artisti>>.
Non hai mai avvertito un invito, più o meno esplicito, a dedicarti alla scrittura per altri invece che “buttare via”, passami l’espressione, le canzoni cantandole da te?
<<Assolutamente si, mi è stato detto in passato perchè per chi sta i vertici del sistema discografico è molto più comodo che io mi dedichi esclusivamente alla scrittura. Io, però, sono uscito con questo disco perchè ho sentito il forte bisogno di farlo, non per scalare le classifiche o far la guerra verso qualche altro artista>>.
Ho letto una tua intervista di qualche giorno fa in cui hai parlato di momenti difficili vissuti nel corso della tua vita
<<Si, ho usato consapevolmente la parola depressione che è un termine che fa sempre molta paura ma che, per esempio, ha usato liberamente anche lo stesso Bruce Springsteen testimoniando, ancora una volta, come all’estero siano sempre più diretti di noi italiani. Nel nostro Paese c’è la tendenza a mettere sempre la testa sotto la sabbia, a nascondere questo tema che, in realtà, è un tema sempre più frequente soprattutto tra i giovani che non sanno da che parte andare per sentirsi realizzati e felici. E’ uno stato d’animo talmente oscuro e pesante da vivere che da soli non è possibile sopportarlo. Dovremmo tutti tornare ad ascoltare e guardare negli occhi le persone per capire se c’è bisogno di noi, del nostro aiuto, di una nostra parola: siamo molto superficiali. Personalmente non avrò mai la paura di dire la parola depressione perchè è un qualcosa che successivamente mi ha rafforzato tantissimo e che si può combattere solo parlandone e confidandosi con qualcuno>>.
Ilario Luisetto
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