venerdì 22 Novembre 2024

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Tutti contro Annalisa: è lei il capro espiatorio dell’abbassamento della qualità musicale

Davvero Annalisa rappresenta ciò che ha decretato la fine della qualità nella musica italiana?

Tutto è partito da un articolo di Gino Castaldo per L’Espresso e poi, in pochi giorni, Annalisa e la sua nuova “Mon amour” sono diventate il capro espiatorio del decadimento qualitativo della musica pop italiana. In mezzo c’è finita anche Tosca, complice di aver sostenuto la tesi del noto giornalista pur eludendo ogni riferimento alla cantante savonese nello specifico, anzi, dichiarando il suo apprezzamento per le sue qualità canore. Centinaia di fan hanno assalito sia Castaldo che Tosca schierandosi dalla parte di un’ottima vocalist e di una canzone leggera. Diverse altre centinaia, invece, hanno sostenuto l’idea espressa dipingendo lo scenario musicale italiano come da tempo soggetto ad una crisi di valori e qualità.

La tesi di Gino Castaldo |

Nel suo articolo, Castaldo parte dall’analisi del problema: la qualità musicale è sempre più rarefatta. La causa? La perdita di centralità dell’originalità per l’adesione ai dogmi di algoritmi digitali, mode e velocità di comunicazione e fruizione in continua crescita. Anche (e soprattutto) nell’arte.

Annalisa entra nel merito del discorso nel momento in cui Castaldo prende ad esempio la sua ultima pubblicazione (“Mon amour“) per raccontare l’ultima tendenza della produzione musicale nel nostro Paese: il pensare le canzoni in base ai social, ai loro tempi e alle loro esigenze. E così, se Bellissima” è diventata una hit su TikTok grazie ad un balletto di un gruppo di Zoomba, perchè non cercare un medesimo percorso anche per il nuovo singolo scrivendolo appositamente adatto ai prerequisiti del noto social network cinese? Sostanzialmente, afferma Castaldo, è stato questo il ragionamento alle spalle del processo creativo di “Mon amour”: è sufficientemente palese anche soltanto ascoltando il brano o verificando le strategie comunicative e pubblicitarie che ne hanno accompagnato il lancio.

Social e scrittura: due mondi dipendenti? |

Che la scrittura viva dei momenti e dell’attualità è un dato di fatto. La lingua evolve e con ciò condiziona l’espressione. Lo stesso, però, si può dire anche per i mood, i respiri e gli strumenti che colorano una scrittura musicale. Che i social, dunque, abbiano condizionato anche l’espressione linguistica e, di conseguenza, musicale non sorprende. Che in qualche modo ne dettino sempre più anche i tempi nella scrittura e nella fruizione è una deriva facilmente immaginabile considerando la permeabilità che essi ormai si sono assicurati nella nostra vita.

Scrivere, dunque, una canzone in funzione dei social non è un fatto che fa più sgranare gli occhi. I social sono entrati nella musica con i loro termini tecnici. Pensiamo a tutti quei brani che fanno riferimento agli scatti, ai selfie, alle storie o ai direct. Ma i social hanno facilitato anche l’accorciamento dei tempi delle canzoni anticipando il più possibile il primo inciso o favorendone l’incastro nei famosi 15 secondi di Instagram per massimizzarne la diffusione.

Esprimere, dunque, un giudizio di gusto su come i social abbiano cambiato, con coscienza o meno, la musica, la sua scrittura e la sua diffusione è quanto mai appropriato e consentito. Il fatto che un giornalista e critico musicale affermato si schieri dalla parte di chi vede in questo cambiamento un peggioramento è indiscutibilmente base di un parere importante ma non per forza vincolante. La qualità, d’altronde, è un concetto sempre piuttosto labile in cui gusto e oggettività entrano in relazione in modi difficilmente distinguibili nettamente.

Il pop in crisi: esiste un solo modo per proporlo? |

Prendere Annalisa come rappresentante di quegli artisti che hanno scelto di proporre una musica piegata alle esigenze commerciali limitando essi stessi la qualità musicale della loro stessa creatività significa inevitabilmente puntare il dito anche contro l’universo della musica pop italiana. Raccontare di uno stato di crisi sotto questo aspetto significa inderogabilmente esprimere anche un giudizio sull’evoluzione del pop e sulla forma che esso attualmente ha assunto. E’ indubbio che la musica sia in costante evoluzione e che, soprattutto nell’ultimo decennio, questa sia stata soggetta ad una accelerazione costante.

Da un pop nostalgico o sognate proposto da grandi voci crescenti con timbriche riconoscibili messe a confronto con orchestrazioni ricche di archi si è passati attraverso il pop-elettronico ed il folto contributo linguistico dell’indie per arrivare al gusto per gli anni ’80 e ’90, finendo per lasciarsi corteggiare dalle influenze rap. Il pop di oggi non ha nulla a che fare con quello dei primi anni ’10, per esempio. Oggi il pop da classifica è fatto di canzonette allegre in cui i suoni derivano da un PC e le cui immagini vengono pescate, a volte senza un reale criterio di aderenza, da una realtà quotidiana che magari nulla ha a che fare con le ragioni dei sentimenti descritti. Le voci si sono assottigliate privandosi delle necessità di capacità tecniche o interpretative proprie per dare sempre maggior valore alla pulizia omologatrice artificiale spacciata per un effetto di gusto.

Il vero dramma, però, risiede nella mancanza di varietà. Il pop è tanto ed è diverso. Vivere in un sistema discografico e di mercato che, però, sceglie di ridurre questa varietà ad una omologazione da classifica indiscutibilmente accelera le mode e favorisce il successo di un genere o di una proposta ma, contemporaneamente, ne brucia velocemente l’onda esautorandone il potenziale. Che Annalisa oggi canticchi un motivetto banale su di una melodia facilmente adottabile dai balli di gruppo su TikTok non dovrebbe preoccuparci. E’ una sua legittima scelta come lo è per chi sceglie di ascoltare la sua proposta. Il problema è che l’unico modo per proporsi oggi musicalmente su quelle piattaforme che diffondono la musica sia adottare quell’unico sistema imposto.

E chi non vi aderisce artisticamente? E chi, invece, cerca un ascolto musicale differente? A queste domande la musica deve ancora rispondere. Non farlo potrebbe, a ragione, sostenere l’idea di una crisi che non riguarda solo la qualità ma soprattutto la forza di varietà della proposta.

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Ilario Luisetto

Creatore e direttore di "Recensiamo Musica" dal 2012. Sanremo ed il pop (esclusivamente ed orgogliosamente italiano) sono casa mia. Mia Martini è nel mio cuore sopra ogni altra/o ma sono alla costante ricerca di nuove grandi voci. Nostalgico e sognatore amo tutto quello che nella musica è vero. Meno quello che è costruito anche se perfetto. Meglio essere che apparire.