A tu per tu con il noto attore e regista, per parlare di musica e dell’affascinante figura di Mia Martini
Quattro David di Donatello e un Orso d’Argento sono soltanto alcuni dei riconoscimenti ottenuti da Michele Placido nel corso della sua cinquantennale carriera. Attore e regista di fama internazionale, ha sempre apprezzato la musica, riconoscendone il grande valore culturale. Risale a dieci anni fa la sua partecipazione a Sanremo 2009 in qualità di ospite nella serata dei duetti, interpretando al fianco dell’amico Al Bano Carrisi la canzone “L’amore è sempre amore”. Lo ritroviamo nuovamente in una manifestazione canora in occasione di “Buon compleanno Mimì“, rassegna giunta alla sua settima edizione, dove abbiamo avuto modo di scambiare una piacevole e interessante chiacchierata.
Cosa rappresenta per lei la figura di Mia Martini?
«Mia Martini è stata una delle interpreti più importanti della nostra musica leggera italiana, la potrei accostare ad Edith Piaf per il tipo di emozioni che è riuscita a suscitare attraverso le sue performance. Andando su riferimenti maschili, il primo nome che mi viene in mente è Luigi Tenco, anche se lui aveva un modo diverso di porgere la parola. Mimì non è soltanto l’interprete melodiosa o rabbiosa che tutti conosciamo, lei ha sempre avuto una forte attitudine teatrale, nel senso più alto del termine. Quando penso ad un grande Maestro del teatro come Giorgio Strehler, mi vengono in mente cantanti come Ornella Vanoni e Milva, che sono riuscite a vivere e riscrivere le canzoni al momento della loro interpretazione. Sinceramente, dubito ce ne siano state altre».
Questa era una dote che Mimì, a differenza delle altre colleghe da lei citate, forse aveva innata…
«Credo proprio di sì, è giusto che lei sia ricordata come l’interprete più emotiva, perché attraverso le sue esibizioni ha regalato emozioni, donando ad ogni singola parola pronunciata un alto riferimento sia colto che suggestivo. Non è facile, è una di pancia, entrambi abbiamo questo punto in comune, perché anche in me riconoscono una certa istintività, sia come attore che come regista. Questo distinguo che lei aveva appartiene anche a me».
Canto e recitazione sono due forme di espressione artistiche che spesso entrano in contatto e possono regalare alchimie, oserei dire magiche. Mi viene in mente, ad esempio, una scena di “Viva l’Italia“, un suo recente film diretto da Massimiliano Bruno, dove lei attraversa una piazza piena di manifestanti in rivolta sulle note di “Italia” di Mino Reitano. Musica ed immagini insieme possono fare la differenza?
«Personalmente sono un po’ contrario a questo genere di unioni, perché non sempre la combinazione riesce, nello specifico il caso che hai citato devo ammettere che rappresenta una delle poche eccezioni. Un’altra scena che mi viene in mente appartiene a “Romanzo criminale”, un film da me diretto, in particolare la scena ambientata in un night club in cui i ragazzi si lasciano andare ed intonano “Tutto il resto è noia” del grande Franco Califano. Ecco, questi credo siano tra i pochi esempi che mi vengono in mente di accostamenti tra cinema e musica che si possono definire azzeccati».
Per concludere, cosa manca alle nuove generazioni rispetto a personaggi e personalità così carismatiche come Mimì?
«Soprattutto le giovani cantanti di oggi badano troppo alla bella voce, si concentrano troppo sulla tecnica e si preoccupano di non steccare, tralasciando l’aspetto umano, a differenza magari di alcuni giovani ragazzi che, attraverso il rap, raccontano maggiormente quello che sta accadendo, con un linguaggio contemporaneo e un atteggiamento consono ai tempi che stiamo vivendo. Molte delle canzoni che sento in giro non sanno di vita e non si adeguano al grande cambiamento sociale attualmente in atto, molti giovani non riescono a tirare fuori un po’ di sana disperazione, su questo dovrebbero proprio prendere esempio da una grande figura come Mimì».
Nico Donvito
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