Nei suoi brani parla di disagio giovanile, di emarginazione, di problemi sociali, tutte tematiche cavalcate dai giovani rapper per catturare l’attenzione dei coetanei, ma che Big Mama ha vissuto in prima persona sulla sua pelle. Ventitrè anni, avellinese, Marianna Mammone, questo il suo vero nome, potrebbe scrivere un libro per le esperienze che ha vissuto, diventando in poco tempo e nonostante la giovane età, la portabandiera di coloro che denunciano le discriminazioni. In “La rabbia non ti basta”, il brano che porta al Festival, il suo grido di protesta arriva dritto come un pugno nello stomaco, benchè qualcuno ancora provi a strumentalizzare le sue canzoni. Raggiunta da Rolling Stone, Marianna si è raccontata, dichiarando di soffrire ancora un pò per le critiche sul suo aspetto fisico : “Una persona può sempre fare ciò che vuole, a prescindere da chi è, da dove viene, qual è la sua sessualità o quanto pesa”. Di seguito un sunto dell’intervista :
La rabbia non ti basta è il titolo del tuo brano. Dopo la rabbia cosa c’è?
Negli anni sono cambiata tanto, sono cresciuta molto, ho imparato a canalizzare le mie sensazioni in maniera più matura. Però ammetto di subire ancora lo sguardo e il giudizio delle persone. Ma ho svoltato nell’approccio, perché ho fatto pace con me stessa. Certo è che una certa insicurezza rimane sotto certi aspetti.
Per esempio quali?
Se posto qualcosa sui social e mi criticano. Se ci sono commenti sul fisico ormai non li leggo neanche più. Mentre invece quelli sulla bravura mi toccano. Così come quelli sui messaggi che vorrei far passare e mi stupisco che ci siano dei fraintendimenti, visto che mi sembra di essere piuttosto esplicita. Ma purtroppo c’è gente che cerca di trovarli apposta.
Gli hater hanno cambiato atteggiamento nel tempo o sono solo aumentati?
Il numero è aumentato perché sono aumentati anche i miei traguardi. Ma sai, di solito si tratta di una categoria ben circoscritta: i maschi etero cisgender basic e privilegiati.
Li hai profilati.
Esatto. Appena leggo “Marco” e vedo che nella foto ha le catenelle al collo so già cosa mi ha scritto….
Hai detto che nei tuoi testi c’erano rancore, autolesionismo, suicidio e rabbia. Ma a chi critica i rapper per i testi violenti come rispondi?
Il rap è sempre stato, dalla sua nascita, lo specchio della società. Per cui lamentarsi di testi troppo duri vuol dire non essere contenti della società in cui si vive. Consiglierei di fare un profondo recap su quelle che sono le varie fasi in cui si è mossa la società e poi commentare i rapper. Io ho sempre utilizzato la musica come sfogo personale. Ho avuto una vita tagliente e voglio che le mie parole siano altrettanto taglienti.
C’è però qualcosa che ti da fastidio nei testi di certi rapper, per esempio su come dipingono le donne?
Credo nella libertà e quindi mi prendo la libertà di non ascoltare i rapper maschilisti. Non li sento proprio, così mi salvo dalla fine del mondo. Ma quando una casa cade a pezzi non ti puoi preoccupare del buco nel muro. Devi prima capire perché sta crollando. Facciamo una ricerca storica sulla nostra società, poi arriviamo ai testi musicali. Non bisogna nascondere che la nostra società è ancora maschilista, si basa sul patriarcato, e le donne non hanno potere e voce. Come possono dei testi rap toccare così tanto la sensibilità, mentre quando si vede un telegiornale e si vede che ogni giorno muore una donna non si fa nulla?
«Vengo da una famiglia per niente benestante, sono donna, grassa, rapper e queer: le ho tutte» hai detto al Corriere. Ma qual è il messaggio che vuoi portare a Sanremo?
Che una persona può sempre fare ciò che vuole, naturalmente rispettando gli altri, a prescindere da chi è, da dove viene, qual è la sua sessualità o quanto pesa. Per questo amo fare tanti live, perché lì c’è la rappresentazione di una persona grassa che riesce a tenere un live per un’ora e quindi la gente che assiste si rende conto che anche noi possiamo ballare e fare musica. Non solo ognuno deve sentirsi libero, ma anche libero di fare ciò che vuole.
La passione per il rap per te è iniziata grazie alla musica di Salmo, che hai detto di considerare «il mio mentore, per non dire il mio Dio». Che cosa ti ha insegnato?
Esatto, lui è il mio Dio! Non credo che i suoi testi mi abbiano insegnato qualcosa, infatti quando glielo chiedevano rispondeva, anche incazzandosi, che non aveva nessun messaggio. Ogni rapper ha una storia artistica diversa. Ma Salmo mi ha davvero salvato la vita.
In che modo?
Ti racconto un episodio. Quando prendevo il pullman per andare a scuola facevo ogni giorno la classica “sfilata della vergogna” per cercare posto. Ero molto larga, più lo zaino, quindi era difficile per me passare nel corridoio e così i ragazzini ai lati non facevano altro che prendermi in giro. Allora ho cominciato a sopravvivere da quando ho iniziato ad ascoltare Salmo, mettevo la sua musica nelle cuffiette al massimo volume e mi sentivo potentissima. Perché suonava fighissima e quando ero piccolina ero ossessionata dalla sua musica e andavo a tutti i suoi concerti. Quando lo ascoltavo mi dimenticavo di essere una ragazzina grassa.
A quei ragazzi che allora ti prendevano in giro, oggi cosa diresti?
Il mio successo è la miglior vendetta. Io sono a Sanremo e loro mi guarderanno da casa.
È vero che quando hai sentito i violini dell’orchestra che iniziavano a suonare il tuo brano ti è scappata una lacrima?
Una lacrima? Ho pianto tutte le lacrime che avevo in corpo. Per tre minuti di fila non sono riuscita a fermarmi, singhiozzavo pure. Sono molto sensibile e mi lascio prendere da questi momenti. La prima prova con l’orchestra era la dimostrazione che stava succedendo davvero, non era solo un sogno o qualcosa che leggevo sui social. Per me è stato distruttivo dal punto di vista emotivo, ma in senso positivo.
Eppure sul palco non sembri avere timidezze.
Sono anni che faccio musica e ho portato avanti tutto da sola. Purtroppo mi sono vista scavalcata spesso da persone che erano più avvantaggiate per vari motivi, invece adesso mi sono presa questo traguardo perché ho fatto grandi passi avanti. L’anno scorso mi sono messa a studiare musica, ho sperimentato e imparato cose nuove e quindi Sanremo per me è il premio di tutto questo impegno.
C’è chi dice, fra i rapper e trapper, che una delle difficoltà all’Ariston, più del palco, è avere di fronte un pubblico che non è lo stesso dei vostri concerti.
Essendo da tempo coinvolta nelle tematiche sociali, femministe e politiche mi sono già trovata diverse volte a cantare in teatri importanti dove in prima fila c’erano politici, dirigenti o persone che non facevano parte del mio solito pubblico. Così come persone molto più grandi di me, anche di 80 anni, e devo dire che, non so perché, ma di solito piaccio alle persone adulte. Sarà che sono simpatica, super ironica e sorrido spesso?
Dopo Sanremo qual è la tua collaborazione dei sogni in musica?
Salmo! È il mio idolo. L’anno scorso ho festeggiato i dieci anni che lo ascolto, metà della mia vita. Lui viene prima di tutti gli altri.
Giuseppe Scuccimarri
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