domenica 24 Novembre 2024

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Bugo: “Evolvere è fondamentale, cerco sempre di anticipare il mio futuro” – INTERVISTA

A tu per tu con il cantautore lombardo, in uscita con il singolo “Mi manca” in duetto con Ermal Meta

A qualche mese di distanza dalla nostra precedente chiacchierata, ritroviamo con piacere Bugo per parlare del suo nuovo singolo “Mi manca”, secondo singolo estratto dal suo ultimo disco “Cristian Bugatti”. Il brano, in rotazione radiofonica dallo scorso primo maggio, si avvale dello speciale coinvolgimento di Ermal Meta, che aggiunge profondità e interpretazione al pezzo firmato da Simone BertolottiAndrea Bonomo e dallo stesso cantautore lombardo.

Ciao Cristian, bentrovato. Partiamo dal tuo nuovo singolo “Mi manca” che, nel suo essere nostalgico, rappresenta un elemento a tratti inedito nel tuo percorso. Com’è nato?

«La canzone nasce nella parte finale della realizzazione dell’album, ovvero la scorsa estate. Ad un certo punto, dopo aver ultimato le prime tracce, ci siamo resi conto che mancava qualcosa di più emotivo, ho dato questo input ai miei produttori Simone Bertolotti e Andrea Bonomo, che ringrazio perché insieme abbiamo realizzato praticamente tutto il disco. Sul fatto che si tratti di un elemento inedito nel mio percorso, mi sento di precisare che lo è se pensiamo ai singoli, però mi vengono in mente “Che diritto ho su di te”, “Cosa fai stasera” e altre canzoni del mio passato che hanno un taglio fortemente emotivo. Certo, già dal titolo questo nuovo brano è dichiaratamente nostalgico, perché ha a che fare con il tema della mancanza, senza perdersi troppo nei ragionamenti: quando sei nostalgico pensi subito a qualcosa che ti manca».

Un brano che mette in risalto le doti da interprete di Ermal, che siamo più abituati ad ascoltarlo con le sue bellissime canzoni e che, invece, in questo pezzo si incastra alla perfezione con il rispetto e l’esperienza tipica di un grande artista. Non lo conoscevi personalmente, non eravate amici: cosa ti ha più colpito di lui dal punto di vista umano e professionale?

«Non eravamo amici, ma quando penso ad una collaborazione valuto l’apporto artistico che una determinata persona può donare. Dopo aver scritto “Mi manca” ho pensato subito a lui per via del suo timbro vocale, del suo mood emotivo, sono andato quasi a colpo sicuro, avevo avuto la percezione che sarebbe potuto incastrarsi perfettamente in questa canzone, il che non è affatto scontato. Fortunatamente la mia idea gli è piaciuta subito, abbiamo avuto poco tempo per registrarla ma non è la durata che determina la qualità, quando una cosa funziona tutto viene fuori con estrema facilità. Questo è un po’ il mio modo di ragionare, le cose che richiedono troppo tempo, che sono troppo cervellotiche, hanno già in sé qualcosa che non funziona. L’incontro con Ermal è stato indolore, piacevolissimo e mi ha lasciato molto. Sono contento che piaccia ai suoi fan perché, anche questo, non era affatto scontato: per me è una conquista».

Tra le cose che più ci mancano in questo momento storico, c’è sicuramente l’astinenza dal live, come te la immagini un’estate senza concerti?

«Allora, partiamo dal presupposto che non sono mai stato in tournée tutte le estati, bensì tendenzialmente quando c’è un disco da promuovere. In circa vent’anni di carriera mi sono capitate un paio di estati in cui non ho suonato completamente, nemmeno in qualche Festival in giro. In più non sono uno che ama andare a vedere i concerti degli altri, non sono un grande ascoltatore di live, nella mia vita ne avrò visti pochissimi. Non vivo con l’ansia da prestazione, certo, ho una gran voglia di suonare dal vivo, tecnicamente siamo anche pronti perché abbiamo una struttura molto organizzata e decisamente sul pezzo, d’altra parte non voglio farne un dramma, perché il Coronavirus è un qualcosa che riguarda tutti, l’intera razza umana. Quindi, passerò un’estate in estrema tranquillità, per quello che mi riguarda me ne farò una ragione, perché sono una persona costruttiva e positiva, mi piace pensare che quando torneremo a suonare dal vivo saremo ancora più carichi di prima».

https://www.youtube.com/watch?v=rR4NgD1qNUo

A livello discografico, sono stati fatti un sacco di appelli in favore di tutta la categoria, come pensi ne potrà uscire l’industria musicale da tutto questo?

«La nostra categoria è una categoria un po’ particolare, negli anni ho sempre visto pretendere, chiedere e lamentarsi, per come sono fatto io non ho mai appoggiato questo tipo di discorsi, non sono uno che scende in piazza e dice “uffa, lo Stato non mi da i soldi”, sono uno che lavora. Questo riguarda il mio modo di ragionare, poi, è chiaro che ci sono un sacco di persone in difficoltà, ognuno deve fare i propri conti in tasca, non metto assolutamente in dubbio i problemi delle persone, però bisogna cercare di essere costruttivi, non possiamo prendercela con il Presidente del Consiglio se dice che la nostra categoria diverte e appassiona, perché noi artisti che facciamo? Il nostro ruolo fondamentalmente è quello. Non voglio essere troppo duro, ma dovremmo evitare di aspettare sempre che il papà ci imbocchi, diamoci da fare, dimostriamo di essere forti».

Eppure la musica è sempre in prima linea in questo genere di emergenze, è bello quando tanti artisti uniscono le forze e danno vita ad iniziative benefiche come nel caso del progetto “Italian Allstars 4 Life” per sostenere la Croce Rossa Italiana, mi riferisco naturalmente alla cover di “Ma il cielo è sempre più blu”. Che esperienza ha rappresentato per te?

«Innanzitutto ci tengo a sottolineare che insieme alla Mescal, la mia etichetta discografica, abbiamo già appoggiato diverse attività solidali. Quando mi hanno proposto questo progetto in favore della Croce Rossa ho accettato a scatola chiusa, solo successivamente mi hanno detto che si trattava del brano di Rino Gaetano, che già conoscevo bene. Sono felice di essere stato scelto, perché parliamo di cause benefiche che vanno al di là di tutto, della musica stessa».

Dimmi la verità, a chi è venuta in mente l’idea di farti cantare proprio il verso “chi vuole l’aumento, chi gioca a Sanremo“?

«A me! L’ho chiesto io, perché sono un genio del marketing (ride, ndr). Essendo io molto autoironico ho scelto proprio quel verso, che è stato apprezzato per l’ironia, come è stato anche nel caso del verso cantato da Baglioni. Nel complesso è stata un’operazione che, secondo me, è venuta molto bene, compreso il video molto carino, una bella cosa e sono contento che la gente l’abbia apprezzata portandola prima in classifica, vuol dire che tutti i proventi andranno alla Croce Rossa e questo per me è una conquista, la dimostrazione che noi italiani, quando vogliamo, sappiamo essere solidali, un popolo unito».

A proposito di Sanremo, non voglio entrare nel vivo di quella che ormai sembra essere diventata una saga, uno spin-off del Festival, anche perchè prima del Covid non si è parlato d’altro. Però una domanda concedimela, più che altro una curiosità, per capire se tutti quei meme, quelle battute sul web, alcune davvero molto divertenti, in qualche modo ti hanno divertito o infastidito?

«Mah, un po’ tutte e due le cose, è giusto che i ragazzi da casa si divertano, perché ci sono migliaia di persone che non sapevano chi fosse Bugo, ci sta e va bene, non è una cosa che mi offende. In più ho fatto un gesto di dignità, non ho niente di cui vergognarmi, però per la nostra squadra non è stato affatto facile, volevamo fare una cosa seria ed è finita in cagnara, cosa che noi non volevamo assolutamente. Quindi, continuare a giocare su questa cosa, stare dietro a tutti i vari commenti sui social network, non è stato facile, a volte c’era poco da ridere, ma è il prezzo del successo, quindi va bene così. E’ un misto di sentimenti che, piano piano, stanno un po’ scemando, sono consapevole che questo è un episodio che rimarrà nella storia della musica italiana, ci sono finito dentro, non è una cosa che ho voluto io. L’unica cosa che non accetto riguarda la teoria complottista: ti pare che vado a Sanremo con la voglia di fare una pagliaccia del genere, farmi umiliare solo per diventare più famoso? Ma non esiste, piuttosto torno a lavorare nei campi, non a caso ho deciso di non rilasciare più dichiarazioni sul mio compagno, ex amico, non mi interessa, per rispetto in primis del mio team, degli investimenti e del lavoro realizzato».

Il tuo album “Cristian Bugatti” non è passato affatto in secondo piano, permettendoti di arrivare ad un pubblico più vasto rispetto al passato. A questo momento sei arrivato pronto, sia perché alle spalle hai vent’anni di carriera, sia perchè tra le mani hai davvero un gran bel disco. Cosa ti rende più orgoglioso di questo tuo ultimo lavoro?

«Per me è un disco che segna l’inizio di un percorso, nella mia concezione di artista e di uomo sono sempre al grado zero, poi la mia storia parla da sé, non devo di certo dirlo io che ho una carriera di vent’anni, il passato racconta. Quando mi sono posto l’obiettivo di Sanremo, insieme ai miei collaboratori siamo andati dritti per la nostra strada, concentrati su quello che volevamo raggiungere. “Cristian Bugatti” è solo l’inizio di un percorso che mi auguro possa durare tanto, siamo appena partiti. Ragionando in questo modo riesco a superare con più forza mentale quello che succede, sfido qualsiasi artista a riuscire a mantenere la stessa lucidità organizzativa e mentale che, insieme a tutte le persone che lavorano con me, abbiamo mantenuto dopo tutto quello che è successo a Sanremo. Siamo molto concentrati sul disco e sul futuro, il resto non ci interessa».

Per concludere, ora che sei entrato finalmente “nel giro giusto”, come cantavi in tempi non sospetti in una tua canzone del 2008, c’è qualcosa che ti manca del giro di prima? Qualcosa che, per il momento, ti convince meno del mainstream?

«Ma no, il passaggio è stato graduale, avendo quarantasei anni ne ho viste di cotte e di crude, non è che mi manca qualcosa del passato o del mondo indie, altrimenti non sarei andato nemmeno a Sanremo. Sto bene e sono contento dei risultati ottenuti fin qui, me la godo, non vedo l’ora di portare avanti i miei progetti, cercare di realizzarli con obiettivi sempre più grandi. Non mi manca per niente il mondo dov’ero prima, crescere serve a me sia come uomo che come artista, evolvere, senza fossilizzarmi su certi stereotipi, io non voglio rimanere il Bugo di “Mi rompo i coglioni”, cerco sempre di anticipare un po’ il mio futuro, per me è quello che conta».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.