Recensione del nuovo album d’inediti della cantautrice
L’ultima volta che avevamo sentito parlare di Noemi, all’anagrafe Veronica Scopelliti, era stato in merito all’abbandono della poltrona rossa di The Voice of Italy dove era stata coach per ben 3 edizioni. A febbraio 2016 la rossa è tornata a vestire i panni della cantante tornando a Sanremo da cui sono partiti tutti i suoi progetti discografici più importanti da quell’esordio ad X Factor. Le sperimentazioni del precedente album, per il quale Noemi aveva abbandonato l’Italia per stabilirsi a Londra per ricercare suoni nuovi e un’inedita leggerezza che aveva fruttato uno sfortunato Made in London (sfortunato sul piano delle vendite visto che dai dischi di platino dei precedenti lavori la rossa si era trovata con un pugno di sabbia in mano e nessuna certificazione se non quella del disco d’oro digitale per Bagnati dal sole, uno dei due brani del Festival 2014) sono state archiviate pare definitivamente. Per questo nuovo album Noemi è “tornata” anche artisticamente in Italia ritrovando quelle sonorità pop più tradizionali e dando vita ad uno disco, Cuore d’artista, che, dice lei, è un ritorno alle radici. In realtà delle origini musicali di Noemi qui c’è ben poco. Ricordate Sono solo parole o Per tutta la vita? Bene se pensate che con “recupero delle radici” d’intenda un ritorno a brani come questi siete fuori strada. In questo quinto disco in carriera non c’è spazio per il solito amore delle tradizionali ballate pop dei nostri giorni ma nemmeno per ritornelli acchiappa pubblico che tanto piacciono alle radio in primis. Eh no, non ce ne sta proprio di spazio. 9 tracce (eh si, solo 9 tracce purtroppo) che raccontano la Noemi di oggi fondendo la sua anima soul ai suoni pop senza però rinunciare ad un certo spessore e ricerca. E se per il precedente album ad essere coinvolte in questa ricerca erano le sonorità questa volta l’attenzione si è spostata sui testi.
Il manifesto di tutto questo non poteva che essere quella La borsa di una donnapresentata al Festival del 2016 sorprendendo e non di poco. Una ballata atipica con una struttura melodica ai nostri giorni introvabile nella scena mainstream del pop: impossibile distinguere all’interno di questo racconto dell’universo femminile, che si districa attraverso l’intricato mondo di una borsa, un ritornello da canticchiare sotto la doccia. Un brano di grandissima qualità ma che nell’altro piatto della bilancia presenta una scarsissima orecchiabilità o immediatezza che lo rendono decisamente impopolare ai nostri giorni. Sarebbe stato un degno avversario del capolavoro della collega e amica Fiorella Mannoia negli anni ‘80 quando cantava la sua “Quello che le donne non dicono” di cui quella di Noemi potrebbe benissimo essere il sequel anche se arrivato fuori tempo massimo.
Tutto il resto dell’album segue quest’impronta vantando firme prestigiose e di prim’ordine. Se Marco Masini firma, insieme a Marco Adami e Antonio Iammarino, il brano sanremese, Ivano Fossati si concede per Idealista! (da cui viene anche il titolo del disco) che meglio di tutti è riuscito a fotografare la Noemi di oggi, una donna che vuole a tutti i costi fuggire dalle regole che gli altri sembrano imporle.Gaetano Curreri (il leader di quegli Stadio che il Festival l’hanno vinto con “Un giorno mi dirai”) oltre ad occuparsi della direzione artistica è anche l’autore delle melodie di tre brani di quest’album: Devi essere forte (il cui testo lo firma quel Gerardo Pulli, vincitore scomparso di Amici 11) che si fa più acustica ma continuando a voler “uscire fuori dagli schemi” come dice il testo, Devi soltanto esistere e di quella conclusiva Veronica guarda il mare che con la sua delicatezza funge da cartolina per suggellare definitivamente i contorni della Noemi di oggi. Ed è lei stessa a firmare I love you (unico brano dal titolo anglosassone anche se cantato in prevalenza in italiano) che melodicamente è il ritratto della Veronica soul, jazz e blues che conosciamo.
La parte veramente più “tradizionale” è quella che parte con il Giuliano Sangiorgi autore (sempre più prolifico in questi ultimi mesi) che trasferisce in Noemi un po’ dell’ “universo-Negramaro” con Fammi respirare dai tuoi occhi in cui l’atmosfera si fa decisamente più rock per raccontare quella forza interiore che porta ad andare sempre avanti. Mentre aspetto che ritorni è l’elemento furbo di un album pop in cui l’amore è bandito e i testi sono sofisticati: ad Alessandra Flora (già autrice per Malika Ayane ed Emma) è assegnato il compito di creare l’eccezione che conferma la regola nel caso in cui ce ne fosse bisogno per un futuro magari radiofonico se le cose non dovessero andare come si spera. Il vero brano a spiccare è però Amen (e Noemi dovrebbe mangiarsi le mani per la scelta di non portare al Festival un brano con questo titolo visto l’esito tra i giovani) figlio, ancora una volta, di quella che è la “regina” Mida di quest’ultimo periodo: Federica Abbate, per l’occasione coadiuvata dal non nuovo Cheope (figlio di Mogol). Un brano che spicca sotto tutti i punti di vista: testo impegnato che recita “siamo tutti figli della stessa terra e siamo in guerra”, voce sublime che esprime tutte le sue dote e un arrangiamento che sta tra pop e rock come la tradizione italiana d’oggi vuole per sfondare in radio e nelle classifiche.
Quella di “Cuore d’artista” è una Noemi che prova nuovamente ad “alzarmi in volo”, come canta nella sua “I love you”, con un album ricercato e mai banale. Se riuscirà ad rialzarsi dopo le cadute dell’ultimo biennio sarebbe davvero espressione del suo merito di grande artista qual è certo è che le premesse non sono delle migliori. Noemi vuole fare la donna matura, l’artista consumata e non più la bambina che canta di amori finiti ma il pubblico sembra non apprezzarla più come una volta. Lei si sente di fare questo e noi lasciamoglielo fare sperando che un giorno decida di tornare a sentirsi giovane dentro e magari riprenda in mano le sue vere origini. Per ora ci teniamo la sua voce magnifica, le hit da alta classifica torneranno.
Migliori tracce: Amen
Voto complessivo: 7.8/10
Qui trovate anche la nostra video-recensione dell’album
Ilario Luisetto
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