venerdì 22 Novembre 2024

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Sanremo 2024, ci guadagnano tutti tranne la musica

Parlare male di Sanremo 2024 dopo i risultati stratosferici ottenuti in termini di ascolti e di vendite è impresa assai ardua, ma a quasi un mese dalla fine della kermesse ci corre l’obbligo di fare il punto della situazione soffermandoci su dati oggettivi e senza per forza dover spaccare il capello in quattro. E’ vero, a livello di radio, di vendite e di piattaforme digitali è stato un Festival stellare, nello stesso tempo abbiamo assistito al trionfo del maistream, dell’ascolto facile, della ricerca dell’impatto immediato, da questo punto di vista non si è trattato di un Festival di qualità, anzi è stata una manifestazione dalla quale ci hanno guadagnato tutti tranne la musica.

A rimanere resteranno i pezzi di coloro che sono rimasti fedeli a sè stessi, alla lunga le canzoni che rimangono sono quelle che al loro interno contengono canoni classici, chi si è prestato al rap, trap o alle derive dance di facile impatto, resterà destinato al consumo immediato ma non a durare nel tempo. E’ stata una kermesse a immagine e somiglianza del suo direttore artistico, obiettivo di Amadeus nella sua gestione è stato da sempre quello di amalgamare l’offerta, promuovere i giovani e rilanciare vecchie glorie, operazione questa riuscita, il fatto stesso di un ascolto pari al 74% nella fascia d’età 14/24 è il sintomo di un avvicinamento dei giovanissimi alla manifestazione, il contraltare è stato rappresentato nella scelta della radiofonicità a tutti i costi nella confezione dei brani, con conseguente esclusione di quelli di più difficile impatto ma forse con più contenuti.

LA RICERCA DEL CONSENSO IMMEDIATO

La politica del tutto e subito, padrona dei nostri tempi, ha investito anche la principale manifestazione canora italiana, Amadeus cercando l’impatto immediato ha favorito l’accesso alla kermesse di brani a trazione dance tutti uguali tra loro, strizzando l’occhio ai discografici orientati ormai più al guadagno immediato che a una promozione vera e propria degli artisti. Insomma non sicuramente un Festival di qualità, senz’altro un Festival di profitto, una manifestazione tornata prepotentemente ad essere nazional popolare, ma in cui la musica, che avrebbe dovuto rappresentare il piatto principale ne esce sminuita.

Discorso a parte bisogna fare per quegli artisti che hanno ripudiato il proprio stile e le proprie caratteristiche per orientarsi verso la dance cercando il consenso del pubblico e in primo luogo del direttore artistico. C’è chi dice che qualità e consenso popolare non vadano quasi mai a braccetto, ci permettiamo di dissentire, Amadeus nelle sue prime due avventure sul palco dell’Ariston è riuscito ad amalgamare abbastanza bene entrambe le cose, poi si è fatto trascinare anche lui dalla smania del consenso a tutti i costi strizzando sempre di più l’occhio al mainstream.

Non sappiamo quale sarà il futuro della kermesse, manca un anno ed è prematuro parlarne, fatto sta che il Festival di Sanremo è il festival della Canzone Italiana, sminuire tutto a trap e dance per andare incontro al mercato appare un pò svilente, una via di mezzo sarebbe auspicabile.