Un Libro, Una Canzone: Insieme
Questo matrimonio non s’ha da fare
L’amore aveva lastricato questa famiglia di cadaveri sui quali sgambettava un numero esponenziale di marmocchi, e tutte queste donne erano pronte a ricominciare da zero, con il cuore puro, a incantarsi per l’improvviso rossore sulle guance incavate di Thérèse, identificato immediatamente come il segno dell’amore, quando io avevo sperato in un’innocente tubercolosi.
In La passione secondo Thérèse, uno dei romanzi facenti parte del “ciclo di Malaussène” di Daniel Pennac, Benjamin non vede di buon occhio l’innamoramento della sorella. Forse a causa di una madre assente e perennemente incinta, o per l’ingente numero di fratelli e nipoti a cui deve già badare, o ancora per l’idea che di Thérèse si è costruito nella mente. Qualunque sia la ragione, a suo parere una storia d’amore e, ancora peggio, un matrimonio, benché l’amante-amato in questione sia un uomo d’alto rango, un “consigliere referendario di primo livello”, non potrebbero che portare sventura a Thérèse e a tutta la famiglia.
Vedevo l’avvenire nero. Inutile guardare in aria per sapere che la copronuvola ci seguiva…
I punti di forza
In La passione secondo Thérèse molti elementi si sommano e si intersecano tra loro. La verve comica del romanzo, che si esprime anche attraverso neologismi bizzarri e divertentissimi, si sovrappone a una struttura che, nella seconda parte dell’opera, potremmo definire tipica di un giallo, mentre tutta la vicenda è ricoperta dalla consueta patina surreale, tipica dei romanzi del ciclo Malaussène. Tuttavia, sono due le vere punte di diamante del romanzo: le frequenti riflessioni che Benjamin fa nel raccontare la vicenda e la descrizione del personaggio di Thérèse.
Le riflessioni di Benjamin
Irriverenti, cinici, alle volte completamente folli, i commenti “fuori campo” di Benjamin sono l’elemento che preferisco di tutto il romanzo.
Alcuni fanno semplicemente sorridere per la schiettezza che li contraddistingue, una libertà di parola che Ben non sempre si permette quando ha di fronte realmente qualcuno:
Rachida mi piaceva Julie, te lo dico chiaro e tondo, quel magnifico incendio mi piaceva. Era terribilmente juliana. Un’adorabile rompicoglioni. Come te all’inizio.
Quando il matrimonio tra Thérèse e il suo amato è alle porte, Benjamin si convince che questa storia lo vedrà un’ennesima volta come capro espiatorio di un qualche crimine, e che ben presto verrà arrestato per il verificarsi imminente di chissà quale sciagura. Così, man mano che i suoi pensieri divengono sempre più ossessivi, anche le sue riflessioni si fanno più allucinate.
Né gli uni né gli altri capivano davvero cosa facessi. Mi allenavo segretamente. Anticipare la disgrazia senza far condividere i tormenti dell’anticipazione, ecco il vero eroismo. […] Quella notte ho avuto voglia di incatenarmi in cantina.
Thérèse Malaussène
Thérèse è una fenice. Muore e resuscita dalle sue ceneri più forte, bella e, soprattutto, più strana di prima. Thérèse è un’innamorata sfortunata, è un’indovina che non ha più il suo dono, e la perdita di questa sua identità la trasforma in qualcosa di diverso, ugualmente candido ed etereo. Prima del matrimonio, è una bambina che cerca un proprio posto nel mondo e nel microcosmo della sua famiglia.
Ho bisogno di un uomo e di una vita che abbiano un capo e una coda Benjamin, è il mio modo per essere originale, di rompere il conformismo famigliare… perché in fatto di conformismo (sai che non voglio offenderti) quella che chiami la nostra “tribù” non scherza affatto! L’originalità a oltranza, ecco il nostro conformismo.
Thérèse, alla fine del romanzo, rinascerà più forte, diverrà una sé stessa all’ennesima potenza, non perdendo però la propria essenza più intima. Come direbbe Riccardo Cocciante, rinascerà Cervo a primavera.
Io rinascerò
cervo a primavera
oppure diverrò
gabbiano da scogliera
senza più niente da scordare
senza domande più da fare
con uno spazio da occupare
e io rinascerò
amico che mi sai capire
e mi trasformerò in qualcuno
che non può più fallire
[…]
e io rinascerò
amico caro amico mio
e mi ritroverò
con penne e piume senza io
senza paura di cadere
intento solo a volteggiare
come un eterno migratore…
Alla fine del romanzo, dunque, Thérèse potrebbe effettivamente aver trovato il proprio posto nel mondo, il proprio modo di vivere l’originalità, guidata dalle delusioni e dalle disillusioni che il matrimonio ha portato con sé. Tuttavia, forse, il vero tesoro che la ragazza ha trovato è l’essere venuta a patti col fatto che quel posto non lo troverà mai, e che dovrà limitarsi a convivere con il suo non appartenere a nessuno e a nessun posto. La sua vita, probabilmente, continuerà come sempre, farà sempre le stesse cose con le stesse persone. Sarà lei stessa ad essere cambiata: diverrà più forte, più saggia e più sicura, e farà questo senza l’aiuto di alcun matrimonio.
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