lunedì 25 Novembre 2024

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Letteratura a 45 giri: Fidanzati dell’inverno ed Edoardo Bennato

Una canzone, un libro: insieme – Chi ha paura degli young adult?

Cari lettori, oggi vorrei fare un tributo al tipo di letteratura che come nessun altro mi ha avvicinato al mondo dei libri: la narrativa fantasy. Nel periodo della mia infanzia, infatti, non passava giorno che non avessi sul comodino un libro di una qualche saga narrante le avventure di cavalieri scapestrati dal cuore d’oro, coraggiose eroine guerriere, giganti, draghi e altri improbabili mostri magici. Poi, ovviamente, come credo per l’80% dei ragazzi nati negli anni Novanta, è giunto il magnifico periodo che io definisco “l’era dello stare sempre in casa per passare tutte le ore che ci sono concesse a leggere quegli strabilianti libri della saga per ragazzi migliore del mondo”. In altre parole, il “periodo Harry Potter”. Tuttavia, dopo questo grande momento, sono arrivate le scuole medie, durante il cui periodo non facevo una grande opera di selezione dei libri da leggere. Unici requisiti richiesti: avere come protagonisti vampiri (sì, anche io sono caduta nel baratro della “febbre Twilight”), fantasmi assassini, maghi e streghe. Oggi i miei gusti sono molto cambiati, ma la me-lettrice viene da lì. Sono frutto tanto di Harry Potter e Lo Hobbit quanto dell’ennesimo libro young adult che parla di accademie per vampiri tutti innamorati della solita umana impacciata e svampita.

Oggi dunque vorrei parlare di un libro che potremmo classificare come young adult fantasy, e lo vorrei fare per due motivi fondamentali:

  • Riabilitare questa categoria di libri, per sottolineare che, sì, non tutti sono dei capolavori (e ammetto che alcuni mi fanno veramente rabbrividire), ma ci sono anche alcune chicche a cui bisognerebbe dare visibilità.
  • Rispondere all’articolo dell’altro autore di questa rubrica. Caro collega, ti direi che sì, mi piace leggere libri riflettendo sulla società di cui si narra, ma no, non ho la presunzione di ritenere le mie recensioni sagge né di leggere solo opere di autori “intellettualmente superiori”. Non tengo neanche più il conto di quante pietre miliari della letteratura mi mancano, ma ho in compenso una discreta cultura su tutto ciò che può uccidere un vampiro innamorato. 

Quindi oggi vorrei parlare di quello che secondo me è un buon libro per ragazzi. Non un capolavoro, non il futuro Pastorale americana, ma un buon libro fantasy destinato a un pubblico giovane. Si tratta di Fidanzati dell’inverno, di Christelle Dabos, prima parte della saga in quattro libri dell’Attraversaspecchi. Ora, personalmente ho letto solo i primi due libri, quindi non posso parlare per l’intera saga; mi concentrerò sul primo libro, cercando di spiegare perché, secondo me, è una buona opera d’intrattenimento.

Ma prima, una doverosa premessa. Come Guida galattica per autostoppisti, anche questo libro è un regalo che ho fatto all’altro autore della rubrica in occasione del suo compleanno (ammetto che tendo a regalargli libri che con buona probabilità poi leggerò anche io). Non ho ancora capito se gli sia piaciuto o no, ma ormai non ha più importanza: d’ora in poi solo edizione double face per lui.

Ma veniamo alla storia. A dispetto del titolo, Fidanzati dell’inverno è tutto tranne una storia d’amore. O meglio, esistono effettivamente due fidanzati, Ofelia e Thorn, ma il loro è un fidanzamento che ha ragioni politiche, di convenienza, almeno se ci atteniamo alla prima parte della saga. In realtà questo libro parla di una giovane strappata alla sua casa e ai suoi affetti per essere mandata a vivere contro la sua volontà in un mondo che le è completamente estraneo, circondata da persone di cui non si può fidare e da ogni genere di pericoli. E fin qui voi mi direte: nulla di nuovo. Ed effettivamente potrei concordare con voi.

Cos’è allora che rende questa storia diversa dalle altre? L’ambientazione. Christelle Dabos ha un’immaginazione invidiabile. Ambienta la sua narrazione in un tempo in cui il “vecchio mondo” è distrutto e al suo posto vi sono tante “arche”, territori separati tra loro e dispersi nello spazio. I popoli che abitano queste arche hanno ognuno un “talento specifico” e uno “spirito di famiglia” che li guida e li governa. Ofelia proviene da Anima, arca i cui abitanti sono animisti, ovvero in grado di influenzare gli oggetti e leggere il loro passato. Ofelia, oltre ad essere una talentuosa lettrice del passato degli oggetti, è anche in grado di attraversare gli specchi, abilità che non molti su Anima sviluppano. In seguito ad accordi politici e intrighi di vario genere, la nostra protagonista viene mandata sull’arca Polo per sposare Thorn. Gli abitanti del Polo hanno “talenti” pericolosi e differenti a seconda della famiglia di origine, come l’abilità di recare danni fisici al prossimo col solo pensiero, creare potenti illusioni o leggersi nella mente a vicenda. 

Uno degli aspetti più interessanti dell’intero libro è la descrizione degli ambienti del Polo. Essi, nella realtà freddi, cupi e nevosi, vengono perennemente distorti otticamente dalla capacità di uno dei clan dell’arca, i cui membri possono creare illusioni ottiche di giornate soleggiate e giardini dai vividi colori.

“Ofelia dietro le lenti sgranò gli occhi. Splendente nella luce del giorno in declino, un parco campestre dispiegava intorno a loro il suo fogliame autunnale. Finita la notte, finita la neve, finita Città-cielo. […] La porta che avevano appena varcato si ergeva assurdamente in mezzo al prato. […] Incantata dal venticello tiepido, la zia sbottonò la pelliccia”.

E ancora:

“Nel cielo la finta luna splendeva come un sole di madreperla, e le finte stelle facevano pensare a veri e propri fuochi d’artificio”.

Ma tutto ciò è solo una bella illusione. Nella realtà dei fatti Christelle Dabos ci descrive un mondo corrotto, una corte piena di persone senza scrupoli, di traditori e traditi. Vengono organizzati grandi balli e serate, cene sfarzose e sontuose cerimonie. È un mondo fatto di burattini e di marionettisti. E quello che più cerca di fare Ofelia, che si ritrova suo malgrado circondata da tutta questa falsità, è non diventare una bambola a sua volta.

È una situazione che per molti versi mi ha ricordato quella dipinta da Edoardo Bennato nella sua canzone Mangiafuoco, del 1977.

Non si scherza, non è un gioco
Sta arrivando Mangiafuoco
Lui comanda e muove i fili
Fa ballare i burattini
[…]
Ma se scopre che tu i fili non ce l’hai
Se si accorge che il ballo non lo fai
Allora sono guai e te ne accorgerai
Attento a quel che fai, attento ragazzo
Che chiama i suoi gendarmi e ti dichiara pazzo!
C’è un gran ballo questa sera
Ed ognuno ha la bandiera
Marionette, commedianti
Balleranno tutti quanti

In ‘Fidanzati dell’inverno’, Mangiafuoco non è una persona in particolare. Non è lo Spirito di famiglia Faruk, ormai incurante del suo popolo. Non è nemmeno l’antagonista di turno, che si ritrova ad essere uno dei tanti pezzi di una macchina molto più grossa di lui. Sono le abitudini, i costumi, gli stili di vita? In parte. Credo che il vero Mangiafuoco di questa storia sia la modalità di pensiero e di azione che si è sedimentata nelle abitudini di questi personaggi. Un Mangiafuoco che, a dirla tutta, fa più paura di un classico antagonista perché molto più difficile da sconfiggere.