Racconto del concerto dei Modà realizzato lo scorso mercoledì 29 marzo al Teatro Arcimboldi di Milano
“Sarà un concerto completamente diverso da quelli che avete visto nei palazzetti, negli stadi e nelle arene“, lo introduce così Francesco ‘Kekko’ Silvestre (qui una nostra intervista) il live dei suoi Modà nella serata di mercoledì 29 marzo a Milano, in un Teatro Arcimboldi sold-out per l’occasione. È la prima data di sei nel capoluogo lombardo, parte del calendario di un “Modà & Orchestra” che vede ben 39 date fissate in tutta Italia. Occasione per festeggiare il ventennale di carriera della band che ha scelto qui di riarrangiare completamente insieme a un’orchestra sinfonica le canzoni più significative di questo percorso, in un concerto meno rock e più intimo rispetto alle tournèe del passato, e in cui si trova spazio anche per qualche interessante aneddoto legato alla scrittura dei testi.
Prima parte incentrata sulle canzoni più recenti |
Se l’inizio è d’obbligo con “Gioia“, perché oltre ai vent’anni di carriera si festeggiano anche i dieci dall’uscita dell’omonimo album che ha portato i Modà a suonare per la prima volta negli stadi, la prima parte è poi totalmente dedicata al repertorio più recente. Dal progetto “Buona fortuna” vengono quindi proposte le dediche di Kekko, avvolte nelle raffinate trame disegnate da archi e violini, alla moglie Laura in “In tutto l’universo” e quella alla figlia Gioia in “Non ti mancherà mai il mare“. Canzone, quest’ultima, che – racconta Silvestre – “ho scritto in un periodo in cui non stavo bene e non volevo più uscire di casa. Avevo paura di tutto e mi ero creato una mia comfort-zone, che però ti rovina. E quindi l’invito nei confronti di mia figlia era di fare tutto il contrario di quello che facevo io“.
Da “Testa o croce” la scelta ricade invece su “Per una notte insieme” per non lasciare totalmente da parte l’anima più rock della band, su “Quelli come me” che Kekko dedica a tutti quelli come lui essendo la canzone con cui sente di essersi descritto al meglio, e su “Quel sorriso in volto“, hit da 25 milioni di ascolti su Spotify e 25 milioni di visualizzazioni su YouTube.
Concerto non solo di musica ma anche di parole |
E qui arriva uno dei momenti in cui anche le parole recitano un ruolo fondamentale, con il racconto dei retroscena dietro alla nascita del brano. “I protagonisti – dice – sono Antonia e Luigi, una coppia di innamorati con ritardo mentale che vedevo spesso fermi nella zona della stazione della metropolitana e da ragazzini capitava anche di prenderli in giro. Diventando grande ho però capito quanto fossero speciali e qualche anno fa li ho rivisti dopo tanto tempo. Era un periodo in cui facevo fatica a scrivere e mi è venuta l’idea di ripartire da loro, romanzando la loro storia“.
Rimanevano fermi in una zona di arrivi e partenze e sembrava volessero partire verso chissà quale destinazione, dovendo però poi tornare sempre nella loro comunità. Lui se li è invece immaginati proprio in viaggio, liberi e lontani da un mondo che li giudica per la loro apparente stranezza. È ciò che ha permesso ai Modà di essere citati su un libro dell’ospedale Fatebenefratelli, la struttura che accoglieva i due. Ne vengono letti alcuni passi sul palco, con la band che viene elogiata per aver dimostrato che la musica è capace di rompere il “muro di separazione tra normalità e follia“.
Richiamo agli esordi e racconti commoventi |
Dai tempi più recenti si fa un lungo passo indietro verso gli esordi, con l’esecuzione di “Nuvole di rock“, brano contenuto nel primo album “Ti amo veramente” e che rimane ancora tra i più amati dai fan della prima ora, e di “Quello che non ti ho detto (scusami)“, “la prima canzone – racconta Kekko – a farci credere che avremmo potuto vivere di musica. Vendemmo 45.000 copie, una cifra impensabile per noi che eravamo reduci da un Sanremo Giovani andato molto male“.
Immancabile è poi l’omaggio a una terra – la Sardegna – molto amata da Silvestre in quella “Cuore e vento” incisa in duetto con i Tazenda, ma è con “Salvami” che i Modà regalano il momento più commovente dell’intero concerto. Una canzone da sempre descritta come una preghiera e qui lo diventa a tutti gli effetti, con le strofe recitate su un tappeto di archi e violini, e un ritornello cantato in maniera eterea e solenne. “L’ho scritta – rivela Kekko – in un brutto periodo della mia vita. La musica andava male e volevo lasciarla, mia mamma si era ammalata di cancro e mi ha chiesto di fare l’ultimo disco. Io mi sono chiuso in studio e ho scritto tutto ‘Viva i romantici’, da cui è poi è decollato tutto. Questa canzone l’ho pensata come una preghiera per mia mamma, sembra sia io a rivolgermi a Dio, ma è come se l’avesse scritta lei“.
Spazio anche all’improvvisazione |
Intelligente la scelta del momento-improvvisazione, che vede protagonisti solo Kekko e la chitarra acustica di Enrico Zapparoli, e con il pubblico chiamato a scegliere due canzoni tra quelle non inserite nella scaletta. Un modo per riuscire ad eseguire, nel corso della tournèe, tutti i brani che meritano attenzione e oggi difficili da portare in scena, per via di un repertorio sempre più ricco e corposo.
Se due giorni prima a Roma era toccato a “Tutto non è niente” e “Non è mai abbastanza“, mercoledì è toccato invece a “Urlo e non mi senti“, scritta nel 2010 per Alessandra Amoroso e qui cantata occhi negli occhi con una ex compagna d’asilo di Kekko, scelta in mezzo alla platea per salire sul palco, e a “Paura di volare“, chicca contenuta in “Gioia” e che aiuta il concerto a trovare un lungo filone intimo e delicato. Arrivano infatti la romantica “Stella cadente” e la sanremese “Lasciami“, attraverso cui Kekko ha raccontato la sua lotta contro la depressione (“Vi ringrazio ancora prima che inizi perché è stato bellissimo cantarla“).
Finale incentrato su “Viva i romantici” e ricordo di Pau Donès |
Inevitabilmente, il finale è totalmente riservato a “Viva i romantici“, l’album certificato disco di diamante. Si parte con “Tappeto di fragole” e si chiude con la title-track, che dal 2011 chiude tutti i concerti dei Modà. Nel mezzo “Arriverà“, quasi irriconoscibile nell’intro e questo spiega il grande lavoro fatto su fiati, archi e violini, qui intenti a disegnare frenetici arabeschi come ne “La notte“, che regala il momento di massima energia e torna in qualche modo alle origini muovendosi tra rock e sinfonia (non tutti sanno che, prima di diventare un tormentone rock, era stata pensata con una parte solo voce e archi).
Mentre con “Come un pittore“, rivestita e cantata invece con una dolcezza rara, arriva il momento giusto per un sentito ricordo di Pau Donès degli Jarabedepalo. “Ero in vacanza – rivela Kekko – a Palma de Maiorca con quella che sarebbe poi diventata mia moglie, Laura. Un giorno sentii alla radio una canzone di cui mi innamorai, ‘Agua’, e, appena rientrato in Italia, comprai tutti i dischi di questo cantante. Tredici anni dopo mi proposero un duetto come ultimo singolo da ‘Viva i romantici’ e io ho fatto subito il nome di Jarabedepalo. È stato bellissimo perché mi trovai in studio con il mio idolo che stava diventando anche un amico. Lo ringrazierò sempre per quello che ha fatto per me, sia come artista che come uomo. Questa canzone non avrebbe avuto lo stesso successo se non l’avesse cantata Pau, e nei nostri concerti non mancherà mai: è il nostro modo per rendergli omaggio“.
Concerto che rende tutti protagonisti |
“Modà & Orchestra” è così il frutto di un lavoro certosino che rende tutti protagonisti. Lo è indiscutibilmente Kekko, con la sua voce piena che in una cornice come quella del teatro si esalta ancora di più. Lo sono i musicisti, di cui vengono messe in risalto tutte le peculiarità: il tocco morbido della chitarra acustica di Enrico Zapparoli che si prende ancora di più i suoi spazi, l’anima più rock di quella elettrica di Diego Arrigoni fondamentale nelle parti più potenti, le linee di basso rotonde e sempre ben definite di Stefano Forcella, e la ritmica della batteria di Claudio Dirani imprescindibile in particolare per spezzare i momenti in cui la voce del frontman è appoggiata solo su archi e violini.
Lo è l’orchestra, diretta dal Maestro Andrea Benassai e capitanata dal primo violino Lorenzo Borneo, che rende tutto più magico e non si riduce alle classiche sviolinate: è di sostegno alla band, riuscendo quindi ad essere sfruttata al meglio e non risultando mai stucchevole. Lo è anche chi ha lavorato dietro le quinte, come il musical director Lapo Consortini che ha curato tutti gli arrangiamenti, insieme al già citato Benassai, contribuendo a dare ai Modà un vestito ancora più maturo che in passato.
Giudizio finale |
Perché è questo che emerge da un concerto di respiro così cantautorale, elegante e pensato per palati fini: una band diretta verso una strada e un pubblico sempre più adulto, che è l’obiettivo da perseguire per chi come loro vuole tenersi lontano dal mainstream attuale. “Modà & Orchestra” sembra così costruito non solo per i fan, ma per chiunque abbia voglia di sentire della buona musica, suonata tutta dal vivo senza trucco e senza inganno. E, perché no, anche per i loro detrattori, che avranno modo di ricredersi su una band che qui dà la definitiva dimostrazione di saper trattare il suono con una qualità impeccabile, mostrando una profonda ricerca musicale e una sensibilità perfetta per adattarsi a questo mondo.
Il concerto funziona proprio perché la musica dei Modà si sposa alla perfezione con la sinfonia, trovando così una sua naturale evoluzione che regala diversi momenti da pelle d’oca, riuscendo inoltre a tenersi ben lontana dal rischio di un’autocelebrazione forzata. Questa non lo è. È semplicemente un modo alternativo, e intelligente, per raccontarsi.
Nick Tara
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