domenica 24 Novembre 2024

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C’è sempre una canzone (d’amore): Pesto

Raccontiamo l’amore con una canzone

Ho capito che siamo ad agosto quando ho iniziato a vedere la città svuotarsi, il leone come il segno del mese e le storie Instagram di gente al mare con tanto di primi piani al fritto misto di pesce o foto sott’acqua. Le mie ferie sono ancora lontane, le vedo all’orizzonte ma più corro e più sembrano allontanarsi. Così vi scrivo questo pezzo con vista sui palazzi di Pavia, un pinguino che ho chiamato Skipper che ogni tanto emette qualche rumore strano e una palma che crede di essere ai Caraibi ma in realtà è in un bilocale al quarto piano nel bel mezzo della pianura Padana.

L’estate era la mia stagione preferita, fino a quando non ho iniziato a lavorare. Estate significava amici, libertà, sere a guardare le stelle, pomeriggi infiniti al fiume, sagre di paese. Poi c’erano i compiti delle vacanze ma quelli, puntualmente si facevano a fine agosto, quando pioveva e in casa non sapevamo cosa fare. Ora la mia opinione sull’estate è leggermente variata. Se non fosse perché nel bel mezzo di questo mese cade il compleanno, gli elementi positivi diminuirebbero a due: le ferie e le sagre.

Poche righe per farvi immergere nel mood della canzone di oggi, un pezzo del 2018 di un artista che ha popolato la rubrica con diversi pezzi, sia scritti per altri che interpretati da lui. Oggi vi parlo di “Pesto” del nostro amico Edoardo D’Erme, per tutti Calcutta.

Credo che nel mio personalissimo elenco di “video imbarazzanti di canzoni urlate a squarciagola durante i concerti”, questa vinca a mani basse la medaglia d’oro. Sarà per l’urlo liberatorio del ritornello, per le parole semplici ma dirette e taglienti come un coltello o forse perché, semplicemente, si fa presto a ritrovarsi dentro quel racconto. Dentro alla confusione che genera caos ma che fa spazio a qualcosa di chiaro, dentro ad un amore sfumato per il quale non si sa nemmeno se vale la pena lottare ancora.

Esco o non esco
Fuori è caldo ma è normale ad agosto
Non ci penso ma poi sudo lo stesso
Un’ombra sul soffitto
Mi hai lasciato nei sospiri nel letto
Un filo di voce
Un filo di ferro dentro l’orecchio

Prendiamo una sera d’estate qualsiasi, quelle con il caldo che entra dalle finestre come se qualcuno si stesse asciugando i capelli con il phon, prendiamo la solitudine e un letto mezzo vuoto, prendiamo il ricordo di una persona speciale. Una persona che lascia ombre sul soffitto e sospiri nel letto, lascia una traccia così sottile e delicata ma così forte. Lascia un filo di voce che all’inizio sembra non darci fastidio ma poi entra come un filo di ferro appuntito dentro alle nostre orecchie e non se ne va più via. Ma fa niente, non abbiamo neanche più il coraggio di lottare e nemmeno di soffrire.

Ue deficiente
Negli occhi ho una botte che perde
E non sai perché
Perché mi sono innamorato
Mi ero addormentato di te
E adesso che mi lasci solo
Con le cose fuori al posto loro

Sarà il caldo o la voglia di non essere più presi in giro, ma quanto è bello sostituire un “guarda che ti amo” con un “ue deficiente”? Per me in quelle parole c’è tutto. Come quando dobbiamo far aprire gli occhi a una persona e quella sembra capire tutt’altro. Mandiamo segnali di fumo, piccioni viaggiatori, il signor Instagram che ci applaude per il like alla sua foto di terza media. Quante cose sarebbero risolte se bastasse un “ue deficiente” per dire a quella persona che l’amiamo.

Forse una dichiarazione di guerra fa molto prima ad uscire rispetto ad una dichiarazione d’amore, è per quello che ci rifugiamo in quelle parole per coprire le lacrime che stiamo versando. Per vomitare tutto quello che non abbiamo mai detto ed ora è tutto nei nostri occhi e nel nostro sistema nervoso.

Esco o non esco
Fuori è notte, mangio il buio col pesto
Non mi piace ma lo ingoio lo stesso
Dai, non fa niente
Mi richiamerai da un call center
E io ti dirò
Lo sai che io ti dirò…
 

Come possiamo fare per scappare dal ricordo di chi amiamo? Uscire e fingere di non pensarci più oppure chiuderci in casa con l’aria condizionata a guardare film romantici mentre apriamo il frigo e troviamo solo un barattolo di pesto lasciato a metà? Non lo so, non esiste formula magica che faccia scomparire qualcuno dal nostro cuore. Siamo convinti di non avere più nulla da offrire e quindi di non avere neanche più il coraggio di chiedergli di restare perché no, un’altra porta in faccia non riusciremmo a sopportarla.

Io non ho un salvagente
Ti lascio andar via
Ma se la corrente
Ti riporta qui
Lo sai che io ti dirò

Abbiamo esaurito il numero di salvagenti per portare a riva gli amori ormai naufragati, non ci resta che aspettare e sperare che il caso, così come la corrente, ci faccia rincontrare. A questo giro abbiamo rinunciato a tutto, ma se un’onda o il destino dovessero portare verso di noi chi abbiamo amato e non ha ricambiato, allora potremo tornare ad urlare “ue deficiente” perdendo anche quell’ultimo briciolo di dignità.

Grazie Edoardo perché nelle roventi sere d’estate siamo un po’ meno soli e perché sotto sotto ci hai insegnato che possiamo anche evitare di bloccare tutti i numeri dei call center. Metti che cambia idea e decide davvero di chiamarci per dichiarare il suo amore eterno, come la mettiamo? Poi penso a tutte le volte in cui ho cantato questa canzone urlandola in faccia al diretto interessato e a tutte quelle volte in cui lui non ha capito, a tutte le botti che perdono, ai vasetti di pesto finiti accanto a quelli della marmellata sulla mensola accanto alla porta e a tutti i salvagenti che ho lanciato in mare. Penso a quanto è difficile capire e farsi capire. E a quanto sia facile innamorarsi di chi canta questa canzone insieme a te.

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